Un viaggio nella memoria tra amore, dolore e rinascita

IL LIBRO. La decisione di avere un figlio o meno è spesso il frutto di una lunga e complessa storia famigliare che sta alle spalle in maniera quasi sempre se non totalmente inconscia ai due futuri genitori.

Una storia che vede però nella maggioranza dei casi escluse le figure femminili che fanno parte di una famiglia. Una riduzione dello spazio della memoria che non è in grado di cogliere la centralità che spetta al lato femminile di una famiglia. Ed è di fronte alla decisione se avere un figlio o meno che Ayukta decide di raccontare la storia della sua famiglia e il segreto mantenuto da secoli alla moglie Nadya. Prende così avvio uno dei romanzi d’esordio più densi, curiosi e seducenti degli ultimi anni, «Mille donne prima di noi» (nella bella traduzione di Federica Oddera). L’autrice Asha Thanki, già apprezzata saggista, docente all’Università del Minnesota, racconta una storia famigliare struggente e vibrante, un racconto che si muove a ritroso a partire dalla vicenda straziante della nonna di Ayukta, Amla.

Un viaggio nella memoria che attraversa più continenti, da New York all’India fino agli anni della partizione tra India e Pakistan. «Mille donne prima di noi» è un affresco storico, ma anche un romanzo intimo, teso, che prende avvio dalla vita quotidiana di una famiglia di confine per offrire ai suoi lettori il racconto di un continente attraversato da una complessità che in Occidente è spesso ignota, se non sottovalutata. Un romanzo politico che va al di là di ogni presa di posizione ideologica, ma mostra come la storia delle nazioni e la politica dei governi possano influenzare la vita di ognuno portando a scelte spesso tragiche, che si trasformano in fardelli dal peso insostenibile.

Amore e potere sono i due sentimenti che vivono parallelamente insieme alla definizione di personaggi mai stereotipati. Anzi, proprio la distanza geografica sembra creare una facile sintonia anche in chi quei luoghi non li ha mai visti o visitati. Una storia delle generazioni di una famiglia che ricorda l’affermazione di Lev Tolstoj in «Anna Karenina»: «Tutte le famiglie felici sono uguali, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo», ma al tempo stesso ripropone nelle inevitabili fratture del tempo che hanno segnato e reso infelice i componenti di quella famiglia una forma di cura che parte proprio dal racconto di Ayukta, da una fiducia per la memoria che non sia mai rigida e fredda, ma capace di cogliere nella sua pienezza l’inquietudine e il senso del presente. Un libro gentile verso la vita e i suoi dolori, ma anche aperto al futuro.

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