Il rapporto tra madre e figlia in un dialogo nato per caso

LA RECENSIONE. Un romanzo potente e capace, dalla lingua raffinata e con due personaggi difficilmente dimenticabili.

Una donna anziana si avvicina alla panchina su cui è seduta Bonita, la guarda, la scruta e pare riconoscerla fino al punto da salutarla e iniziare a raccontarle una storia, quella di sua madre. Anche se pare impossibile che lei l’abbia conosciuta e forse si tratta solo di un errore o peggio di una truffa, ma non sembra essere così, anzi il dialogo tra le due donne prosegue cogliendo punti di affinità in un incredibile scavo emotivo che riporta a galla le tensioni e i fraintendimenti di un rapporto madre figlia che la stessa Bonita aveva sopito da anni.

Un romanzo essenziale e rapido, estremamente breve, ma tra i migliori di Anita Desai, ambientato in un Messico che confonde per i suoi colori caotici e la malinconia di un’India che ritorna come un lontano ricordo

Si apre così con un incontro misterioso l’ultimo romanzo di Anita Desai, forse la più importante scrittrice indiana contemporanea che dopo ben tredici anni torna al romanzo con «Rosarita» (Einaudi, nella bella e preziosa traduzione di Anna Nadotti), un testo breve e fortemente coinvolgente, una scrittura affabile che attrae i lettori nel suo gioco letterario fino a portarli - tutto d’un fiato - verso la fine di una narrazione che non può e non lascia indifferenti. La dinamica è molto semplice, quasi diretta, un dialogo a due che piano piano spalanca le proprie porte a un nugolo di personaggi e protagonisti che ruotano tutti attorno alla madre di Bonita o meglio quel presunto ricordo o semplice fraintendimento che l’anziana donna sembra sostenere con assoluta sicurezza. Desai esplora il rapporto madre e figlia attraverso l’inquietudine del caso, un gioco a carte scoperte con il destino che offre brillanti soluzioni narrative, ma soprattutto una capacità straordinaria di seduzione.

La casualità diviene la miccia per ripercorre quello spazio stretto che vive tra esilio e una possibile nuova rinascita. L’incrocio è quello tra una vita in Messico, dove attualmente risiede Bonita, e la sua terra d’origine, l’India. In poco meno di cento pagine, Anita Desai riesce così all’interno di quel rapporto famigliare a raccontare gli stilemi di due mondi così lontani eppure ricchi di punti di connessione. Un romanzo potente e capace, dalla lingua raffinata e con due personaggi difficilmente dimenticabili come quello di Bonita e quello dell’anziana mistificatrice, ma soprattutto emerge dal Jardín di San Miguel de Allende la figura icastica di Sarita/Rosarita a mezza strada tra l’incanto e il sogno e la malinconia di una lunga assenza materna. Un romanzo essenziale e rapido, estremamente breve, ma tra i migliori di Anita Desai, ambientato in un Messico che confonde per i suoi colori caotici e la malinconia di un’India che ritorna come un lontano ricordo.

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