Personale sanitario, nuovo esodo in vista: «Oltre 2.700 in pensione entro il 2038»

IN BERGAMASCA. La Uil Lombardia stima l’uscita del 30% degli attuali occupati: 390 i medici e 863 gli infermieri. Marinoni: i giovani chiedono altro, servono risposte adeguate. Solitro: si fa poco per rilanciare la professione.

All’orizzonte c’è una «montagna» da scalare per la sanità, prima di riuscire a vedere tempi più favorevoli. In gergo si chiama «gobba pensionistica»: è il picco delle uscite causa quiescenza, e solo dopo quel giro di boa le nuove leve riusciranno davvero a rimpinguare gli organici. Per le professioni del settore, e in particolare per medici (prima) e infermieri (leggermente dopo), si avvicinano gli anni più caldi, anche in Bergamasca.

A tracciare il possibile scenario è uno studio della Uil Lombardia, che ha preso come punto di partenza i dati del ministero della Salute sulla forza lavoro e sulla sua carta d’identità. In provincia di Bergamo, dove attualmente si contano poco più di 9.200 occupati, tra il 2026 e il 2038 si stimano 2.791 pensionamenti: in sostanza, il 30% di quanti attualmente in servizio. Si procederà a scaglioni: 124 «addii» sono previsti per il 2026-2028, poi 855 tra il 2029 e il 2033, infine 1.812 nel 2034-2038. Chiaramente, il tutto è al netto di eventuali modifiche normative e soggetto alle oscillazioni legate alle scelte individuali (possibilità di uscita anticipata o clausole che permettono la permanenza al lavoro).

I numeri che si profilano

Guardando ai profili, il sindacato calcola un totale di 390 cessazioni tra i medici (quasi il 29% degli oltre 1.300 attivi tra ospedali e territorio), 863 infermieri (il 23,6% dei quasi 3.700 che operano negli ospedali), ma anche una cinquantina di ostetriche, oltre un centinaio di tecnici sanitari e più di duecento operatori socio sanitari; l’incidenza più alta è tra i tecnici della prevenzione (cui spettano le verifiche su igiene e sicurezza in ambiti nelle aziende, sugli alimenti, sull’ambiente), dove si potrebbe arrivare a perdere fino al 44% dei professionisti oggi al lavoro.

Nell’intera regione, il totale delle fuoriuscite entro il 2038 arriva a quota 34mila. Numeri che, secondo il segretario confederale della Uil Lombardia Salvatore Monteduro, «sono il segnale di un’emergenza sociale: il rischio concreto è che ospedali e servizi territoriali non reggano l’urto di un’ondata di pensionamenti che non sarà compensata dagli ingressi. La prospettiva di perdere migliaia di infermieri e medici in pochi anni significa esporre i cittadini a un peggioramento drammatico della qualità e dei tempi di cura».

La situazione dei medici

Entrando nel dettaglio, l’impatto sarà diversificato a seconda delle mansioni. Secondo Guido Marinoni, presidente dell’Ordine dei medici di Bergamo, per questa professione «i primi segnali positivi dovrebbero arrivare dal 2029 in poi: per quella data inizieranno a entrare in servizio i neolaureati che hanno cominciato l’università negli anni del grande allargamento del numero chiuso».

Ma il turnover sarà a velocità diversa: «Senza veri interventi, per i medici di base la situazione resterà più complessa: la medicina di famiglia continua a non essere attrattiva, chi può si

«Senza veri interventi, per i medici di base la situazione resterà più complessa»

orienta sulle specialità che portano a lavorare in ospedale e in particolare a quelle che consentono ampi spazi di libera professione e flessibilità. C’è una questione di fondo che è generazionale e riguarda tutto il mercato del lavoro: i giovani hanno preferenze e richieste diverse rispetto alla nostra generazione, ed è necessario trovare risposte adeguate».

Intanto, in attesa del «salto» di chi oggi sta completando gli studi, si fa i conti con l’emorragia di camici bianchi: «Gli ultimi anni sono stati segnati da un gran numero di pensionamenti per via di questioni anagrafiche e normative – ricorda Marinoni -. Sono arrivati alla quiescenza i medici entrati in servizio con la riforma sanitaria del 1978. Soprattutto nella medicina generale si è creata una polarizzazione: la gran parte è appunto vicina alla pensione o ci è già arrivata, e poi ci sono i giovani; manca sostanzialmente una generazione, quella dei cinquantenni. Negli anni Novanta, infatti, da un lato vi fu la definizione di “rapporti ottimali” (il coefficiente di assistiti per ogni medico di base, ndr) che bloccarono le nuove immissioni sul territorio, in più fu introdotto il numero chiuso a Medicina».

La situazione degli infermieri

La vera emergenza, a detta di tutti, è quella degli infermieri. Ne mancano un migliaio in Bergamasca rispetto al fabbisogno ideale, e dietro l’angolo ci sono parecchi pensionamenti: «Il picco di uscite è stimato fra cinque anni – rileva Gianluca Solitro, presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche -. Al momento viviamo una fase di sostanziale pareggio: da alcuni anni, e dovrebbe essere così anche a fine 2025, continuiamo ad assestarci sui 7mila iscritti nell’intera Bergamasca, senza crescite né cali, perché i nuovi iscritti bilanciano chi arriva al termine dell’attività lavorativa».

«Il timore è quello di non colmare i pensionamenti»

Fra un lustro, però, potrebbe cambiare tutto: «Il timore è quello di non colmare i pensionamenti – riconosce Solitro -: al momento si fatica a saturare i posti nei corsi di laurea in Infermieristica, che dovrebbero invece garantire il ricambio futuro. Il nodo di fondo è l’attrattività, sia legata al riconoscimento economico sia allo sviluppo delle carriere: purtroppo non vediamo una svolta, anche la legge di bilancio ora in discussione non ha interventi decisivi. Si parla di aumenti per il pubblico impiego, ma la nostra è una professione che vede moltissimi di noi lavorare in realtà private».

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