Campionessa di motocross, il suo sorriso
un «motore» nella lotta contro il cancro

Francesca Nocera, di Fara Olivana, è salita sui podi italiani e mondiali, ora racconta con l’Airc la sua grinta anche nella malattia. «La moto è la mia vita e mi è stata preziosa quando ho scoperto di avere il cancro». In questi giorni nei supermercati e on line si possono acquistare «Le arance della salute».

Con il vento che soffia sul casco e la strada che vibra sotto le ruote, quando Francesca Nocera scende in pista prova l’emozione di sentirsi leggera come una piuma sulla sella della sua moto. Dopo cinque titoli italiani, due podi mondiali, tre vittorie alle Nazioni Europee a squadre di Motocross, lei sa bene cosa vuol dire soffrire per vincere, sacrificare tutto, tenere fede ai suoi obiettivi: ed è questo che l’ha salvata quando, tre anni fa, la vita le ha presentato l’ostacolo più grande, un carcinoma al quarto stadio alla tiroide. Francesca vive a Fara Olivana con Sola e da quando aveva 18 anni gareggia con le Fiamme Oro. Tenacia, coraggio e determinazione sono le doti che fanno di lei una grande atleta, le hanno permesso di affrontare a viso aperto le più impegnative battaglie della vita e ora l’hanno convinta a diventare testimonial dell’Airc, Associazione italiana per la ricerca sul cancro, in questi giorni in campo per la tradizionale raccolta fondi con le «Arance della salute» (nei supermercati e online su www.arancedellasalute.it).

La diagnosi è arrivata nel 2018: «Non avevo particolari sintomi - osserva -. Anni prima, nel 2012, avevo sofferto di ipotiroidismo, mi avevano prescritto una cura, che sembrava avesse ripristinato una condizione normale. A un certo punto, invece, mi sono accorta di strani sbalzi di umore oltre a un’anomala e troppo rapida perdita di peso. Mi sono rivolta a un medico, ma all’inizio sembrava solo colpa degli allenamenti troppo intensi. Continuavo ad avere la sensazione che ci fosse qualcosa di strano in me, perciò ho deciso di sottopormi ad analisi più approfondite e poi, dato che i valori erano sballati, mi sono rivolta a un endocrinologo. È stata un’intuizione azzeccata: dopo l’ecografia e l’ago aspirato, infatti, è arrivata la diagnosi di carcinoma al quarto stadio. Un colpo durissimo, ma all’inizio quasi non me ne sono resa conto perché quando è arrivato l’esito dell’esame istologico mi hanno operato d’urgenza. Un passo dopo l’altro, tutto è accaduto troppo velocemente, non ero preparata».

Subito dopo sono iniziate delle terapie: «Mi sono ritrovata isolata in ospedale perché per curarmi era necessario usare lo iodio radioattivo: durante il ricovero medici e infermieri indossavano tute protettive come quelle degli astronauti. Una volta dimessa ho dovuto osservare una serie di precauzioni, per esempio stare lontana dai bambini e dalle donne in gravidanza. Questo mi aveva colpito moltissimo, non era una condizione semplice da accettare. Non ho reagito subito in modo positivo, mi sono resa conto, all’inizio, di essere priva di strumenti adeguati. Non avevo mai considerato la possibilità di ammalarmi: sono un’atleta, mi prendo buona cura sia dell’alimentazione sia della mia condizione fisica, eppure mi è capitato lo stesso. Sono per carattere una persona molto spiccia, non volevo lasciarmi divorare da una situazione che mi è sembrata fin dall’inizio più grande di me, perciò ce l’ho messa tutta per reagire. Sono una che sorride sempre e non volevo smentirmi nemmeno in questa occasione: per non mostrare la preoccupazione mi sono impegnata a sdrammatizzare, a minimizzare i disagi, a non far capire quanto stessi male. Mi sono accorta che avevo messo in atto questa strategia per gli altri ma alla fine ha funzionato anche su di me: la testa, la disposizione d’animo è una componente importante per reagire in modo efficace a una situazione di malattia o comunque di difficoltà».

La prevenzione e la ricerca Airc

Francesca ha sempre potuto contare sul sostegno della famiglia: «I miei genitori, mia sorella e il mio ragazzo sono stati i miei angeli custodi, non mi hanno mai fatto mancare il loro affetto e sostegno. Se le persone che ti stanno vicino hanno un atteggiamento positivo e non ti ricordano ogni momento le tue difficoltà tutto diventa più facile. Mi viene spontaneo tenermi dentro i problemi, ma ho capito che se non ne parlo rischiano di mettere radici più profonde».

Nel 2019 Francesca ha dovuto subire un altro intervento: «Mi hanno asportato anche i linfonodi che il cancro aveva già intaccato, poi ho seguito un altro ciclo di radio-iodio terapia. Ora devo proseguire con i controlli periodici, senza mai sgarrare. Questa vicenda mi ha insegnato l’importanza della prevenzione: meglio rivolgersi a un medico per un malessere di poco conto che attendere troppo. Ho sperimentato che non esistono condizioni che proteggano in modo assoluto dal cancro e anche per questo ho deciso di offrire il mio appoggio all’Airc raccontando la mia storia per donare coraggio ad altre donne come me, e per smontare gli stereotipi: non esistono sport solamente maschili, non esistono traguardi che siano preclusi, e allo stesso tempo anche di fronte alle difficoltà più grandi non bisogna mai perdere la speranza».

La sua vita è stata messa in pausa dalla malattia: «Non riuscivo più ad allenarmi come prima, il mio fisico era affaticato e mi mancavano le forze. Dopo l’intervento sentivo il corpo completamente diverso, ho sempre cercato di mantenermi in movimento anche se ho fatto un po’ fatica a riprendermi. La moto però è stata la chiave per trovare il coraggio di superare il dolore, la paura e ritrovarmi dopo la malattia. Questo sport mi ha regalato una marcia in più, fin dall’inizio mi ha aiutato a crescere e a sentirmi bene con me stessa».

All’inizio Francesca non credeva che sarebbe mai salita su una moto, perché era molto timida: «Quella che avevamo in casa era di mio padre, lui ogni tanto andava a fare un giro, poi anche mia sorella ha voluto provare, quasi per gioco, ma io no, all’inizio avevo proprio paura. Poi una volta per caso ci ho provato, mi sono appassionata e così, con molta naturalezza, ho incominciato a dedicarmi alle gare. All’inizio era un passatempo, ma intorno ai 16 anni ho deciso di allenarmi seriamente e mi sono cimentata in competizioni importanti. Al mattino presto, prima di andare a scuola, mi esercitavo in palestra oppure correvo. Al ritorno iniziavo a fare i compiti sul pullman per risparmiare tempo, poi salivo sulla mia moto. La mia vita era questa: ho sempre preferito un weekend sulle piste con i miei genitori alle serate in discoteca. Così a forza di allenarmi, mettendoci tanto impegno e sacrificio sono arrivati anche i risultati».

Tanti infortuni in pista

Non è stato un percorso lineare, più volte Francesca ha dovuto attingere a tutto il suo coraggio: «Ho avuto parecchi infortuni, alcuni piuttosto seri. Una volta mi sono rotta le vertebre, ho dovuto indossare un busto e restare ferma per nove mesi, ma appena sono riuscita a rimettermi in piedi sono tornata in sella. Un’altra volta mi sono rotta una spalla, poi il ginocchio. Ho affrontato anche un grave incidente in gara: ero seconda al mondiale, a due giri dalla fine sono caduta e un’altra atleta mi è passata sopra. Ne sono uscita con pneumotorace e una serie di fratture scomposte alle costole. Stavo davvero male, ma nonostante questo ricordo che quella stessa sera già pensavo a quando avrei potuto tornare ad allenarmi».

La battaglia più dura

Con il cancro, però, la battaglia è stata più dura: «Mi sono preoccupata di perdere tutto, di far soffrire le persone intorno a me. Non sapevo se sarei riuscita a spuntarla. Sono stata fortunata, perché nel mio caso la malattia è stata scoperta in tempo. Ho conosciuto altri ragazzi, giovani atleti, a cui non è andata così bene. Anche questo mi ha spinto a impegnarmi per aiutare la ricerca. Ho conosciuto l’Airc per caso, ho incominciato a seguire la loro pagina social, ed è così che è nata l’idea di mettere me stessa e la mia storia a servizio di altre persone in difficoltà, per invitarle a tirare fuori la grinta, l’energia e il coraggio che tutte possediamo. Desideravo anche mostrare quanto possa essere importante nella vita una disciplina sportiva come il motociclismo, che a torto viene spesso considerata una specialità solo maschile, e in cui invece anche le donne possono farsi valere».

Sulle ali del motociclismo

Se prima Francesca si sentiva fragile come un bruco, il motociclismo le ha dato le ali, trasformandola in farfalla, spingendola a far affiorare sicurezza e bellezza, valorizzando al massimo le sue qualità: «Sono sempre stata timida, da ragazzina non andavo nemmeno dal panettiere da sola. Poi ho iniziato questo sport individuale in cui c’eravamo solo io e la mia moto. Mi allacciavo il casco, lasciavo fuori il resto del mondo e riuscivo a portare a termine i miei obiettivi e a raggiungere sempre nuovi traguardi. Col tempo questa disciplina mi ha aiutato moltissimo nella vita. Mi ha fatto sperimentare emozioni difficili da spiegare. È vero che si può cambiare,: ora sono più estroversa e sicura. La moto mi è stata particolarmente preziosa quando ho scoperto di avere il cancro: due settimane dopo la prima operazione avevo in programma una gara e sono riuscita a farla lo stesso. Sono arrivata nona, era la prima corsa del mondiale».

La prudenza in pandemia

Nell’ultimo anno ha dovuto fare i conti anche con gli effetti della pandemia: «Quando vado in ospedale per i controlli ho sempre un po’ paura, nonostante i controlli e le misure di sicurezza siano molto scrupolosi. Le gare sono state spesso annullate o rimandate, per quest’anno non ci sono certezze, il campionato italiano si farà ma probabilmente in forma ridotta e a porte chiuse. Nella mia vita personale ho cercato di essere prudente, di restare in casa il più possibile e di non farmi allarmare troppo dalle notizie trasmesse dalla televisione». Nel futuro di Francesca ci sono una pista sgombra e una moto veloce, carica di speranza e di sogni: «Spero di poter continuare il più a lungo possibile con questo sport, ma sogno anche una bella famiglia e dei figli che magari vadano in moto come me».

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