
Caravaggio, utilizza l’alcol per la stufa: 83enne muore per le ustioni
LA TRAGEDIA. Nell’accensione la bottiglia era esplosa ferendolo. Il decesso dopo una settimana.
Caravaggio
Ha cercato di accendere la stufa a legna di casa utilizzando dell’alcol. Il ritorno di fiamma ha fatto però esplodere la bottiglia di liquido infiammabile che aveva in mano, procurandogli così sul corpo delle ustioni molto gravi che ne hanno causato il decesso pochi giorni dopo l’accaduto.
È così che a Caravaggio è morto Giacomo Mora, agricoltore in pensione di 83 anni che abitava con la moglie Maria alla Cascina Rossero. L’ottantatreenne era rimasto ustionato lunedì 5 maggio. Dopodiché, per le ustioni riportate, era stato ricoverato all’ ospedale Niguarda di Milano dove è morto lunedì 12. Mercoledì 14 nella parrocchiale di Caravaggio si sono tenuti i suoi funerali.
La moglie era fuori casa
La moglie Maria non era presente al momento dell’incidente in casa: «Dovevo andare a comprare il pane – racconta affranta – così gli avevo detto che avrei anche preso la Diavolina per accendere la stufa». La donna era così uscita di casa a metà mattinata lasciando solo il marito che, sentendo probabilmente freddo, aveva deciso di accendere la stufa con quanto a disposizione. Purtroppo un ritorno di fiamma ha fatto esplodere la bottiglia dell’alcol e i vestiti hanno così preso subito fuoco.
«Le ustioni non sembravano gravi»
Dopo aver spento le fiamme l’ottantatreenne ha avuto la forza di uscire di casa e si è buttato in strada per chiedere aiuto. Qui è stato visto da alcuni passanti che hanno subito avvisato la moglie. «Quando sono tornata da lui – racconta ancora la donna – mi ha detto che l’aveva combinata grossa. Ma non sembrava disperato e lì per lì anche a me le ustioni non sembravano così gravi».
«Una persona buona»
Ai soccorritori fatti poi intervenire sul posto la situazione di Mora è risultata invece subito molto seria: aveva gravi ustioni al collo, alle spalle, alle braccia al petto e a una gamba. L’ottantatreenne è stato quindi trasportato al reparto Grandi Ustionati del Niguarda di Milano dove ha lottato fra la vita e la morte per una settimana. Alla fine il cuore ha ceduto. Il pensionato, che lascia nel dolore anche la figlia Elena, era molto conosciuto in paese. Era nato alla Cascina Rossero dove aveva fatto l’agricoltore fino alla pensione: «Tanti gli volevano bene perché era una persona buona. Non meritava di morire così», dice la moglie.
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