Verdello, identificato il cadavere mummificato nel campo

L’indagine. Il corpo fu trovato lo scorso ottobre, i risultati dei confronti del Dna confermano: è un marocchino di 44 anni. Morì per un malore, resta il giallo della sua presenza nel terreno.

Ha un nome e un cognome il corpo senza vita trovato mummificato, per puro caso da una donna che portava a spasso il suo cane la sera del 21 ottobre scorso, in un campo della periferia nord est di Verdello, a pochi metri dalla (ora funzionante, tre mesi fa non ancora) nuova tangenziale. Si tratta di Kabil Lekbir, marocchino di 44 anni, nato il 28 aprile del 1978 e che mancava dalla sua casa di Milano, zona San Siro, dal 5 agosto scorso, quando un fratello ne denunciò la scomparsa. La conferma dei forti sospetti dei carabinieri di Treviglio – che avevano trovato su quel che rimaneva del corpo una traccia di un documento – si è avuto dal confronto del Dna dei resti (che era stato estrapolato durante l’autopsia) con un campione genetico appartenente al quarantaquattrenne e recuperato nella sua abitazione milanese.

Dall’esame autoptico è stato anche accertato che la causa della morte non è stata di natura violenta: probabilmente il marocchino è stato stroncato da un malore che non gli ha lasciato scampo. Trovandosi poi in un campo isolato, tra le pannocchie (che erano state tagliate una decina di giorni prima del ritrovamento, senza che i contadini si accorgessero della presenza del cavadere, schiacciato anche dai mezzi agricoli), non era stato soccorso da nessuno e lì è rimasto per due mesi e mezzo. Se da un lato l’identità del cadavere è stata confermata grazie agli accertamenti scientifici, resta ancora un mistero proprio il perché Lekbir si trovasse a Verdello e in quel campo isolato (le prime case sono a una cinquantina di metri).

Su questo fronte gli inquirenti non hanno ancora una risposta: forse il marocchino aveva scelto quel luogo come giaciglio, per ripararsi dalla calura estiva tra le pannocchie in campagna. O forse – e anche questo fronte resta aperto – quel luogo era stato scelto dal quarantaquattrenne per spacciare o acquistare sostanze stupefacenti. A sentire gli abitanti della zona, infatti, l’area di via De Gasperi è stata spesso luogo di ritrovo per persone senza fissa dimora o dedite allo spaccio di droga, tanto che anche gli stessi carabinieri avevano effettuato in passato diversi controlli e sopralluoghi.

Via De Gasperi, proprio a seguito dell’avvio dei lavori per la nuova tangenziale che la taglia perpendicolarmente, è diventata a fondo chiuso e, dunque, rappresenta un luogo appartato e isolato, l’ideale per chi vuole trafficare. Fatto sta che proprio lì il destino ha voluto che il quarantaquattrenne marocchino trovasse la morte, in circostanze che forse non saranno mai del tutto chiarite. Il suo cellulare non è stato trovato, anche perché risultava comunque spento dal giorno della sua scomparsa: a casa sua non c’era, ma verosimilmente non l’aveva con sé nel momento in cui è morto. Ed eventuali contatti precedenti riscontrati dai tabulati non hanno portato a nulla di importante.

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