
(Foto di Rossetti)
L’INTERVISTA. Pier Carlo Orizio: da questo Paese un repertorio immenso, è un’occasione per coglierne lo spirito, la fantasia e il mistero.
Per la prima volta è Spagna. E le sue noches. Il 62o Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo (dal 28 aprile al 26 giugno) non lascia margine sull’area che esplorerà. Protagonista per la prima volta di un’edizione del Festival, il Paese latino per eccellenza ha da sempre esercitato un fascino quasi esotico tra i compositori europei: la 62ª edizione sarà infatti la prima parte di un percorso triennale che percorrerà il continente europeo. Un tema che sorprende e, forse, suscita anche qualche interrogativo. Ne parliamo con Pier Carlo Orizio, direttore artistico.
«Non avevamo mai dedicato un’edizione del Festival alla Spagna, o anche solo un titolo che includesse la penisola iberica. La Spagna in effetti non ha un repertorio pianistico immenso. Non è sufficiente - ne parlavamo con Piero Rattalino (storico consulente, scomparso nell’aprile 2023, ndr) - per proporlo come tematica. Faccio due considerazioni. Con questa edizione non si tocca solo la Spagna, ma tutto quello che la nazione ha influenzato. Si pensi ai rapporti con la Francia: Debussy e Ravel hanno scritto musica spagnola, e così musicisti di ispirazione francese, come Rimsky-Korsakov e la sua Rapsodia Spagnola, ad esempio, che sarà nel concerto inaugurale. Poi c’è l’episodio di Chopin a Maiorca, che non è irrilevante. I Preludi op.28 sono nati a Palma di Maiorca. In un secondo tempo George Sand racconta dell’inverno-incubo di Chopin a Maiorca, tra visioni spettrali: compone i Preludi e altra musica in un clima prima favorevole, poi divenuto il peggior inverno (il tempo peggiorò dopo poco, con piogge incessanti e la malattia del maestro polacco si aggravò). Come fotogrammi, i Preludi di Chopin eseguiti da Jean Lisiecki derivano da qui, con una seconda parte molto libera dedicata al genere “preludio”. Anche Yulianna Avdeeva dedica una parte del recital a pagine di Chopin scritte a Palma. Altre pagine di Chopin hanno avuto a che fare con la Spagna, parlano del pianoforte spagnolo».
«Il primo compositore coinvolto è Domenico Scarlatti. Quasi l’intero corpus delle sue Sonate fu scritto tra Portogallo e Spagna. Gli spagnoli lo considerano un compositore loro. Molti stilemi scarlattiani vengono dalla tradizione popolare spagnola. La Spagna in musica parte da Scarlatti e arriva ai tre principali: Granados, Albeniz e De Falla. Ma questo Paese offre a un compositore una dimensione molto ampia, come ci dicono Ravel e poi Claude Debussy, con la sua Serenata interrotta, che all’inizio reca la dicitura “quasi chitarra”. La musica di Ravel, che era di madre basca, è piena di citazioni spagnole, i suoi brani più famosi, sono Bolero e Rapsodia spagnola. Questo è un festival latino in cui la Spagna fa la parte del leone. Ci permette di inserire nel programma vari brani che per ragioni incomprensibili sono usciti dal repertorio».
«Notte di giardini di Spagna - il capolavoro che dà il titolo alla 62a edizione - non è mai stato eseguito dal festival. L’annosa questione se abbia ancora un senso un festival a tema trova proprio qui una risposta. Tra i tanti brani costringe i pianisti a suonare e a mettere in repertorio brani che diversamente non faresti, ma che meritano. L’anno prossimo faremo brani di Rachmaninov. Qui vale un po’ come per l’opera: è possibile che vi siano quasi soltanto Traviata, poi Tosca, Rigoletto e poi poco altro?».
«Ci costringe un po’ fuori dagli schemi. Ti obbliga a esplorare un repertorio che non è quello consueto. Non stiamo dicendo di “chicche” ma di reali capolavori, non è la ricerca della trovata originale. Così capitano vari capolavori. Ad esempio il Concerto di Ravel per la mano sinistra, che non si fa, se non raramente. C’è la difficoltà stratosferica per il pianista, ma non di meno ha un’orchestra enorme: più di 80 elementi, tra fiati e percussioni, dal tamburo basco al clarinetto piccolo, clarinetto basso, controfagotto, quattro corni, arpa, contrabbassi divisi, tuba... è uno dei Concerti per pianoforte e orchestra più ampi in assoluto. Il Concerto in sol di Ravel, come organico, è poco più della metà, 45-50 elementi. È uno dei concerti più complicati, e dura 18 minuti, meno della metà del Primo di Brahms».
«Un festival come il nostro, che non fa dell’originalità la bandiera, alla fine offre molta più musica fuori repertorio. Abbiamo in prima nazionale Nazareno per due pianoforti e orchestra di Osvaldo Golijov (classe 1960), un compositore argentino molto noto che ha scritto una Passione secondo Marco di grandissimo successo, eseguita (e incisa) dai Berliner, dalla London Symphony. Nazareno deriva da questa Passione, è un pezzo di grandissimo effetto, del 2010. Questa è proprio la nostra idea della contemporaneità. Lo eseguiranno due giovani pianisti danesi, Arthur e Lucas Jussen, (classe 1993 e 1996), oggi il duo migliore al mondo, sulla scia delle francesi Labèque».
«Javier Perianes, il miglior pianista spagnolo del momento. La Spagna ha avuto pianisti importanti, soprattutto Alicia de Larrocha, carriera internazionale di alto livello, ancora famosissimo nella sua terra. Per ascoltare la Grimaud, come per Sokolov, dobbiamo accettare il loro programma, non si scostano di un millimetro da ciò che portano in giro. Si concede a lei e al grande russo, a nessun altro. Sokolov farà musica cinque-seicentesca, poi le Ballate e la Rapsodia op.79 di Brahms. Ying Li è la vincitrice del Premio Internazionale Antonio Mormone 2021, una bella carriera, vive a New York. Albanese propone un programma spagnolo-chopiniano. Con Alexandra Dovgan, facciamo un programma beethoveniano (dirige Orizio con i Wiener Kammerorchester, ndr) in previsione del 2027: una finestra sul genio di Bonn perché vorrei evitare di fare un eccesso di Beethoven nell’anniversario del bicentenario della morte. A Lucas Debargue ho chiesto di avvicinarsi al tema Spagna, credo sia il pianista attualmente più interessante oggi, facciamo un compromesso con le richieste del nuovo festival».
«La musica sembra richiamare il folklore spagnolo, le Asturie, i Paesi Baschi… Io credo che questo repertorio attinga a tale campo ma in modo raffinato, moderno, e complesso. Goyescas e Iberia di Albeniz sono brani di rarissima esecuzione, per varie ragioni. Per l’enorme complessità esecutiva - Albanese stava trascrivendo alcun brani per renderli più “accettabili” - ma spesso considerati musica facile, da salotto. Guardandola ti accorgi che questa musica ha armonie molto elaborate, oltre che tecnicamente complesse. Dobbiamo modificare l’idea di una Spagna oleografica: forse tale è la Rapsodia spagnola di Rimsky-Korsakov, ma gli altri compositori propongono una Spagna molto interconnessa con la Francia. De Falla, Granados e Albeniz erano amici di Debussy e Ravel: non sono compositori etnici, o di retroguardia. Hanno reinventato una nuova musica, partendo dal terreno spagnolo originale. Valga per tutti il Debussy della Soirée dans Granade: non c’è una sola nota autenticamente spagnola eppure tutto suona assolutamente iberico. Ecco, l’idea del tema del festival è questa: cogliere lo spirito, il profumo della Spagna, la fantasia, la notte, il mistero della morte. La notte, il mercato e il suo mormorio, sono tipici della Spagna, non si trovano in nessun’altra cultura. In queste pagine sono diventati opera d’arte».
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