«Filosofia per globalizzati disorientati»

L’INTERVISTA. Proseguono le interviste in collaborazione con «Il Giornale di Brescia». In Università a Bergamo è appena partito un corso magistrale tutto in inglese. Andrea Bottani: «Il mercato lo richiede».

L’università sta diventando un ambiente sempre più internazionale. In fondo torna alle sue radici: nel medioevo dire «universitas» era un po’ come dire oggi «globalizzazione». L’università è nata come luogo di un vasto incrocio di saperi e di competenze. Allora la lingua internazionale era il latino, oggi naturalmente è l’inglese. L’Università di Bergamo solo da una quindicina d’anni ha un corso di laurea in Filosofia, e ora ha appena lanciato il nuovo corso magistrale (2 anni) in «Philosophical Knowledge: foundations, methods, applications» (Conoscenza filosofica: fondazioni, metodi, applicazioni). Ce lo spiega il professor Andrea Bottani.

Questo titolo contiene un’idea della filosofia un po’ nuova?

«Il corso è una specificità assoluta del nostro ateneo, un unicum in Italia: è il primo corso di laurea in filosofia tutto in inglese della sua classe, ne esistono altri che hanno dei curricula in lingua ma nessuno è interamente insegnato in inglese. In secondo luogo, è un corso inter-ateneo, lo abbiamo aperto in collaborazione con l’Iuss e con l’Università di Pavia. È alimentato da una quantità molto consistente di discipline, sia insegnamenti che laboratori di carattere scientifico-tecnologico, economico, ingegneristico, informatico, di scienze cognitive, neurologia, psicologia, e laboratori, per esempio, sulle sfide della sostenibilità».

A chi può interessare?

«L’obiettivo è da una parte fornire un accesso alla formazione dottorale in Italia, crediamo di essere molto competitivi in questo. L’altro aspetto è inserire i filosofi “in azienda”. A Bergamo se ne sono sono rese disponibili varie, e l’Unione industriali stessa».

I ragazzi si sono iscritti?

«Per il momento abbiamo 24 immatricolazioni, che per un corso di laurea al primo anno non è male. Abbiamo introdotto insegnamenti in presenza tenuti da docenti di assoluto richiamo: arrivano da New York University, North Carolina Chapel Hill, Oxford, Edimburgo... Sono figure di altissimo richiamo: c’è ad esempio Achille Varzi dalla Columbia University, Valia Allori, una bravissima filosofa della meccanica quantistica: era professore ordinario alla Northern Illinois University, ora si è trasferita qui e ha cominciato a insegnare in questi giorni».

Lei cosa insegna?

«Metafisica e ontologia. Il tipo di formazione che vogliamo dare ha un aspetto fondazionale: al primo anno si studiano i fondamenti della filosofia, in ambito sia epistemologico sia metafisico, e di filosofia della mente. Siamo molto contenti, pensiamo che questo corso risponda a una richiesta “di mercato”. Anche per chi lavora nell’ambito dell’amministrazione, o in aziende, oggi è particolarmente necessaria una formazione filosofica: è un momento in cui tutto è saltato, sono venute meno tante certezze, i processi tecnologici stanno crescendo e incidono sulle nostre modalità di vita quotidiana. Il mercato globale è entrato in crisi, proliferano modelli di vita, standard di valore differenti. L’immagine del mondo si sta frammentando in modo spaventoso. Se devo dirlo in una parola, è finita “l’era in dei protocolli”, in cui i problemi si potevano risolvere applicando meccanicamente una procedura. Oggi ogni problema va affrontato e risolto “in un modo sartoriale”, su misura. Questo richiede sicuramente delle competenze di analisi concettuale, capacità argomentativa, pensiero laterale che il filosofo ha per definizione. È da questa intuizione che è nata l’idea di questo corso di laurea, pensato insieme con il rettore Sergio Cavalieri, che crede molto in questa idea. Noi speriamo che apra ai nostri futuri laureati un mercato globale, la possibilità di partecipare a posizioni di lavoro anche in Europa e nel mondo».

Una Università influisce sulla cultura e l’autocoscienza di una popolazione?

«Assolutamente. Anche questo incontro tra studenti bergamaschi, lombardi, e altri che arrivano da Paesi lontani – abbiamo davvero molte richieste - è un modo di far crescere la consapevolezza auto-identitaria della nostra città».


Leggi anche l’intervista a Benedetta Santini su «L’Eco di Bergamo» o sul sito de «Il Giornale di Brescia».

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