Mainardi, chef social: «La mia cucina? Burro e tanto cuore»

L’INTERVISTA. Il cuoco bergamasco si racconta: da studente all’Alberghiero di San Pellegrino a Berton e Clerici in tv. Le sue ricette «generose» virali sul web e un nuovo libro.

Bresciano d’adozione, ma bergamasco di nascita. «Ci tengo, anche se ormai frequento poco Bergamo». Chef, food creator, presto di nuovo ristoratore e tanto altro. Andrea Mainardi, classe 1983, non si ferma: spopola sui social (595mila follower su Ig e milioni di visualizzazioni) a colpi di ricette «generose», è in tv (con Antonella Clerici a «È sempre mezzogiorno») e in libreria con un nuovo libro («Quanto burro?», edito da Mondadori).

Partiamo dalle origini: istituto Alberghiero di San Pellegrino Terme.

«Ho passato all’Alberghiero cinque anni della mia vita, andavo avanti e indietro in pullman da Bergamo. Una scuola pazzesca, alcuni miei professori sono ancora lì. Ogni tanto ci torno ed è sempre una festa. È tornata la pecora nera (ride). Mi è anche capitato di chiedere se c’erano ragazzi che volevano fare la stagione o lavorare con me al termine del percorso di studi».

Un ricordo?

«Quando ho indossato la divisa per la prima volta, che per me è un po’ come il costume di Batman. Ricordo la prima lezione con il professor Mercurio sui tagli delle patate, indossavo un cappello in tessuto che mia mamma aveva lasciato tre ore nell’ammorbidente. Sembravo più un pittore che un cuoco (altra risata)».

«Le prime regole imparate: il rispetto delle persone e degli orari, la presenza scenica , la divisa perfettamente stirata, i capelli in ordine, tutto doveva essere impeccabile, e poi in cucina il rispetto della materia prima»

E poi?

«I professori in estate portavano alcuni studenti a fare le stagioni. Andai in Costa Smeralda con il professor Claudio Parimbelli, professore di sala. Avevo 15 anni, ero magrolino e biondo e mi chiamavano “Pio Pio”. Lo chef era Fabio Sessini, è stato il mio primo chef, difficile da dimenticare».

Le prime regole imparate?

«Il rispetto delle persone e degli orari, la presenza scenica , la divisa perfettamente stirata, i capelli in ordine, tutto doveva essere impeccabile, e poi in cucina il rispetto della materia prima».

Gli studenti che incontra nelle sue visite a scuola la conoscono soprattutto grazie ai social, dove è seguitissimo. Cosa le chiedono?

«È come per un ragazzino che gioca a calcio incontrare il proprio idolo. Non sono certo il loro idolo, però confrontarsi con qualcuno che ce la sta facendo credo sia stimolante. Sono uno di loro».

«Il nuovo libro parla del pranzo della domenica con i parenti e gli amici, delle grandi occasioni e quindi delle pietanze ricche e delle porzioni generose. La polenta taragna, le lasagne, l’arrosto, il polpettone. Piatti straordinari, piatti del cuore come il risotto ai funghi porcini con una tonnellata di taleggio che cucinava mia nonna»

Quali sono stati i suoi maestri?

«Dopo il diploma, iniziai uno stage a L’Albereta di Gualtiero Marchesi a Erbusco, sotto la guida dello chef Andrea Berton. Un’esperienza incredibile, precisione, rigore assoluto. Mi fermai tre anni e mezzo. Per me è stato fondamentale, lo menziono sempre, insieme al Maestro, perché mi ha cambiato la vita sia a livello professionale che umano».

«Quanto burro? Ottanta ricette da condividere con tutti (ma non con la nutrizionista)». Il suo libro è un invito «allo sgarro, ma con gioia».

«Se conteggio le calorie delle mie ricette forse non mangio più (scherza), ma questa è una provocazione…».

Ci spieghi.

«Questo è il libro del pranzo della domenica con i parenti e gli amici, delle grandi occasioni e quindi delle pietanze ricche e delle porzioni generose. La polenta taragna, le lasagne, l’arrosto, il polpettone. Piatti straordinari, piatti del cuore come il risotto ai funghi porcini con una tonnellata di taleggio che cucinava mia nonna».

Ma Qb, quanto burro?

«Qb è anche quanta basta. La mia filosofia, un mix perfetto di abbondanza, gusto e piacere».

Eppure anche lei da qualche mese è a dieta e va in palestra. La sua nutrizionista (che i suoi follower conoscono molto bene) cosa le concede?

«Una ricetta del mio libro può essere il famoso pasto libero della nutrizionista. Ora che mi alleno con regolarità, una volta ogni 15 giorni è perfetto».

Nella sua cucina (social) ha messo ai fornelli anche mamma Elisabetta. Chi vince la sfida? Intanto in coppia fate il pieno di like.

«Ci sono le aziende con le quali collaboro che mi hanno chiesto video con lei, e non solo per la festa della mamma. Stare insieme ai fornelli è anche un’occasione bellissima per vederci».

Un piatto dell’infanzia?

«Da sempre mia mamma prepara l’arrosto variegato di tacchino che aveva visto su una rivista di cucina. In copertina c’era Gualtiero Marchesi per le tre stelle Michelin. Mamma, le dissi, un giorno io lavorerò per lui…se non è un segno del destino».

Ghiaccio, acqua fredda, caffè solubile e zucchero: sono gli ingredienti del suo spumone al caffè che ha fatto 9,6 milioni di visualizzazioni solo su Instagram. La sua ricetta più vista?

«La semplicità paga. Le ricette quasi mono ingrediente hanno sempre un grande successo, penso alla crosta di formaggio al micronde o alle castagne con vino rosso nella friggitrice d’aria. Ricette veloci, alla portata di tutti».

I più critici diranno che sono ricette «acchiappalike».

«In realtà alterno ricette semplici ad altre molto più complesse, che richiedono anche cinque, sei ore per registrare un video».

Dove prende l’ispirazione?

«Quando faccio la spesa».

Le ricette «comfort food», l’estro, l’empatia: stessa formula anche in tv. E se le dico Antonella Clerici.

«Straordinaria, una grande professionista e una grande amica. A lei va la mia riconoscenza perché nel 2010 mi ha voluto alla Prova del cuoco e da lì è iniziata la mia carriera televisiva».

Presto a Ospitaletto aprirà il nuovo ristorante con un solo tavolo.

«Un’unica prenotazione, da due a 30 persone, il mio format. Proporrò la mia cucina, quella che negli anni mi ha dato molta soddisfazione, una cucina gourmet, con la cura del fine dining. Ma non voglio svelare troppo».

Ultima domanda: una ricetta del suo libro per i bergamaschi. La polenta filante ai 4 formaggi con costine, luganega e un fiume di intingolo non sarebbe male. Ma la parola allo chef.

«È la ricetta giusta per i miei amici bergamaschi. Un piatto clamoroso, un buon bicchiere di vino e la famiglia attorno al tavolo. Cosa desiderare di più?».

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