Lo spirito del Pianeta a Valbrembo, «in progress» dal 2 luglio al 12 settembre

Il festival si sposta allo spazio «Volo a Vela» di Valbrembo. Avrà un programma «in progress», con un cartellone che si preciserà di settimana in settimana. Ospiti Aztechi, Indiani d’America e gruppi del Perù.

Il festival dei popoli indigeni e tribali torna in presenza, nel rispetto di tutte le regole di sicurezza imposte dalla situazione. «Lo spirito del Pianeta» dopo l’edizione di bandiera dello scorso anno, in streaming, trova una nuova location presso lo spazio «Volo a vela» di Valbrembo. Avrà un programma «in progress», dal 2 luglio al 12 settembre, con un cartellone che si preciserà di settimana in settimana. Lo spirito è il solito: mettere al centro le problematiche delle culture minoritarie, scoprirne il fascino e il senso attraverso testimonianze dirette ed esibizioni. Il festival ha una natura squisitamente etnica. Da tempo chiama dalle nostre parti testimoni e formazioni folkloriche che animano le serate. Stavolta il progetto deve tenere in conto le difficoltà organizzative che ci sono in un momento di ripartenza che non è lo stesso in tutte le parti del mondo. «Ci stiamo confrontando con problematiche complesse», spiega l’ideatore della manifestazione Ivano Carcano.

«Nei mesi scorsi ho pensato ad un luogo che potesse essere ideale a risolvere tutte le questioni che si accompagnano al festival: un ampio spazio, adeguati parcheggi, una discreta viabilità per raggiungere il luogo. Considerando anche la naturale compatibilità con il momento e i gruppi da portare al festival, in sicurezza per loro e noi. Uno dei grandi problemi è giusto quello di come fare arrivare i gruppi in Italia, alla luce delle restrizioni varie che ogni giorno cambiano. L’altra questione importante è quella legata all’allestimento di un’area di 50mila metri quadrati da mettere in sicurezza, con tutte le infrastrutture necessarie, allacciamenti e quant’altro. Dalle fogne all’elettricità, all’acqua, si va incontro a una tale burocrazia che è quasi più semplice portare qui gente dal cuore della foresta amazzonica. D’altra parte non si poteva operare senza un luogo che avesse questi requisiti. Gli spazi sono grandi e questo assicura una situazione di agio dal punto di vista della sicurezza. Posso tenere un tavolo a dieci metri dall’altro, all’aperto, senza perdere i requisiti classici de “Lo spirito del Pianeta”: ristoranti da tutto il mondo, espositori, artigiani. Arriveranno gruppi Aztechi, gli Indiani d’America, Uomo medicina dell’Amazzonia, gruppi del Perù e dell’India».

Il programma si andrà precisando man mano?

«Per forza di cose. È impossibile dare il programma dettagliato su dieci settimane. Il cartellone si svilupperà progressivamente, anche in relazione all’andamento della pandemia nel resto del mondo. Se in Brasile cambia la situazione possiamo portare un gruppo originario di quel paese, altrimenti no. Comunicheremo di settimana in settimana quel che saranno la particolarità del programma».

In un momento di difficoltà lei rilancia e dilata «Lo spirito del Pianeta» su un tempo assai più lungo. Perché?

«Sono due i motivi: uno economico e l’altro ideale. Le infrastrutture hanno costi impressionanti, praticamente triplicati. A fronte di questo sentiamo la necessità in un momento come questo di riportare con più forza l’attenzione su questo mondo, sulla natura di questa terra, sulla disgregazione che il sistema sociale sta vivendo ad ogni latitudine. Qui assistiamo alla realtà di ragazzi che si mettono d’accordo per incontrarsi in una piazza a picchiarsi per sfogare le frustrazioni. Con gli anziani che pensano di essere un peso per la società, perché non servono a nulla. Sono cose che in una comunità indigena non vengono neanche in mente. Il senso di comunità lì resta forte. È impensabile che un anziano non serva a niente. I giovani sono i guerrieri che difendono il villaggio. E allora io penso a “Lo spirito del Pianeta” come ad uno specchio necessario per questo tempo e questa nostra società. Dobbiamo recuperare dei valori imprescindibili. Giovani e anziani, le due entità maggiormente penalizzate dalla pandemia, devono tornare a dialogare come capita nelle testimonianze dei popoli indigeni. A noi farebbe bene recuperare certi valori che loro serbano. Dobbiamo tutti riconnetterci a un sistema valoriale che resta l’unica difesa dalla disgregazione sociale».

Quest’anno darete maggior voce alle realtà locali, ad artisti, cori, artigiani delle nostre parti. Il legame c’è sempre stato, stavolta la sottolineatura è più netta.

«Anche questa nostra realtà è stata fortemente penalizzata dalla situazione di quest’anno e mezzo. Tutto il settore musicale e culturale si è trovato in difficoltà e non ha avuto le attenzioni che meritava. In questi ultimi mesi mi sono sentito con tanta gente che ha misurato le difficoltà e ha fatto fatica a legare il pranzo con la cena. Qualcosa d’impensabile in un mondo che si vuol considerare civile. Allora ho invitato tante realtà per farle lavorare per due mesi e mezzo, per riaffermare l’importanza che hanno. Sono realtà indigene locali che portano avanti la nostra cultura, la nostra tradizione. Non tentiamo di preservare quelle dei popoli lontani, ma guardiamo anche a casa».

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