Morì investito da una bobina: «Ditta estranea»

FILAGO. Le difese: assoluzione per l’amministratore e per l’azienda in cui l’elettricista era giunto per fare dei lavori.

«I presìdi per la sicurezza in azienda erano già sovrabbondanti, di più il mio assistito non poteva fare». L’avvocato Filippo Schiaffino, difensore di G. D. S., l’amministratore delegato della Diesse Rubber Hoses di Filago accusato di omicidio colposo, lo ha sostenuto ieri prima di chiedere l’assoluzione. L’ad è imputato per la morte di Matteo Regazzi, l’elettricista 38enne dipendente della ditta Elettrobonatese che il 5 novembre 2018 fu investito da un muletto che trasportava una bobina da 270 chili all’interno della Diesse dove il giovane era giunto per fare dei lavori di manutenzione. Regazzi era morto 13 giorni dopo l’incidente. Alla sbarra con G. D. S. (per il quale il pm Giancarlo Mancusi ha chiesto una condanna a 3 anni e mezzo), ci sono il conducente del carrello elevatore L. S. (richiesta di condanna a un anno e 4 mesi; il legale ha chiesto l’assoluzione); C. P., titolare della Elettrobonatese (due anni; richiesta di assoluzione dalla difesa); e, come persone giuridiche, la Diesse e la Elettrobonatese.

A G. D. S è contestato di non aver predisposto le misure di sicurezza e di aver omesso la valutazione dei rischi. Ma l’avvocato Schiaffino ha sostenuto che l’ad aveva nominato un referente per la sicurezza delle operazioni, Simone Zangari (non imputato), il quale giorni prima con Regazzi aveva effettuato un sopralluogo in azienda per studiare l’area in cui effettuare i lavori di smantellamento di cavi elettrici. «E nulla si è trovato da ridire, si vede che l’area è stata ritenuta idonea», ha osservato il legale. Il quale , ricordando le conclusioni del consulente tecnico dell’accusa, ingegner Paolo Panzeri, ha parlato di fatalità: «Se in quel momento Regazzi fosse stato in piedi sarebbe stato visibile al conducente del carrello, invece fatalità ha voluto che fosse chinato».

L’avvocato ha messo l’accento sulla condotta del mulettista. «Le disposizioni aziendali erano quelle di procedere al massimo a 6 km/h, ma se un lavoratore accelera in una situazione di pericolo e fa una curva stretta non c’è apporto causale del mio assistito all’evento. Tra l’altro si tratta di un mulettista esperto, da 17 anni al lavoro in azienda e che l’azienda aveva provveduto a formare».

L’avvocato Francesca Mondini, legale della Diesse, ha chiesto «l’esclusione dalle responsabilità perché illecito contestato non sussiste». Il pm aveva chiesto per l’azienda 4 mesi di sanzione interdittiva. L’avvocato ha ricordato come la giurisprudenza punisca «la sistematica violazione delle norme antinfortunistica finalizzata a contenere i costi e a massimizzare i profitti. La Diesse tra il 2017 e il 2018 ha speso 290mila euro su un utile di tre milioni: il 10% speso in sicurezza sembra invece una quota più che congrua come investimento sulla sicurezza». Sentenza il 20 settembre.

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