«Cara Santa Lucia...»
con la voce di Boni in tv

Reading-concerto. Sabato 12 alle 21 su Bergamo Tv il popolare attore interpreterà racconti inediti. «È bello tornare ai ricordi dell’infanzia».

Alessio Boni sarà l’interprete che darà voce alla nona edizione del reading-concerto «Cara Santa Lucia…», in onda sabato 12 dicembre, alle ore 21, dagli studi televisivi di Bergamo Tv. Il popolare attore bergamasco non ha mai dimenticato il legame con la Santa più amata, protagonista anche della sua infanzia, e con i suoi interventi darà espressione alle prose inedite scritte appositamente per l’occasione da autori pluripremiati quali Marco Balzano, Giorgio Fontana, Marco Missiroli e Laura Pariani.

Com’è nata la sua partecipazione a «Cara Santa Lucia…»?
«Mi era già stato chiesto di partecipare, ma non sono mai riuscito perché il mese di dicembre è il periodo più caldo per il teatro e di solito sono in tournée. Sono felice di esserci quest’anno e di interpretare questi scritti di grandissima qualità. Viviamo sempre fagocitati nel mondo fra impegni e responsabilità, è bello tornare ai ricordi dell’infanzia».

Qual è il suo ricordo personale legato alla figura di Santa Lucia?
«Quello dell’attesa, molto più sentita di quella del 24 dicembre. Non ho mai scritto letterine a Babbo Natale, solo a Santa Lucia. Il 12 dicembre si aspettava la Santa e il 13 era un giorno meraviglioso, ancora di più perché non coincideva con le vacanze: aprivi i regali e andavi subito a scuola, magari portandotene dietro qualcuno».

Ora come vive il rapporto con le feste?
«È cambiato tantissimo. Sono andato via da Bergamo a 19 anni e da allora non ho più vissuto Santa Lucia. Il Natale lo hanno “costruito” gli altri, sono anni che non faccio i regali e non ne voglio. Al mio fan club, quando mi domandano cosa vorrei di regalo, chiedo sempre di fare beneficenza; così mi mandano una letterina con il voucher di quello che hanno donato e io sono felice. Trovo che lo shopping sia una corsa alla follia, è troppo stupido pagare di più per qualcosa che non ci serve e sarà scontato a gennaio. Ma ora che ho un figlio sarà diverso, il Natale è per i bambini».

Il piccolo Lorenzo festeggerà Santa Lucia?
«Vivendo a Milano non credo, è il luogo che crea la festa. I milanesi non conoscono Santa Lucia, nemmeno la mia compagna. So che si festeggia a Bergamo e in altre parti d’Italia, come in Sicilia. Una devozione molto sentita, ma solo in alcune zone».

Com’è stato diventare padre durante il lockdown?
«Diventare padre è stato una gioia fantastica, come centomila Cappelle Sistine che si spalancano tutte insieme. Era domenica 22 marzo quando andammo alla Mangiagalli per il parto, in strada era il deserto. Ho vissuto la contraddizione fortissima tra la gioia di stare con mio figlio e le notizie nefaste che arrivavano da ogni dove. Al telefono i miei parenti - a Sarnico, Bergamo, Villongo - mi raccontavano storie allucinanti, non c’erano più nemmeno le bare per seppellire le persone. Ho perso una zia di 66 anni per il Covid. I blindati con i morti di Bergamo sono un’immagine fortissima che rimarrà nella memoria di tutti. Mi sono sentito in colpa a gioire con mio figlio perché sentivo la morte fuori dalle finestre. Aumentavano i contagi, non si sapeva quando sarebbe finita, ma io avevo il privilegio di stare 24 ore su 24 con la mia creatura. Quindi il lockdown in sé non mi è pesato, ero felicissimo di stare chiuso in casa, specialmente perché in circostanze normali sarei stato via per lavoro e mi sarei perso molto dei primi mesi di mio figlio».

Cosa è cambiato adesso?
«C’è meno la percezione del rischio e, durante la pausa estiva, sono fra i fortunati che è riuscito a lavorare. Ma non bisogna abbassare la guardia: tanti miei amici hanno preso il Covid, tre o quattro sono anche stati ricoverati».

La pandemia l’ha fatta riflettere anche sul suo lavoro di attore. Mai come durante l’emergenza Covid si è visto il divario di diritti fra i lavoratori tutelati e quelli non tutelati. È diventato un po’ sindacalista?
«Durante la pausa forzata è stato spontaneo pensare al “noi”. Mentre sei sulla ruota del criceto, preso da mille impegni, non ci pensi. Ma il Covid mi ha fatto riflettere sulle disuguaglianze: ho amici e colleghi che non arrivano alla fine del mese, chi ha venduto la chitarra per pagare l’affitto. Mi sono avvicinato all’Unione Nazionale Interpreti Teatro e Audiovisivo (Unita), per dialogare con il ministro Franceschini, creare un registro di noi attori, capire come tutelarci e avere una pensione. Lo scorso ottobre è morta Maria Grazia Bon, bravissima attrice, era la portinaia ne “La meglio gioventù”, e noi amici abbiamo dovuto fare una colletta per pagarle il funerale. Non deve mai più succedere».

Non ci sono i bonus, i ristori?
«Funziona tutto malissimo. Hanno dato il sussidio di 600 euro a chiunque nel 2019 avesse lavorato almeno sette giorni come attore. È ridicolo: hanno preso soldi dentisti con l’hobby della recitazione e non una mia amica attrice che nel 2019 non ha lavorato perché in maternità. In compenso l’Enpals prevede che – per avere una pensione – uno debba lavorare 120 giorni l’anno per vent’anni come attore. Ma nessun attore lavora 120 giorni l’anno, considerato che le prove non sono contemplate. Forse giusto Toni Servillo. È arrivato il momento di dipanare questo garbuglio anarchico e paludato. Si pensa all’attore come genio e sregolatezza, mentre dobbiamo semplicemente essere riconosciuti, come accade negli altri Paesi. Per non parlare dei 600 mila lavoratori dello spettacolo con contratto a intermittenza, che sono a casa senza niente da febbraio».

Quando la rivedremo sul piccolo schermo?
«Tre settimane fa ho finito di girare il seguito de “La compagnia del Cigno”. La seconda serie sarà in televisione il prossimo marzo, con un taglio più thriller e un nuovo personaggio. Poi ho terminato da poco le riprese per Netflix di un film su Yara, diretto da Marco Tullio Giordana. Io interpreto un colonnello dei Carabinieri, mentre la protagonista è Isabella Ragonese, nei panni della Pm Letizia Ruggeri. È un film sull’indagine, senza sensazionalismo. Un caso che ha colpito al cuore tutti, in particolare noi bergamaschi».

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