( foto colleoni)
LE ORIGINI DEL PENSIERO. Al Convegno promosso da Fondazione From e Asst Papa Giovanni XXIII sulla coscienza e il libero arbitrio, un dialogo con il fisico e inventore Federico Faggin. «Il nostro sistema educativo non ha capito quello che sta succedendo. Rischiamo di avere generazioni incapaci di resistere alle incursioni dell’Intelligenza Artificiale».
C’è la coscienza in senso medico e neurofisiologico. Un «qualcosa» che dovrebbe avere sede nel cervello, e in particolare nella corteccia cerebrale posteriore, come ha spiegato Giuseppe Remuzzi dell’Istituto Mario Negri. Ma la coscienza è un concetto molto più ampio, l’investigazione sulla sua natura merita di essere estesa, secondo Francesco Biroli, responsabile delle Neuroscienze della fondazione From, «alla riflessione umanistica e filosofica». Come spiegare le percezioni soggettive, le emozioni, l’identità personale? E come affrontare le implicazioni cliniche? Si è tentato di rispondere a queste domande il 12 dicembre all’auditorium«Parenzan», al convegno «La Coscienza. Aspetti neurologici, filosofici, etici e le sfide con l’intelligenza artificiale» organizzato dai padroni di casa dell’Asst Papa Giovanni XXIII e dalla fondazione From.
I responsabili scientifici Paolo Gritti e Davide Corbella, dell’Anestesia e rianimazione Neurochirurgica dell’ospedale, sono partiti da un assunto scientifico, aperto però a dubbi: quello della coscienza, per loro, è un tema «per certi aspetti misterioso. Soprattutto per chi lavora in neurorianimazione, e si trova di fronte ai cosiddetti “stati di non coscienza” dovuti a danni neurologici gravi o all’induzione di anestesia». Si è chiesto poi Birolli: «Su quali pazienti, che pure hanno una compromissione importante della coscienza, vale la pena “investire” di più? E su quali, invece, occorrerebbe “accontentarsi”? Quanto è sensato accanirsi?».
Su un piano filosofico e spirituale si è invece mosso l’ospite di eccezione della giornata: Federico Faggin. Intervistato dal direttore de L’Eco di Bergamo, Alberto Ceresoli, ha toccato anche la religione, la politica e l’Intelligenza Artificiale. «Bisogna rovesciare il paradigma», è la ricetta di base del grande fisico vicentino, inventore del microchip e del touchscreen, «perché si pensa che la coscienza venga “dopo” il cervello, invece viene prima. L’amore per qualcuno, o il sapore del cibo, non sono segnali elettrici o biochimici. Sono solo un correlato fisico dell’esperienza. La vita non è solo una cellula vivente, è l’universo che la esprime, da cui la cellula emerge. E se la cellula vivente è cosciente, la coscienza deve far parte dell’universo». Da qui si sviluppa il suo pensiero, che ebbe una svolta e un avvio in quella famosa notte del 1990, già raccontata tante volte e qui rivissuta: «Dal petto mi uscì un’energia pazzesca. Era una luce bianca, scintillante. Un’energia mai provata prima. Un amore incondizionato. C’era la mia coscienza in quell’energia, osservavo me stesso. Ero dentro e fuori dal mio corpo. È folle. Io ero ciò che esperivo. La coscienza è ciò che ci permette di conoscere».
Il computer, invece, «sa solo quello che noi gli mettiamo dentro». L’Intelligenza Artificiale va presa con le pinze: «Ci renderà incredibilmente più produttivi. Noi le diamo in pasto tutte le informazioni che il nostro cervello non riesce a tenere in memoria. Ma sta a noi interpretare i risultati. Se accettiamo ciò che ci dice la IA, si corre il rischio di commettere grandi errori. Bisogna darsi da fare, non fare gli scansafatiche. Il problema che abbiamo oggi è che i ragazzi prendono per buono ciò che leggono sul telefonino, non sono abituati ad usare senso critico, hanno un’attenzione “corta”. Il nostro sistema educativo non ha capito quello che sta succedendo. Chi ci propina questi strumenti ci sguazza. Rischiamo di avere generazioni incapaci di resistere alle incursioni dell’Intelligenza Artificiale, che ci è presentata da chi vuol vendere prodotti e fare soldi. È un rischio altissimo».
Non esiste che si dica «che la IA ne sa più di noi. È fatta di simboli creati da noi esseri coscienti, simboli senza significato. Un libro contiene simboli, cioè la scrittura, ma non è cosciente». Credere all’intelligenza artificiale acriticamente significa prestarsi alle possibili manipolazioni di chi immette le informazioni poi elaborate dall’algoritmo. Faggin insiste: «Dobbiamo stare attenti a chi ci dice che siamo macchine e che la coscienza è una proprietà delle macchine. Questo è scientismo, la nuova “religione”». Eccoci appunto alla religione. Continua Faggin: «La coscienza e il libero arbitrio sono proprietà fondamentali dei campi quantistici, che provengono da un campo unificato che è Uno, la totalità di ciò che esiste. Questi campi sono coscienti, vogliono conoscere se stessi, perché Uno vuole conoscere se stesso e noi siamo parti di Uno». Cos’è Uno? «Uno è dio, ma un dio di cui conosciamo ben poco. Io parto da un postulato: Uno è dinamico, olistico e vuole conoscere se stesso. Non è onnisciente come il dio delle religioni. Certo, anche le religioni partono dalla considerazione che noi siamo più del nostro corpo. Però si sviluppano in strutture di potere, non si parlano. La spiritualità invece è una, come una è la fisica. Che è più religiosa delle religioni». Faggin, invece, tace sulla politica: «Ho una mia idea. Ma non è politically correct». Elon Musk dice che faranno tutto le macchine? «Non dice cosa fare di chi non servirà più. Il suo unico problema è sostituirci con qualcosa d’altro. E i politici, succubi, stanno a guardare».
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