
Il piacere di leggere / Bergamo Città
Lunedì 08 Settembre 2025
La vita del padre, un viaggio tra memoria e nostalgia
LA RECENSIONE. «La vita immaginata» ha la forma di un’indagine a posteriori sulla vita del padre del protagonista. Steven Mills è uno stimato professore universitario, ma la sua vita sembra esplodere all’improvviso.
Premiato autore americano, Andrew J. Porter, nato nel 1972 in Pennsylvania, rappresenta una delle migliori leve della nuova letteratura contemporanea americana ed è sul solco di una tradizione che va da Bernard Malamud, Saul Bellow e in parte Philip Roth che si inserisce il suo ultimo potente romanzo, «La vita immaginata» (Feltrinelli, per la traduzione di Ada Arduini) che rinnova, attorno ad una tematica estremamente classica come il rapporto con il padre, il grande romanzo americano.
«La vita immaginata» ha la forma di un’indagine a posteriori sulla vita del padre del protagonista. Steven Mills è uno stimato professore universitario, ma la sua vita sembra esplodere all’improvviso. Sia sul lavoro che in famiglia tutto va in crisi lasciandolo sull’orlo del baratro. Ma quella che sembra essere apparentemente un’esplosione improvvisa in realtà ha un’origine molto ben precisa che arriva da lontano e riguarda l’abbandono del padre, la sua scomparsa che segna nel profondo l’esistenza di Steven allora ancora ragazzino.
La ricerca del padre parte ritornando con la memoria ai giorni degli anni Ottanta, all’estate del 1983 e a quella cupezza che attornia una tranquilla festa borghese. Steven analizza i ricordi che ha di suo padre intrecciandoli con le sue scelte e anche i suoi gesti quotidiani. Ritrova il padre in se stesso, ma purtroppo quasi tutto quello che rivede non gli piace e anzi lo lascia addolorato come colpito alle spalle da una memoria che sembra rivelare pezzo a pezzo tutti i frammenti di un’esistenza, la sua, che ora gli appare così profondamente sconosciuta nei suoi motivi più reconditi. Impossibile recuperare, impossibile ritornare a quei giorni se non facendosi attraversare tragicamente da una nostalgia solo in parte liberatoria.
Sullo sfondo l’energia solare splendente della California degli anni Ottanta, la musica, i film di quell’epoca e i desideri infranti di un giovane uomo oggi in profonda crisi. Il dolore di Steven è quello di un’assenza con cui fare i conti e che va al di là delle motivazioni specifiche che hanno segnato il rapporto con suo padre, ma che appartengono ad un’intera generazione senza padri e segnata da una fiducia mal riposta in un’individualismo rampante e aggressivo con cui ad un certo punto è d’obbligo fare i conti, anche se spesso proprio quei conti possono essere difficili da pagare. Un romanzo potente e malinconico che non nasconde le ambiguità dell’esistenza vista con gli occhi di un ragazzo, ma anche con la consapevolezza di un uomo adulto.
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