Londra-Milano e da qui al mondo: «Traduco bisogni e tecnologie»

LA STORIA. Maurizio Foiadelli, loverese, da 7 anni in trasferta. A 36 anni lavora per una multinazionale specializzata nel far dialogare sistemi nel settore farmaceutico.

C’è un ragazzo che nasce a Lovere, sul lago d’Iseo, in un punto del mondo dove l’acqua è ferma come uno specchio e le montagne disegnano il confine tra quello che sei e quello che potresti diventare. Si chiama Maurizio Foiadelli, oggi ha trentasei anni e da quando ne ha memoria ha sempre avuto una valigia pronta. Perché per lui il viaggio è sempre stato una direzione naturale, quasi una condizione dell’anima. Oggi, dopo sette anni a Londra, è di base a Milano, in un appartamento dove la luce filtra diversa, ma ha sempre quella valigia semiaperta in un angolo, perché la possibilità di partire gli ricorda chi è. «Da ragazzo sentivo solo una voce dentro che diceva: vai, guarda altrove. Non sapevo bene dove, ma non volevo restare fermo. E non volevo restare uguale a me stesso».

«Basta un viaggio di laurea con gli amici, a Londra, per scatenare la voglia di cambiare tutto»

Maurizio Foiadelli finisce prima il percorso turistico all’istituto Fantoni di Clusone e poi frequenta Lingue e letterature straniere presso l’Università Cattolica di Brescia, un po’ per passione, un po’ perché in quelle pagine fitte di parole straniere c’era la promessa di altri mondi. Poi consegue anche un Corso di management internazionale. Sono anni in cui si muove in uno spazio ristretto, tra il lago, la città, le aule universitarie. Ma basta un viaggio di laurea con gli amici, a Londra, per scatenare la voglia di cambiare tutto. Torna, finisce la magistrale, sistema qualche carta, compra un biglietto di sola andata, prenota un letto in ostello. E parte. Era il 2013. «O tornavo a casa dopo un mese da turista, o trovavo lavoro». Trova lavoro subito. Cameriere in un ristorante.

Venditore di contratti telefonici

Londra lo inghiotte nel suo vortice di lingue sovrapposte, di odori pungenti, di insegne luminose che non si spengono mai. Due settimane dopo lo promuovono supervisor, ma Maurizio sente che non può fermarsi lì. Londra costa troppo e la vita da cameriere è una parentesi, non un destino. Così cambia. Prova a vendere contratti telefonici porta a porta, nei centri commerciali, tra gli stand luccicanti e la musica di sottofondo che pulsa come un cuore elettronico. Ride mentre lo racconta. «Un’esperienza stranissima, ma utile. Ho imparato a parlare con chiunque, a non avere paura delle porte chiuse in faccia, a farmi capire». Londra è così: una città che ti spinge sempre un passo più in là, e intanto ti mostra tutto quello che potresti diventare. E ti ricorda che nulla è garantito, che basta una decisione presa di notte per cambiare tutto.

Una nuova avventura

Poi succede qualcosa che non aveva previsto. Entra in Informa, una multinazionale anglo-americana che fa analisi di mercato e report su commodity, grano, caffè, energia, consumi. Doveva restare tre mesi. Rimane quattro anni. «Mi ha preso e non mi ha più lasciato andare. Mi ha permesso di viaggiare, crescere, vedere il mondo». Maurizio lavora sul passaggio dai prodotti cartacei alle piattaforme digitali. È un tempo in cui gli smartphone sono ancora una novità e la gente guarda Internet come un territorio da esplorare con cautela. Lui diventa il ponte tra due mondi: spiega a clienti sparsi in ogni angolo del pianeta perché il futuro sia lì, in quelle piattaforme interattive. E intanto impara anche lui, giorno dopo giorno. Viaggia. Va in Europa, tiene corsi, incontra persone, si scopre a spiegare la tecnologia persino a chi lavora al Parlamento europeo. «Per uno che veniva da un paesino sul lago, è stato incredibile. Ero partito con la sensazione di dover cercare il mio posto nel mondo, e mi sono ritrovato a parlare in inglese davanti a gente che solitamente si vede solo in tv». C’è qualcosa di quasi elettrico nel modo in cui racconta quei giorni. Come se, a ripensarci, riuscisse ancora a sentire il rumore dell’aereo in decollo, il suono delle e-mail che arrivano nel cuore della notte, il brivido di sapere di star costruendo qualcosa di nuovo. Eppure, a un certo punto, quella stessa energia diventa fatica. Maurizio cresce, diventa manager, si sposta su altri progetti, entra in MarkMonitor, dove si occupa di brand protection sui mercati digitali. Continua a viaggiare, e torna spesso in Italia per seguire clienti italiani.

Londra non si ferma mai

Londra comincia a sembrargli una macchina che non si ferma mai, una città dove la luce è sempre accesa ma a volte troppo forte. «Mi mancava la qualità della vita. Avevo sempre amato Londra, ma a un certo punto non mi ci ritrovavo più. Era come se la città fosse rimasta giovane e io invece avessi bisogno di un ritmo diverso». Allora inizia a mandare curriculum in mezza Europa. Il sogno sarebbe Barcellona, perché lì c’è il mare, c’è il sole, c’è il passo più lento della gente. Ma la vita lo porta a Milano. Una multinazionale americana, Iqvia lo chiama e lui accetta. Corre a fare i colloqui, e nel 2020, proprio mentre il mondo intero si prepara a chiudersi in casa, Maurizio torna in Italia. «All’inizio è stato stranissimo. Ero abituato a vivere su un aereo, a lavorare in inglese, a cambiare città ogni settimana. Ho dovuto rallentare tutto, anche i pensieri». Entra in un team globale, con base a Milano, ma che lavora per clienti in tutto il mondo. Si ritrova a spostarsi a Parigi, in Germania, Madrid ovunque serva. Ma poi arriva il Covid, e blocca tutto. Per un anno, la valigia resta nell’armadio. Le trasferte diventano workshop su Zoom, con sveglie puntate alle quattro di notte per parlare con la Cina. Lì, nel silenzio improvviso di Milano, Maurizio si accorge che il viaggio non è solo attraversare geografie, aeroporti, lingue diverse. «Ho dovuto iniziare a viaggiare dentro di me. Mi ero sempre mosso verso fuori. Fermarmi è stato complicato. Ma mi ha fatto bene. Mi ha insegnato che non serve correre sempre, che puoi scoprire mondi anche restando fermo. Ho capito che a volte il vero viaggio è accorgerti di chi sei, senza bisogno di fuggire da nulla».

Gestisce team internazionali

Oggi Maurizio lavora ancora per la stessa azienda, nel mondo farmaceutico. Si occupa di progetti tecnologici legati ai Crm, i sistemi che permettono di gestire la relazione fra le aziende farmaceutiche, i medici, gli informatori. È un lavoro tecnico, ma anche profondamente umano. «Io non sono un ingegnere informatico, ma so capire le esigenze del cliente e trasformarle in soluzioni concrete. A Londra, lavorando su Salesforce, il più famoso Crm del pianeta, ho scoperto che mi piaceva questo mondo. È come fare il traduttore, ma invece delle lingue traduci bisogni e tecnologie». Oggi coordina progetti complessi, gestisce team internazionali, e continua a viaggiare. Ma lo fa in modo diverso. «Vivo i viaggi con più libertà. Me li godo davvero. Mi fermo nei posti, li osservo. Anche quando viaggio per lavoro, cerco di ritagliarmi un momento per camminare da solo per le strade. Guardare la gente. Ascoltare le lingue. Lasciare che il mondo mi entri dentro». A sentirlo parlare, si capisce che per lui non esiste una linea definitiva tra casa e altrove. E infatti non ha progetti scolpiti nella pietra. Non sa dove sarà tra cinque anni. Né se continuerà a fare esattamente questo lavoro. «Non voglio fare tutta la vita la stessa cosa. Mi piace imparare. E cambiare. L’importante è stare bene e fare quello che mi piace. Non voglio avere paura del futuro. Ho imparato che puoi cambiare tutto, anche da un giorno all’altro, e va bene così».

Bergamo senza confini

Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con la Fondazione della comunità bergamasca onlus. Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per un anno l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected].

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