Vava77 racconta: «Il film sui bergamaschi: tosti, operosi, lungimiranti»

L’intervista. «Vava77» anticipa il nuovo documentario sulla città . «C’è una parte di fiction e tante interviste: Pasotti, Facchinetti, O’Leary».

Sono appena giunte al termine le riprese di un nuovo speciale film documentario che ha come protagonista la nostra città. Con la regia di Emanuele Sana, è realizzato da Officina della Comunicazione in collaborazione con il Comune di Bergamo e sostenuto da due main sponsors, Gewiss e Chorus Life, per celebrare la futura Capitale della Cultura.

A raccontarci in anteprima l’iniziativa è Daniele Vavassori, in arte «Vava77», cantante e doppiatore noto per le sue parodie in dialetto, che nelle vesti di narratore accompagna gli spettatori.

Vava, perché un documentario su Bergamo? Perché città-simbolo della pandemia che ha saputo rialzarsi, perché Capitale della Cultura o perché, a prescindere da questo, è sempre stata carica di storia e arte?

«Il progetto nasce in primis per celebrare la Capitale della Cultura. I possibili contenuti sarebbero stati tanti: abbiamo operato delle scelte, anche di pancia, giocando un po’ a sentimento…».

Come è nata l’idea?

«È partito tutto da due amici, Tommaso e Patrizia, che a marzo 2021 mi hanno chiesto di pensare a qualcosa che potesse valorizzare Bergamo in occasione dell’appuntamento con il 2023. Da lì è scattata la scintilla e ho deciso di contattare Officina della Comunicazione che ha preso in mano il progetto anche dal punto di vista editoriale: insieme a un team di autori, abbiamo cominciato a lavorarci a più mani».

Di cosa parla il film?

«Racconta il mio viaggio attraverso Bergamo, i miei incontri con personaggi conosciuti che condividono la propria vita ed esperienza professionale in relazione a quello che è l’identità bergamasca. Attraverso questi incontri, acquisisco informazioni che arricchiscono il quadro di una città che pensavo di conoscere e invece mi ha rivelato aspetti inediti. C’è una parte di fiction che fa da collante e rende possibili i vari intrecci – in una maniera anche un po’ surreale, senza fare spoiler – e poi una parte documentaristica affidata soprattutto alle interviste».

Tra gli intervistati Giorgio Pasotti, che ha parlato del carattere dei bergamaschi partendo dall’arte di Arlecchino; il mitico Roby Facchinetti; l’allenatore dell’Atalanta, Giampiero Gasperini; il pilota motociclistico Giacomo Agostini; Martina Caironi e Michela Moioli, atlete olimpiche che hanno parlato di forza di volontà; Michael O’Leary, amministratore delegato di Ryanair venuto apposta dall’Irlanda; lo chef Mattia Agazzi, che ha iniziato da Vittorio ed è diventato stella Michelin del Gucci Osteria di Beverly Hills

Esempi di personalità incontrate?

«Molte! Giorgio Pasotti, che ha parlato del carattere dei bergamaschi partendo dall’arte di Arlecchino; il mitico Roby Facchinetti; l’allenatore dell’Atalanta, Giampiero Gasperini; il pilota motociclistico Giacomo Agostini; Martina Caironi e Michela Moioli, atlete olimpiche che hanno parlato di forza di volontà; Michael O’Leary, amministratore delegato di Ryanair venuto apposta dall’Irlanda; lo chef Mattia Agazzi, che ha iniziato da Vittorio ed è diventato stella Michelin del Gucci Osteria di Beverly Hills. Poi esperti di settori riguardanti il passato storico di Bergamo. E ovviamente le istituzioni culturali, sempre all’interno di un registro colloquiale».

Parliamo dell’esperienza del set…

«È stata importante dal punto di vista umano perché sono riuscito a mantenere le mie “corde dell’assurdo” – insomma quello che faccio io, a partire da territori un po’ scanzonati – ma affrontando nello sviluppo del film anche argomenti più seri».

Quanto sono durate le riprese e dove avete girato?

«Tre settimane intense, anche dal punto di vista psico-fisico. Pensando al mondo “randagio” da cui provengo, è stata una bella sfida relazionarsi con una troupe così numerosa. Un vero e proprio viaggio alla riscoperta di Bergamo, Alta e Bassa, coinvolgendo pure la provincia».

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Che immagine emerge dei bergamaschi?

«Siamo tosti. Abbiamo doti tangibili: siamo impastati di operosità, impegno, costanza, lungimiranza. Però le teniamo sempre nascoste. Da un lato è una forza, ma dall’altro il nostro tallone d’Achille. Storicamente abbiamo magari concesso ad altri di brillare per cose nate da noi; è stato bello capirlo intervistando persone non bergamasche coinvolte nel documentario. Ho constatato rispetto e stima nei nostri confronti. E, comunque si sa, il bergamasco non molla mai».

Una frase, quest’ultima, diventata ormai leitmotiv, senza concessioni alla retorica. Una frase che offre i lineamenti dell’anima della nostra gente e del suo territorio, in questa occasione trasformato in set cinematografico. Un ritratto adatto a un pubblico allargato e curioso di conoscere meglio quella che Guido Piovene definì «una provincia e una città di straordinaria bellezza». E che un secolo e mezzo prima Stendhal indicò come «il più bel luogo della terra e il più affascinante mai visto».

Il progetto, distribuito da Discovery Group, andrà in onda sia in Italia che in Europa. Per vedere il prodotto finito, però, dovremo aspettare l’inizio del prossimo anno.

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