Il cyberbullismo nella Bergamasca è cresciuto con il Covid: «Scuole, fatevi avanti a segnalare i casi»

In un anno i reati con vittime minorenni sono aumentati del 28,5%. La questura: «A fronte di un’aggressione fisica, ne registriamo 10 sui mezzi informatici». Approfondimento di due pagine su L’Eco di Bergamo in edicola domenica 6 febbraio.

C’è chi viene deriso per l’aspetto fisico, chi perché ci mette più tempo a capire quello che dice l’insegnante, chi per il suo orientamento sessuale, chi perché è semplicemente un po’ timido. I bulli lo deridono facendo gruppo, scambiandosi sui loro smartphone – quasi sempre con Whatsapp e Messenger, che in tal senso hanno spopolato soprattutto con l’avvio della pandemia, assieme a Snapchat e, in forma minore, TikTok e Instagram – foto o brevi video della vittima che viene presa in giro. Poi, presi da soli, «si sciolgono come neve al sole», per usare le parole del dirigente dell’Anticrimine della questura, Marco De Nunzio: «In realtà da soli si vergognano di quello che fanno, anche e soprattutto di fronte ai genitori, che pensano di loro che siano figli irreprensibili».

«Per noi gli eroi sono i ragazzi che, nonostante siano vittime di bullismo, vanno a scuola tutti i giorni – prosegue il primo dirigente della polizia di Stato, in vista della Giornata nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo che cade domani –: noi siamo qui per loro. Anche perché ognuno di loro reagisce in modo diverso: da chi si isola a chi ne parla e si confida, fino purtroppo a chi si toglie la vita. Ma sono loro le persone che noi consideriamo e non certo i loro vessatori». Chi mette in atto atti di bullismo o cyberbullismo – quest’ultimo molto più frequente: nella Bergamasca a fronte di ogni aggressione fisica sono dieci quelle verbali o «multimediali» – rischia una denuncia penale, ma c’è anche un provvedimento che si chiama «ammonimento» e che ha un iter molto più rapido, a tutela della vittima.

«È una misura di prevenzione che viene firmata dal questore – aggiunge De Nunzio –, che invita il “bullo” a seguire un percorso di sostegno psicologico che lo porti a comprendere ciò che ha fatto perché non sia recidivo. E la recidiva, stando alle statistiche, in questi casi è davvero rarissima: segno che è un provvedimento che funziona. Tra le poche questure italiane, abbiamo di recente rinnovato per il secondo anno il “Protocollo Zeus” che prevede per l’appunto l’avvio di questo iter con gli psicologi per chi compie atti persecutori, tra gli adulti, e di cyberbullismo tra i ragazzi. Purtroppo il mio cruccio è che nell’ultimo anno non sia arrivata una sola segnalazione, né formale né informale, da nessuna scuola della Bergamasca. Eppure sappiamo che i casi ci sono perché poi ci arrivano per altre vie e lì interveniamo, spesso quando si è già formalizzata la denuncia. Ecco perché lancio un appello alle scuole: noi ci siamo, anche informalmente, per dei consigli. Far emergere alcuni episodi è nell’interesse di vittima e bulli e non è certo un fallimento educativo né una lesione del buon nome della scuola, che dal 2017 sono obbligate ad avere un referente per il cyberbullismo».

Nel 2021 si è registrata un’impennata dei reati con vittime minorenni, saliti a 505 rispetto ai 393 del 2020, con un aumento del 28,5%. Sono cresciuti soprattutto i furti (da 237 a 307), le rapine (da 41 a 59) e le lesioni dolose (da 53 a 78). Stabili (da 22 a 24) le percosse e in lieve calo (da 41 a 37) le minacce. Non tutti questi reati sfociati in denunce penali, però, nascondono episodi di bullismo: «Come ministero dell’Interno ci stiamo attrezzando per poter meglio individuare anche nelle statistiche quando si riscontra anche un retroscena di bullismo – spiega il dirigente dell’Anticrimine –, visto quanto il fenomeno è oggi diffuso. L’ammonimento non è un procedimento penale e, per questo, è molto più rapido come attuazione: raccolta la segnalazione, in pochissime ore si arriva all’emissione del provvedimento e alla convocazione del minore in questura con i genitori. Non è nulla che resterà sulla sua fedina penale, ma sicuramente è un percorso che lo potrà aiutare. E può essere chiesto anche direttamente dai ragazzi che sono vittime, dai 16 anni in su anche contro la volontà dei genitori. In tal modo noi possiamo intimare ai gestori dei siti e dei social network di rimuovere il contenuto vessatorio: qualora entro 48 ore non lo dovessero fare, la rimozione scatta d’ufficio tramite il garante per la privacy».

La pandemia ha poi fatto impennare tutti i reati informatici, compreso il cyberbullismo, che spesso si tramuta in ingiurie o minacce (di qui l’inserimento nella banca dati «generica» dei reati contro i minori). Le denunce esclusivamente per bullismo l’anno scorso sono state 10 (a Sovere, Ranzanico, due a Dalmine, Albino, Pradalunga, Grumello, due a Caravaggio e Brembate), ma è evidente che dietro numerosi altri reati commessi ai danni di minorenni ci siano casi di vessazione. «Dal mio insediamento, nel novembre del 2020 – conclude De Nunzio – abbiamo tenuto diversi incontri con le scuole per sensibilizzare sul tema. Ecco perché l’assenza di segnalazioni è un mio cruccio. Spero che l’iter si inverta, anche perché di casi ce ne sono e dovrebbe essere nell’interesse educativo farli emergere».

© RIPRODUZIONE RISERVATA