Giovanni, generosità senza fine. L’ultimo dono: tutti i suoi organi

COSTA VOLPINO. Aveva 52 anni e la sindrome di Down: sportivo e attivo in oratorio, è stato stroncato da un malore. «Faceva ogni cosa con gioia».

Cintura nera di judo, animatore in oratorio, viaggiatore. Giovanni Capitanio, 52 anni, di Costa Volpino, è stato tutto questo, e molto di più: per ultimo, donatore di organi. E che avesse la sindrome di Down rende ancora più straordinaria la sua vita, terminata una settimana fa in ospedale a Esine dove, grazie a un fisico da ragazzino, ha potuto donare tutti i propri organi: cuore, polmoni, fegato, reni, cornee, perfino qualche pezzo di ossa. Per dire che la generosità non ha nulla a che fare con il numero dei cromosomi, ma che la bontà e l’altruismo si sviluppano grazie alla famiglia in cui una persona cresce, alla comunità che la accoglie, ai tanti amici che le vogliono bene.

C’erano tutti, martedì, in chiesa a Corti dove i funerali sono stati celebrati da don Endrio Bosio, che aveva conosciuto Giovanni negli anni in cui era curato nella parrocchia di Costa Volpino, e da don Mario Laini, l’attuale parroco. Sono stati loro a dare voce alla commozione di tutti i presenti, ognuno dei quali con un ricordo personale da tenere in cuore.

Il ricordo di chi lo conoceva

Chi lo incontrava nella palestra di judo, dove era il braccio destro del maestro Gianbattista Paris e di sua moglie Rosy, ricorda che era lui ad accogliere gli allievi più giovani, ad aiutarli a rompere il ghiaccio e ad accompagnarli sul tatami. Chi lo incrociava sugli autobus che, da solo e in piena autonomia, prendeva tutti i giorni per andare a lavorare in un supermercato a Clusone, sa che non sbagliava una coincidenza. Chi lo ha conosciuto in oratorio a Corti, ripensa alla meticolosità e all’attenzione che sapeva mettere nello svolgere i compiti affidati al «segretario» del catechismo. A piangerlo, i fratelli nella fede che condividevano con lui un cammino catecumenale. «E tutto – ricorda la sorella Maria Grazia, per dieci anni vice sindaco di Costa Volpino – tutto lo faceva con gioia e allegria, contagiando le persone che gli stavano vicine». Un’allegria solo scalfita dalla morte, a fine giugno, del papà Francesco, dopo che il periodo più difficile era stato per lui, che viveva di relazioni, il lockdown. Viveva con la mamma Teresa Testa: con lei ha girato l’Italia e l’Europa intera. Il cognato Massimo Vitali era il suo grande amico da oltre quarant’anni.

Donati gli organi

Ma la bellezza che Giovanni ha saputo coltivare non è bastata a fermare un malore che giovedì scorso lo ha colpito mentre era a casa. «Mi hanno avvertita verso le 17, un’ora e mezza dopo lo stavamo già salutando – ricorda la sorella Maria Grazia –, eppure abbiamo colto che, anche lì in ospedale, mio fratello poteva insegnarci qualcosa. I medici della Rianimazione di Esine, straordinari tutti, ci hanno detto senza mezzi termini che gli organi di Giovanni erano sanissimi, perfetti per essere prelevati e donati a persone in attesa di un trapianto. C’è stato bisogno del nostro consenso, ma non abbiamo avuto dubbi. Essere generoso era la cifra del suo animo, non potevamo tradirlo».

A Esine, le donazioni come quella fatta da Giovanni si contano sulle dita di una mano. «È straordinario – ricorda ancora la sorella – vedere come Giovanni ha saputo abbattere nella propria vita tante barriere, compresa l’ultima, quella che porta a pensare che un disabile e la donazione di organi siano universi lontani. Invece, grazie allo sport che ha sempre voluto praticare, ha dimostrato il contrario. E noi seguiremo il suo esempio».

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