Valeria e Flaminia, 10 anni di vita con il cuore artificiale dentro lo «zainetto»

LA STORIA. Valeria Pedretti, suora dell’Istituto Palazzolo di Bergamo, e Flaminia Rossi, casalinga appassionata di viaggi, hanno in comune una storia straordinaria: entrambe vivono da 10 anni con un cuore artificiale, una soluzione salva-vita che le ha rese pazienti longeve nel trattamento dell’insufficienza cardiaca terminale.

Bergamo

Oggi, sono le due pazienti più longeve con cuore artificiale seguite dall’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, e probabilmente tra le più longeve al mondo.

Un cuore artificiale per una vita quasi normale

Nel 2015, né Valeria né Flaminia erano idonee per un trapianto di cuore a causa dell’età avanzata. Per loro, l’unica alternativa è stato l’uso di un Ventricular Assist Device (VAD), un cuore artificiale che supporta il lavoro del ventricolo sinistro, compensando le scarse prestazioni del loro cuore con un ingombro minimo.

Il Vad è costituito da una pompa interna al torace, controllata da un piccolo computer (controller) e alimentata da due batterie, che sono collegate a un cavo che esce dall’addome. Questo sistema funziona come uno «zainetto salvavita» che le pazienti possono indossare o riporre in borsa, garantendo loro una buona qualità della vita, tra viaggi e attività quotidiane.

I progressi della tecnologia e la sfida della ricerca

Amedeo Terzi, responsabile del Centro trapianti di cuore dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII, ha sottolineato che le storie di Valeria e Flaminia sono un esempio di come il Vad non sia solo un «ponte» verso il trapianto, ma una soluzione definitiva per chi non può essere inserito in lista d’attesa, a causa di limiti di età o altre condizioni. Entrambe hanno una vita attiva e svolgono attività quotidiane, come prendersi cura degli altri o viaggiare.

Il professor Michele Senni, direttore del Dipartimento cardiovascolare dell’Asst Papa Giovanni XXIII, ha evidenziato i miglioramenti tecnologici nel settore dei dispositivi meccanici. Oggi, i VAD sono più piccoli e performanti, ma la ricerca sta ancora cercando soluzioni per eliminare il cavo che collega il dispositivo al controller e migliorare la biocompatibilità del sistema.

Una sfida ancora aperta: il futuro del cuore artificiale

Nonostante i progressi, il cardiologo Attilio Iacovoni ha spiegato che la sostituzione di entrambi i ventricoli resta una sfida complessa. Per ora, il trapianto di cuore rimane indispensabile per alcuni pazienti. Le due donne, però, sono riuscite a evitare le complicanze più comuni dei Vad, come ictus e malfunzionamenti, grazie a cure scrupolose da parte dei medici bergamaschi.

Alessandro Amorosi, direttore sanitario dell’Asst Papa Giovanni XXIII, ha aggiunto che ogni paziente riceve trattamenti personalizzati, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita. La tecnologia avanzata, unita a un approccio umano e attento, permette oggi soluzioni sempre più efficaci.

Un messaggio di speranza per la comunità

Ogni anno, l’Ospedale Papa Giovanni XXIII impianta dai 10 ai 12 Vad in pazienti con insufficienza cardiaca terminale, come alternativa al trapianto o come soluzione definitiva per chi non è idoneo. Francesco Locati, direttore generale dell’Asst, ha sottolineato come il dipartimento cardiovascolare dell’ospedale rappresenti un’eccellenza nel panorama nazionale, capace di rispondere a una vasta gamma di necessità cardiache, dal neonato all’anziano.

Valeria e Flaminia, attraverso la loro straordinaria esperienza, sono l’esempio tangibile del connubio tra innovazione tecnologica e competenza medica, trasformando una condizione di fragilità in una nuova possibilità di vita. Queste storie, come ha sottolineato Marcella Messina, assessora alle politiche sociali e salute, sono un messaggio di speranza per la comunità: «Lo ”zainetto” di Valeria e Flaminia è simbolo di una sanità pubblica che accompagna e restituisce futuro. È la forza della vita che vince anche la notte più buia.»

Un simbolo di speranza e resilienza

Infine, monsignor Giulio Dellavite, portavoce della Diocesi di Bergamo, ha paragonato la forza di queste due donne al cammino di speranza del pellegrino, simbolo del Giubileo. Ha dichiarato: «Le storie di Valeria e Flaminia ci consegnano uno ‘zainetto di speranza’, insegnandoci che la speranza non è solo ottimismo, ma la forza di sfidare le difficoltà quotidiane, come ci insegnano loro e il personale sanitario.»

Questo è il racconto di due donne che, nonostante i limiti della malattia e le difficoltà, continuano a vivere con passione e dedizione. Un esempio di resilienza e di come la medicina possa restituire una nuova opportunità di vita.

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