«Trump? Aspirante autocrate»: un anno di presidenza Usa vista da Francesco Costa

L’INTERVISTA. Nel corso di un incontro organizzato dal Circolo Matteotti a Gres art 671, l’europarlamentare Giorgio Gori ha dialogato con il giornalista Francesco Costa sul ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. Abbiamo intervistato il direttore del Post.

Bergamo

Per Costa, il Trump del nuovo mandato non somiglia più al leader inesperto del 2017. «Allora era frenato da uno staff non collaborativo e da un partito che non lo aveva ancora digerito. Oggi sa dove mettere le mani». Il presidente si è circondato di fedelissimi e ha abbracciato una strategia fondata «sulla forza e sulla minaccia della forza», applicata tanto ai rivali interni quanto ai partner internazionali: dalle università all’opposizione, fino a Israele, Ucraina e Russia.

Il ritorno della potenza americana

Secondo Costa, il successo apparente di queste mosse affonda le radici nella percezione degli Stati Uniti degli ultimi vent’anni, segnati dai fallimenti in Iraq e Afghanistan e da presidenze indebolite. «Ci eravamo dimenticati quanto gli Usa potessero essere forti se scelgono di usare la loro forza». E oggi, pur senza interventi militari diretti, Washington mostra nuovamente la capacità di «far male e ottenere qualcosa» attraverso la pressione commerciale e i ricatti diplomatici. «Ma questo comportamento mette in discussione le basi del dominio americano del secolo scorso: non è più chiaro come si faccia a essere amici dell’America».

Gaza, Ucraina e la politica dell’instabilità

Il rimescolamento degli equilibri non è sempre un male, riconosce Costa: la tregua a Gaza è arrivata perché Trump «ha avuto la forza di imporla». Ma il metodo resta rischioso. Anche sul fronte ucraino, il presidente sta sperimentando «un grosso fallimento personale»: la promessa di chiudere la guerra in 24 ore si è infranta davanti alla realtà di un Putin che non smette di bombardare. «Trump cerca la strada più breve, non quella giusta», spiega il giornalista.

«Trump? Un aspirante autocrate»

«Trump è un aspirante autocrate», conclude Costa. Un leader che non ha voluto lasciare il potere dopo la sconfitta elettorale e che guarda con ammirazione ai modelli di Putin, Xi Jinping e Kim Jong-un. Ma la domanda più inquietante, secondo Costa, è un’altra: «E se Trump fosse la risposta dell’elettorato americano alla sensazione che oggi le autocrazie stiano funzionando meglio delle democrazie?».

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