«Donare il midollo osseo, un gesto che può restituire la speranza»

LA STORIA. La testimonianza di Daniela Pellegrini di Castel Rozzone, volontaria Admo e donatrice. Si è iscritta al Registro quando aveva 25 anni: «Credo nella completa gratuità di questa scelta».

«Spesso un piccolo dono - come scrive Seneca - produce grandi effetti» sia su chi lo riceve sia su chi lo offre. Lo raccontano i gesti di Daniela Pellegrini di Castel Rozzone, volontaria Admo e donatrice di midollo osseo. Daniela vive in un paese di tremila abitanti, in cui la cultura del volontariato è ben radicata: «L’Avis - racconta - ha appena festeggiato 48 anni, e c’è anche una vivace sezione Aido». Il suo desiderio di iscriversi al Registro nazionale dei donatori di midollo osseo con l’Admo è nato quando aveva 25 anni proprio dagli stimoli ricevuti dall’appartenenza a queste due associazioni: «Mi sono iscritta prima all’Avis - spiega - e dopo qualche anno all’Aido. Le informazioni circolano, fra queste associazioni c’è una forte collaborazione e così qualche anno dopo ho deciso di aderire anche all’Admo». Alla base, infatti, c’è lo stesso principio, quello del dono: «Ho sempre pensato che sia importante poter donare una parte di sé di cui possiamo fare a meno. Il desiderio di fare qualcosa per chi ne ha bisogno è nel mio Dna».

C’è un albo illustrato, «Il pacchetto rosso» (Area) di Linda Wolfsgruber e Gino Alberti, ormai un classico del genere, con una storia esemplare su questo tema: al centro c’è un pacchetto rosso, di cui nessuno conosce il contenuto. È un dono misterioso che circola di mano in mano, accompagnato da gesti di gentilezza e generosità, in questo modo cambia l’atmosfera di un paese spento, grigio e indifferente, dove ognuno pensa solo a se stesso. Così, anche al di fuori della finzione narrativa, la solidarietà si diffonde offrendo agli altri un pezzo di sé in questo personale «pacchetto rosso», moltiplicando per imitazione piccoli frammenti di bellezza, che possono infine creare un mondo più accogliente per tutti. Ed è questa la traccia lasciata da Daniela, che ha contagiato prima di tutto la sua famiglia, marito e i due figli, con la sua volontà di fare del bene, in modo semplice e concreto, senza pretese, perché, come dice lei «per me è normale». «È una cosa che non so spiegare - sorride - ma mi fa piacere essere d’aiuto».

Il Registro dei donatori

Per iscriversi al Registro nazionale dei donatori di midollo osseo bastano pochi passaggi: i requisiti di ammissibilità sono un’età tra i 18 e i 35 anni, un peso corporeo di almeno 50 chilogrammi e una condizione di buona salute (alcune condizioni e patologie portano all’esclusione). Si può manifestare interesse anche attraverso il sito dell’Admo (www.admo.it) per ricevere tutte le istruzioni necessarie. La tipizzazione si fa attraverso un prelievo di sangue o saliva. «Nel mio caso - osserva Daniela - mi sono recata per il prelievo all’ospedale di Bergamo, che allora si trovava ancora nella sede dei Riuniti».

La compatibilità genetica che permette il trapianto di midollo osseo è molto rara: anche tra fratelli o sorelle si verifica nel 25% dei casi e la probabilità tra non consanguinei è di uno ogni 100.000: «Per questo l’iscrizione al Registro è così importante - commenta Daniela -. Sarebbe davvero bello se contribuissero tutti, facendolo diventare un atto normale; per ora non è così, anche perché pochi sono adeguatamente informati su questa possibilità».

Lo stesso avviene anche per la donazione degli organi, e Daniela nella sua veste di associata Aido lo sa bene: «Ora sono in pensione ma per molti anni ho lavorato allo sportello dell’anagrafe - spiega -. Mi sono accorta che pochi conoscono la possibilità di indicare la volontà di donare gli organi sulla carta d’identità e ancora meno ne usufruiscono. Se mi capitava di ricordarlo, spesso manifestavano disagio o imbarazzo. A mio parere è una questione importante, che è meglio valutare e affrontare in prima persona senza demandarla alla decisione ultima dei familiari, in momenti in cui devono affrontare il dolore di una perdita».

Al momento dell’iscrizione Daniela aveva 25 anni, e per molto tempo non ha più avuto notizie: «Mi hanno chiamato un paio di volte - dice - ma in entrambi i casi dopo un nuovo esame il processo di donazione si è fermato, probabilmente la compatibilità con il ricevente non era completa».

La terza telefonata

Poi nel 2007, quando Daniela si era già sposata e aveva due figli di 9 e 16 anni, è arrivata una terza telefonata: «Visto com’era andata le altre volte non avevo grandi aspettative. Mi sono messa comunque a disposizione e ho ricominciato il percorso delle analisi da capo, sempre all’ospedale di Bergamo. Ho apprezzato il fatto che mi abbiano chiesto prima di tutto di confermare la mia disponibilità, senza darla per scontata. Sentivo comunque la responsabilità di portare fino in fondo l’impegno che avevo preso, perché sono fatta così».

L’attenzione e la cura che i medici le hanno riservato nella sua veste di donatrice sono uno degli aspetti che ricorda con maggiore piacere: «Il processo è stato lungo, è iniziato ad aprile e l’intervento per la donazione è stato eseguito a dicembre. Mi sono sempre sentita seguita e accompagnata in ogni tappa da medici e infermieri, ho apprezzato molto il loro approccio, la loro sensibilità e l’empatia».

Non tutti i suoi familiari erano d’accordo: «Qualcuno ho dovuto convincerlo, non volevano che donassi, perché avevo già la responsabilità di una famiglia ed erano preoccupati per me. Ma avevo il pieno sostegno di mio marito e sono andata avanti lo stesso. A differenza degli altri sapevo di non correre alcun rischio e di essere seguita con scrupolo dagli specialisti. La salute del donatore per loro è molto importante, viene sempre messa al primo posto, anche per questo per arrivare al prelievo del midollo ci sono tante analisi e tanti passaggi».

Durante le visite in ospedale ha incontrato altri donatori: «Uno di loro, per esempio, era giovanissimo ed era stato chiamato poco dopo la registrazione. Conoscerli e ascoltare le loro storie ha rafforzato la mia convinzione di essere coinvolta in qualcosa di importante».

La metodologia scelta per l’estrazione di midollo nel caso di Daniela è stata quella del prelievo dalle ossa del bacino, la più adatta a lei, ma che oggi è usata in casi rari, più o meno due su dieci. Il donatore viene sottoposto a un’anestesia generale o epidurale, così che non senta alcun dolore durante l’intervento. Questa modalità di donazione ha una durata media di circa 45 minuti. Dopo il prelievo, il donatore è tenuto normalmente sotto controllo per qualche giorno prima di essere dimesso e una volta a casa gli viene consigliato un periodo di riposo precauzionale di 4-5 giorni. Il midollo osseo prelevato si ricostituisce spontaneamente in poco più di una settimana.

Il donatore generalmente avverte solo un lieve dolore nella zona del prelievo, destinato a sparire in pochi giorni. Così è stato anche per Daniela: «Durante il ricovero - ricorda - la mia compagna di stanza era una donna malata di leucemia. Non ci siamo volutamente scambiate i nomi per ragioni di riservatezza. Si è confidata con me illustrandomi le difficoltà che stava affrontando. Mi ricordo che la cosa che le mancava di più era la vicinanza dei suoi figli e della sua famiglia, non poter stare con loro ogni giorno come prima. La turbava anche non poter godere della compagnia delle sue amiche, stando lì in ospedale soffriva molto la solitudine e la costrizione a una vita circoscritta a stanze e corridoi. Ascoltandola ho capito quanto fosse prezioso l’aiuto che un gesto semplice come il mio poteva dare a una persona malata per recuperare speranza con una migliore qualità di vita e di relazioni. Mi sembrava bellissimo avere anche solo il potere di riunirla ai suoi affetti più cari. Spero che sia stato così anche per il paziente che ha ricevuto il midollo. Mi sono sentita fortunata, perché nel giro di pochi giorni sono tornata a casa, completamente sana, anche se ho rispettato il consiglio di osservare qualche giorno di riposo prima di tornare al lavoro».

Il senso di una scelta disinteressata

Daniela non ha avuto alcuna notizia sull’età e la condizione del ricevente, neppure dopo tanti anni: «Credo nella completa gratuità di questo gesto - afferma - quindi non voglio nulla in cambio, nemmeno la gratitudine. È stata una scelta del tutto disinteressata, compiuta con consapevolezza, sapendo che se un mio familiare ne avesse bisogno potrei ripetere la donazione. Per il resto non sento la necessità di conoscere la storia e l’identità del ricevente, mi basta la soddisfazione di aver potuto dare una mano a una persona in difficoltà. Mi sono sentita quasi in imbarazzo quando l’Admo ha voluto manifestarci il suo ringraziamento attraverso una cerimonia ufficiale e un dono».

Dopo l’intervento ha continuato a sottoporsi a controlli periodici previsti dal protocollo: il Centro donatori, infatti, segue il donatore anche dopo il prelievo del midollo con controlli periodici stabiliti dalla legge, diversi a seconda del tipo di donazione effettuato, fino ad un massimo di 10 anni dalla donazione. Sono proprio questi controlli nel tempo che provano la sicurezza di questa procedura, ormai consolidata su oltre 20mila donatori: «Non ho riportato alcuna conseguenza dopo l’intervento - osserva Daniela - Mi sono sentita al sicuro in ogni momento e poi sono sempre stata bene».

Donare il midollo osseo ha dato un sapore diverso alla vita di Daniela: «Questa avventura, con il suo corredo di esperienza, conoscenza e incontri, mi ha portato a concentrarmi sui valori più autentici. Davanti a certe gravi situazioni di difficoltà e di malattia certi malumori, certi piccoli ostacoli sui quali a volte ci intestardiamo non hanno in realtà alcuna importanza».

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