Mistero, la mummia dell’Archeologico derubata dei gioielli

Sottoposti a Tac i resti di Akhetkhonsu. «Potrebbe essere stata mossa per rubare preziosi o amuleti di età antica». In autunno il via al restauro.

Quando nel gennaio 2005 si volle sottoporre a una tecnica di indagine radiologica la mummia di Tutankhamon, la Tac rimase bloccata per più di due ore. Una conferma della «maledizione» del celebre faraone vissuto più di 3.000 anni fa (1347-1339 a. C.). È andata meglio per la mummia di Akhetkhonsu - sacerdote di Amom, vissuto a Tebe, fra il X e il IX secolo a. C. - che, lasciata la sede del museo archeologico di Città Alta, lunedì pomeriggio (21 giugno) è stata affidata alle cure e alla Tac del team di Radiologia del Policlinico di Milano diretto da Gianpaolo Carrafiello e da quello del Mummy Project diretto da Sabina Malgora, alla presenza anche della direttrice dell’Archeologico di Bergamo, Stefania Casini.

La Tac - al momento - non ha svelato qualche particolare mistero, anzi forse ne ha aggiunto un altro. Ad iniziare dal fatto che non sono state rilevate parti molli e tessuti, ma in larghissima parte solo ossa. «Abbiamo notato uno slittamento dei femori verso l’alto - dice Casini -, ciò significa che la mummia evidentemente è stata mossa o spostata». Infatti nella relazione di Mummy Project «si ipotizza che la mummia sia stata “disturbata” per rubare gioielli e amuleti in età antica». Dunque la mummia sarebbe stata saccheggiata e il sarcofago potrebbe essere una sepoltura secondaria, ovvero diversa da quella originaria, non trovandosi in posizione fisiologica. «Le prime osservazioni - si legge ancora nella relazione - sembrano suggerire che si tratti di un uomo, come riferisce il nome Akhetkhonsu, il cui significato è “è vivo il dio Khonsu”, scritto più volte sul sarcofago che risale alla 22° Dinastia (900 - 800 a. C.) con cui la mummia è arrivata a Bergamo nel 1885. Sicuramente appartiene al ceto elevato della società, poiché la mummificazione era un processo costoso e non accessibile a tutti. L’analisi della Tac permetterà di stendere un profilo completo dell’individuo, la sua età, la sua statura, ed eventuali lesioni subite».

Ma è davvero il sacerdote come scritto sul sarcofago? «Questo sarà stabilito con le analisi chimiche e fisiche che si andranno ad effettuare unitamente ad approfondite analisi antropologiche. Abbiamo fatto il primo passo del progetto “Una mummia da salvare” – spiega Sabina Malgora, direttrice del Mummy Project - che prevede uno studio accurato per raccontare la vita e la morte dell’individuo mummificato ed il restauro in vista dell’esposizione». La mummia è stata sottoposta anche ad analisi chimiche e fisiche, per ricostruirne la storia e l’identità attraverso il recupero di dati che potrebbero incrementare le conoscenze sia sulla vita e la morte dell’individuo, sia sulle tecniche di mummificazione che sulle malattie antiche (paleopatologia), molto utili alla moderna ricerca medica.

Inoltre è prevista la ricostruzione forense del volto, che restituirà alla mummia le sue sembianze permettendo a tutti, studiosi e appassionati, di vederne la fisionomia. Dopo le analisi, in autunno sarà effettuato il restauro, per garantire alla mummia la sua eternità e per poterla esporre nel nuovo Museo Archeologico di Bergamo.

Il progetto è sostenuto dalla Fondazione Comunità Bergamasca, da GP Batteries International e Bps srl, Consulenza e Servizi per l’Ambiente, Agenzia Funebre Regazzi di Calusco D’Adda (BG) che ha curato il trasporto, Rotary Club di Bergamo che sosterrà il restauro. Info: www.mummyproject.it.

© RIPRODUZIONE RISERVATA