L’abbraccio gioioso a sei nuovi diaconi: «Chiamati a servire, non a essere serviti»

Protagonisti del rito nella chiesa ipogea del Seminario cinque bergamaschi e un indiano. Il vescovo di Bergamo, monsignor Francesco Beschi: «Ammiriamo questi giovani che hanno ricevuto il dono di Dio».

«Con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze» (Dt 6,5) è la frase scelta dai seminaristi del Seminario di Bergamo e del Pime per accompagnare l’ordinazione avvenuta con il rito che si è tenuto nella serata di sabato 30 ottobre nella chiesa ipogea dedicata a Cristo Sommo ed Eterno Pastore nel Seminario vescovile San Giovanni XXIII. Protagonisti i cinque giovani della nostra diocesi Carlo Agazzi di Grone, Mario Carrara di Locatello, Andrea Cuni Berzi di Urgnano, Mario Pezzotta di Pedrengo, Taddeo Rovaris di Nembro e per il Pontificio Istituto Missioni Estere Rajeswar Nayak di Brahmpur in India, entrati nella chiesa in processione.

«Segno dell’amore di Gesù»

«Il sentimento più diffuso questa sera – ha esordito il vescovo monsignor Francesco Beschi – è la gioia per il dono di Dio, che ci raggiunge attraverso questi giovani. Vi ringrazio perché avete risposto alla chiamata del Signore e state iniziando il vostro cammino di servizio nel suo nome. Grande la gioia del vescovo e del presbiterio, qui presente con moltissimi sacerdoti. Spero sia sentimento condiviso anche dai vostri familiari e cari». «Eccomi» è stata la risposta dei candidati al diaconato, presentati dal direttore del Seminario don Gustavo Bergamelli. Su ognuno si è posato lo sguardo benevolo del vescovo che li ha accolti nell’ordine del diaconato. «La gioia evocata all’inizio – ha detto monsignor Beschi nell’omelia – scaturisce dalla consapevolezza che con questa ordinazione state ricevendo il dono di Dio, il suo Spirito. Lo ricevete voi, ma anche tutti noi. Guardiamo questi giovani, li ammiriamo perché avvertiamo che il loro cuore, dopo un percorso lungo e impegnativo, si è aperto alla chiamata e al fascino di Gesù e del Vangelo, al dono dell’amore di Dio che prende la forma del servizio. È un segno di quel Gesù che ci ha amato dell’amore di Dio. Gesù si è fatto servo umile per la gioia e la salvezza dell’umanità. La parola “servizio” ritorna nelle Letture: siete chiamati non a essere serviti, ma a servire, come gli apostoli chiesero ai diaconi di porsi al servizio della carità. In questi tempi di incertezza e fatica non si può separare il servizio a Dio da quello ai fratelli. Il comandamento è che amerai il Signore Dio tuo, con tutta l’anima, forza, cuore e il prossimo tuo come te stesso. Le vostre mani vengono benedette perché diventano le mani di Cristo che si avvicina ad ogni persona, soprattutto a chi è ferito nell’anima e nel corpo». L’invito ai candidati diaconi è quello di «servire per amore e con amore, con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze – ha continuato il vescovo Beschi –. Questi giovani stanno mettendo in gioco la loro vita al servizio del Signore. Il diaconato non è una tappa, è un dono da esercitare per tutta la vita in ogni ministero a cui saranno chiamati e in ogni condizione in cui il loro ministero si eserciterà».

La Liturgia è proseguita con la dichiarazione di impegno da parte degli eletti che hanno posto ciascuno le mani in quelle del vescovo prima di prostrarsi a terra durante la litania dei Santi. Particolarmente forte il momento dell’imposizione delle mani sul capo dell’eletto che ha preceduto la preghiera solenne di invocazione al Signore perché effonda lo Spirito Santo. È seguita la vestizione degli abiti liturgici con stola e dalmatica, aiutati ognuno dai propri familiari, prima di ricevere il libro dei Vangeli e di scambiare l’abbraccio di pace con il vescovo. E un primo applauso ha sottolineato la gioia condivisa tra tutti i presenti.

Le parole di ringraziamento

Prima della benedizione solenne il vescovo ha espresso un ringraziamento «alle famiglie di questi giovani; alla comunità del Seminario e a tutti coloro che permettono di offrire la proposta di discernimento; alle parrocchie di origine e quelle in cui state svolgendo servizio, ai sacerdoti; infine alla comunità missionaria del Pime che mi ha dato la gioia di poter ordinare un diacono indiano per la missione». Alla conclusione della cerimonia la gioia è esplosa con un altro lungo applauso fino all’uscita dalla chiesa, insieme al vescovo, dei nuovi «don» chiamati ora a essere «con tutta la loro vita autentici ed appassionati testimoni della Parola di Dio, strumenti della sua carità verso tutti, specialmente verso i poveri e sofferenti».

© RIPRODUZIONE RISERVATA