In 13 paesi neanche un nato:
«Siamo rimasti indietro di 15 anni»

Dodici sono in Val Brembana, uno (Azzone) in Val di Scalve. I sindaci: «Da soli non si va da nessuna parte». Il nodo infrastrutture.

Sono tutti comuni di montagna. Piccoli, anzi piccolissimi paesi per la quasi totalità situati in Val Brembana, che si conferma la zona più in sofferenza per quanto riguarda le nascite della nostra provincia. Sono ben tredici i comuni che hanno avuto zero nascite nel 2020. Un numero in aumento: erano otto nel 2019, tre nel 2009 (che lo ricordiamo, è l’anno in cui si è toccato il punto più alto di natalità negli ultimi due decenni in Bergamasca), e cinque nel 2002. Si tratta di Azzone, Blello, Camerata Cornello, Carona, Cassiglio, Cusio, Foppolo, Mezzoldo, Moio de’ Calvi, Ornica, Roncobelloo, Taleggio e Valnegra. Tutti situati nella zona della Valle Brembana, con l’eccezione di Azzone, in Val di Scalve. Si va dal più piccolo, Blello, con 74 abitanti, a Camerata Cornello che a fine 2020 ne contava 571. «La situazione è questa da parecchi anni –racconta Mirella Cotti Cometti, la prima cittadina di Azzone– il 2020 sicuramente è stato molto faticoso per tutti, ma non ha cambiato la situazione in meglio o in peggio. Per far capire: è festa grande quando c’è un nuovo nato, ma lo era anche nel 2015. La montagna non ha un problema solo di natalità, ha un problema del vivere in montagna. Mancano i servizi, manca il lavoro. I giovani sono affezionati alla montagna, c’è del radicamento, ma non serve a nulla se uno poi si deve fare 50 - 100 Km in macchina ogni giorno per raggiungere la propria occupazione, perché alla fine si sa come andrà a finire: ad abitare da un’altra parte. C’è una buona collaborazione tra i comuni e molti servizi sono condivisi, ma la popolazione sta invecchiando».

Natalità, servizi e lavoro. Tre temi che per la Val Brembana si influenzano a vicenda. «È come un cane che si morde la coda – racconta la sindaca di Foppolo, Gloria Carletti, Foppolo è un altro dei comuni con 0 nati nel 2020 – non ci sono nuovi nati per cui diminuiscono i servizi, ma se non ci sono servizi non si incentiva la natalità. È un problema che va avanti da anni. Noi ad esempio sono quattro anni che siamo a 0 nati. Cosa fare? Serve un piano generale della montagna di sostegno. È difficile per i singoli paesi delle alte valli prevedere da soli delle misure in questo campo, sia per una questione economica che burocratica». Ma il problema della natalità in Val Brembana non è solo confinato ai 12 comuni che hanno avuto zero nascite nell’ultimo anno e non è un problema legato solo al 2020.

«Il problema è generalizzato, soprattutto sull’Alta Valle –continua Jonathan Lobati, presidente della Comunità Montana Valle Brembana – a turno ogni anno lo zero tocca ad un paese piuttosto che un altro. Come frenare lo spopolamento? Le questioni sono sempre quelle. Si deve partire da un miglioramento delle infrastrutture viabilistiche, e qui qualcosa si sta muovendo, pensiamo alla variante di Zogno o alla Villa d’Almè-Dalmine, perché oggi chi si sposta per e l’Alta Valle lo fa in macchina, il trasporto pubblico con 3-4 corse al giorno è pressoché inesistente. Ma parlo anche di infrastrutture tecnologiche, essenziali nell’ultimo anno in tempo di Covid e per chi fa smartworking: e da questo punto di vista noi siamo molto indietro, la fibra coprirà tutto il territorio solo nel 2023. Cosa c’entra tutto questo con la natalità? Se le infrastrutture funzionano il turismo funziona, se il turismo funziona si crea lavoro, se c’è lavoro le persone sono più predisposte a vivere in determinate zone, e se aumenta la popolazione si riattivano i servizi. Invece assistiamo a tagli su tagli: sportelli bancari, servizi ospedalieri. È tutto collegato. Certo nessuno ha la bacchetta magica per frenare lo spopolamento – conclude Lobati – e siamo in ritardo di 10-15 anni se non di più».

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