«La nostra isola per non sentirsi isolati: produciamo bellezza, coltiviamo talenti»

Officine Tantemani «Misteria» è il mondo immaginario da cui riparte lo spazio creativo di via Suardi 6 in città.

Da soli siamo, a volte, come barche immerse nel buio, finché non troviamo un’isola dove approdare. Può darsi che fermarci in quel luogo faccia emergere lati inaspettati di noi stessi, che ci spingono ad affrontare i nostri limiti, a superare gli ostacoli e a nascere di nuovo, in modi ogni volta diversi. Così accade quando si arriva a «Misteria», il mondo immaginario da cui parte il nuovo laboratorio delle Officine Tantemani, progetto della Cooperativa Sociale del Patronato San Vincenzo «particolarmente attento alle relazioni con persone con disabilità o che vivono momenti di fragilità».

All’origine di «Misteria» c’è una storia che attinge a zone oscure dell’anima dove la luce fatica ad arrivare, e quando lo fa sembra quasi un miracolo. L’ha scritta e disegnata Sauro, uno dei giovani partecipanti al laboratorio creativo di Tantemani: «È nata in un momento difficile per me – racconta –. Mi sono sentito tradito da un amico e me ne sono allontanato, e subito dopo ho iniziato a rinchiudermi in me stesso, isolandomi del tutto. Durante il laboratorio di Tantemani ho rappresentato questo stato d’animo con un disegno, poi gli educatori mi hanno sollecitato a descriverlo con le parole, inventando un racconto in cui descrivevo i personaggi che vi abitavano».

È iniziato così, singolarmente, fra il «muro nero dei traumi» e il «lago delle lacrime» della sua isola un lento processo di guarigione: «Man mano che la mia invenzione prendeva forma - continua Sauro -, mi sono accorto di riuscire a guardare il mondo in maniera più positiva. Sono riuscito a lasciarmi alle spalle quello stato d’animo tormentato. Ho scoperto che il segreto per uscire da “Misteria” è accettare se stessi e il mondo, in quel posto devi affrontare i tuoi demoni». Il racconto tiene conto di tutto, delle tenebre e dell’alba: «Se non ci fosse l’oscurità - conclude Sauro con semplicità - la luce non avrebbe senso, sarebbe tutto uguale».

L’Open day di qualche giorno fa negli spazi di Tantemani, in via Suardi 6, è stato un’occasione speciale: dall’inizio della pandemia, infatti, non è stato più possibile ospitare il pubblico. «Solo adesso - spiega il direttore creativo Davide Pansera - abbiamo finalmente riaperto i nostri laboratori». Le stanze si sono riempite delle voci e delle risate di adulti e bambini, ognuno intento a decorare piatti in ceramica, ricamare o costruire la propria isola, partendo dalla lettura del racconto di Sauro per i grandi e di fiabe illustrate per i piccoli. La vocazione delle Officine, infatti, chiarisce Davide «è creare uno spazio inclusivo, aperto a tutti, capace di rinnovare l’approccio alla fragilità e di abbattere lo stigma della disabilità». L’intento è intrecciare relazioni con diverse realtà cittadine attive in ambito culturale e sociale, facendo in modo che le persone con disabilità «non siano considerate oggetti di cura, compassione e pietà, ma soggetti capaci di esprimersi in modo interessante e stimolante». Sono molte le azioni attraverso le quali questo intento si realizza, non solo in sede, ma anche all’esterno, collaborando con diversi soggetti sul territorio. «Tantemani» è anche base operativa di «Pigmenti», laboratorio cittadino di arte pubblica, e casa del laboratorio di ceramica di Susanna Alberti.

I laboratori

I talenti dei partecipanti al «laboratorio formativo, espressivo e artigianale con persone con diverse abilità» si traducono concretamente nella realizzazione di disegni, magliette, grembiuli e tovagliette stampati con la tecnica della serigrafia, borse di stoffa, taccuini e biglietti d’auguri, spesso frutto di collaborazioni con partner diversi, come Slow Food, esposti e venduti nel negozio attiguo ai laboratori. «Mi piace dipingere le magliette - racconta Giorgia, 26 anni, con la sindrome di Down - ma anche stirare». Lo fa con cura e precisione, e mette entusiasmo e allegria nei laboratori, fornendo ai bambini materiali e colori.

La vocazione delle Officine, infatti, chiarisce Davide «è creare uno spazio inclusivo, aperto a tutti, capace di rinnovare l’approccio alla fragilità e di abbattere lo stigma della disabilità». L’intento è intrecciare relazioni con diverse realtà cittadine attive in ambito culturale e sociale, facendo in modo che le persone con disabilità «non siano considerate oggetti di cura, compassione e pietà, ma soggetti capaci di esprimersi in modo interessante e stimolante»

Le attività sono molte e in continua evoluzione, come la realizzazione della rivista «Bandita» in cui strade e quartieri della città sono rappresentati in modo originale e vivace con parole e illustrazioni. Il prossimo numero, per esempio, sarà dedicato alla giustizia riparativa.

John Donne descrive a modo suo in una celebre meditazione l’importanza di restare uniti nelle avversità: «Nessun uomo è un’isola, completo in sè stesso; ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto. Se anche solo una zolla venisse lavata via dal mare, l’Europa ne sarebbe diminuita, come se le mancasse un promontorio, come se venisse a mancare una dimora di amici tuoi, o la tua stessa casa».

È questa la sensazione che si prova osservando i lavori della mostra «Misteria», che racchiude tante storie diverse tenute insieme da un impegno collettivo di confronto, relazione, cura reciproca. «È bello frequentare questo laboratorio - sorride Alessia, mostrandoci il suo lavoro, esposto insieme agli altri, con un pizzico d’orgoglio - ho tanti amici qui». Ha dedicato la sua isola alla natura: un posto dove si sta bene e si vive in armonia circondati da piante e animali in un clima molto caldo. Svolge con impegno e senso di responsabilità i suoi compiti, dalle attività artistiche al negozio: «Mi piace parlare con le persone che vengono in visita e disporre in ordine gli oggetti». Il suo sguardo luminoso dimostra quanto sia importante potersi sentire fieri della propria opera. «Abbiamo creato - sottolinea Davide - un ambiente lavorativo protetto in cui ognuno ha un compito da svolgere, rispettando il patto educativo che viene stipulato». Nel nome «Tantemani» e nel logo - che unisce molte dita in una specie di «pettine» - si ritrova l’idea del lavoro di squadra, che si nutre delle singolarità: «Ognuno - osserva Davide - costruisce un pezzo. Ma c’è anche molta cura per le storie individuali. Ogni persona ha esigenze e caratteristiche diverse, si impara a stare insieme e poi si esce, si va nella città perché questo non deve diventare un ghetto».

È piuttosto uno spazio creativo dove si può comprendere davvero cosa vuol dire inclusione. Ognuno è accolto, accettato e valorizzato, e i linguaggi espressivi sono come un filo che unisce tutti: «Stare insieme è una palestra - racconta Francesca Marinelli, referente del laboratorio formativo, espressivo e artigianale con persone con diverse abilità - noi ci impegniamo ad allenarci nelle relazioni, nella cura delle emozioni. Allo stesso tempo nel laboratorio i partecipanti si dedicano a tante attività diverse. Ci sono il lavoro artigianale, diversi progetti artistici, la cura degli ambienti e la gestione del negozio. Alla base c’è sempre il lavoro di squadra, che è anche l’elemento che caratterizza il nome di questo progetto».

I partecipanti hanno provenienze diverse, vengono segnalati dai servizi sociali oppure dalle stesse famiglie, attraverso il passaparola: «Accogliamo anche tirocinanti dell’ultimo anno di scuola superiore - continua Francesca - e per loro questo è un ambiente protetto in cui possono sperimentare ritmi e regole di un ambiente lavorativo: il rispetto degli orari, la responsabilità di un compito da svolgere, la collaborazione. Ci ritroviamo tutti i giorni, da lunedì a venerdì». In questo momento frequentano il laboratorio una ventina di persone.

«Abbiamo creato - sottolinea Davide - un ambiente lavorativo protetto in cui ognuno ha un compito da svolgere, rispettando il patto educativo che viene stipulato»

Anche Elena Codreanu, originaria della Moldavia, arrivata a Bergamo per motivi di salute, volontaria dell’associazione Amici del MoyaMoya, ha trovato alle Officine Tantemani il posto giusto per lei: «Partecipare ai progetti - racconta -, accogliere i clienti del negozio, lavorare con gli altri nel laboratorio è un’esperienza molto forte e molto ricca. È un ambiente stimolante che consente di conoscere persone davvero speciali».

Un laboratorio per le donne

Uno dei laboratori è dedicato interamente a donne con fragilità che hanno affrontato situazioni difficili come il carcere o ritiro sociale: «Ci ritroviamo per tre giorni alla settimana - racconta la responsabile Francesca Moroni, educatrice - e ci impegniamo a creare un ambiente dove stare bene, raccontarsi, uscire di casa e incontrare altre persone in una situazione sicura. Fanno parte del gruppo persone con storie e caratteristiche diverse. Alcune di queste donne abitano nei quartieri della città e hanno sperimentato solitudine e abbandono, altre hanno subito violenze e abusi. Nel laboratorio si dedicano insieme ad attività di cucito».

Il primo requisito per partecipare è che bisogna mettersi alla prova, anche come principianti. «Alcune - prosegue Francesca - sono già capaci di cucire, altre sono incuriosite e comunque tutte si impegnano e si danno consigli a vicenda». Strada facendo scoprono che questa attività è un modo per ricucire anche la propria vita.

«Mettersi alla prova»

Il primo requisito per partecipare è che bisogna mettersi alla prova, anche come principianti. «Alcune - prosegue Francesca - sono già capaci di cucire, altre sono incuriosite e comunque tutte si impegnano e si danno consigli a vicenda». Strada facendo scoprono che questa attività è un modo per ricucire anche la propria vita. «Le partecipanti - osserva Francesca - oltre al cucito si occupano della gestione del negozio: se entra qualcuno ci alziamo per accoglierlo e magari anche questa interruzione diventa un’occasione per raccontare e condividere l’attività che si sta svolgendo. Ci sono momenti in cui alcune di queste donne si affiancano nel lavoro a giovani del laboratorio delle persone con fragilità e diverse abilità. È un esperimento e il risultato è sorprendente. Questo “minestrone” di situazioni diverse sta facendo nascere legami profondi e amicizie impensabili anche extra-laboratorio. Ci si prende cura gli uni degli altri, ci si aiuta a vicenda».

L’isola di Tantemani è un luogo dove si cerca e si produce bellezza a partire dalle persone e dalle loro abilità, cercando forme sempre nuove: «Se l’occhio non si esercita, non vede. Se la pelle non tocca, non sa. Se l’uomo non immagina, si spegne». Per approfondire www.tantemani.it.

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