Delitto Bigoni, nuova pista 30 anni dopo

CLUSONE. Riaperta l’inchiesta sulla morte della 23enne uccisa in casa la notte del 31 luglio 1993. Accertamenti su un uomo che lavorava negli uffici comunali di Milano dove la vittima era addetta alle pulizie.

Il caso dell’omicidio di Laura Bigoni, la 23enne uccisa a Clusone con nove coltellate nella notte fra il 31 luglio e il 1° agosto 1993, è stato riaperto in seguito alle rivelazioni di una donna. Accertamenti sono stati eseguiti nei confronti di un uomo che lavorava alla portineria di uno dei palazzi che ospitano gli uffici comunali di Milano, dove Laura era addetta alle pulizie. La testimone, che ora ha 62 anni, nel maggio del 2021 ha raccontato di aver subito nei primi anni ’90 ripetuti tentativi di violenza da parte di quell’uomo, in seguito ai quali lei aveva deciso di licenziarsi. Il suo posto era stato preso dalla ventitreenne, figlia di due portinai originari di Clusone trasferitisi a vivere e a lavorare nel palazzo di Porta Romana a Milano dove abitava il premio Nobel Dario Fo. La donna ha spiegato di aver atteso così tanto tempo perché aveva paura di ritorsioni da parte del suo aggressore, anche ad anni di distanza.

Assolto l’ex fidanzato

Per il delitto della 23enne, trovata morta nella casa di famiglia in via Mazzini a Clusone, dove la ragazza stava trascorrendo alcuni giorni di vacanza, era stato assolto - nel marzo 1998 - l’ex fidanzato milanese, che a inizio indagine aveva passato quattro mesi in carcere. Il giovane nel’aprile 1997 era stato condannato a 24 anni in primo grado, sentenza poi ribaltata in appello e divenuta definitiva. Contro di lui alcuni indizi, poi caduti in secondo grado. Uno fra tutti, la lacca per capelli utilizzata dall’assassino per alimentare l’incendio del materasso su cui era adagiato il corpo di Laura. Per gli inquirenti non tutti potevano sapere che quello spray fosse un comburente, ma lui sì perché era un vigile del fuoco volontario. Quelli dello spray e del fuoco sono elementi tornati alla ribalta nella nuova indagine condotta dal pm Fabio Schininà e dalla polizia. La donna ha raccontato infatti che il suo molestatore in un’occasione avrebbe tentato di aggredirla impugnando una bomboletta e un accendino.

Torna il taxi giallo

L’altro collegamento fra delitto e racconto della testimone è un taxi giallo. L’auto di servizio, targata Milano (all’epoca circolavano ancora mezzi con vecchie targhe che contraddistinguevano le province di immatricolazione), era stata notata nei pressi della casa dei Bigoni la notte in cui Laura fu uccisa, ferma dalle 3,55 alle 4,25. Gli accertamenti dell’inchiesta dell’allora pm di Bergamo Maria Vittoria Isella e dei carabinieri non erano stati però in grado di condurre all’identità del taxista. La 62enne ha spiegato che il fratello del suo aggressore ai tempi aveva una taxi giallo.

Sono indizi suggestivi, ma allo stato dei fatti labili, incapaci finora di portare gli inquirenti lontano dal punto di partenza. Sono però stati in grado di far riemergere dal passato il giallo di Clusone. E in questi giorni, alla vigilia del trentesimo anniversario, la notizia è venuta a galla dopo che è apparsa sul quindicinale seriano Araberara. È stata la redazione del periodico a raccogliere nel 2021 una voce in valle e, dopo un certosino lavoro d’inchiesta, a risalire alla testimone. La quale alla fine ha accettato di parlare con i giornalisti del quindicinale. Lei ci ha messo 28 anni prima di uscire allo scoperto con le sue rivelazioni per timore di ritorsioni; il giornale ha atteso due anni prima di pubblicare lo scoop perché gli inquirenti avevano chiesto l’embargo nel timore di vedersi rovinare l’indagine.

A innescare la volontà di raccontare è stato un fatto di cronaca. Un imprenditore arrestato nel 2021 a Milano per abusi su alcune ragazze. Ad Araberara la donna ha confessato di aver subito un tentativo di violenza nel 1992 negli uffici comunali dove prestava servizio. Ha spiegato di aver denunciato l’episodio all’ufficio personale e ai giornali, ma di non aver ottenuto nulla e di essere stata così costretta a chiedere l’aspettativa e cambiare città. Ha inoltre fatto notare di non essere stata la prima collega a finire nelle mire del molestatore.

«Mi licenziai e arrivò Laura»

«Mi vennero i brividi quando a Clusone fu uccisa la ragazza milanese... Lei lavorava negli uffici dove c’era questo tipo - ha dichiarato ad Araberara -. Lei era la povera Laura Bigoni, che prese il mio posto dopo che io mi trasferii (...) Questo tipo era veramente pericoloso, ma la direttrice del personale ai tempi mi disse che era un bravo ragazzo ed era sempre presente sul lavoro». Al quindicinale la testimone ha raccontato anche l’episodio che interessa maggiormente agli inquirenti: «Quando mi aggredì aveva un accendino e una bomboletta. C’era una lampada, gliel’ho lanciata addosso urlando (...) Quando Laura è morta ho letto che avevano tentato di dare fuoco al materasso con la bomboletta».

All’epoca la donna aveva 34 anni, mentre l’aggressore qualcuno di meno. «Avevo i capelli rossicci, come Laura - è il racconto della donna -. (...) Lui vestiva in modo trasandato e una volta lo vidi arrivare con un taxi giallo. Parlando con una collega dissi “Certo che sembra che non abbia soldi, ma può permettersi di venire al lavoro in taxi. La collega mi rispose: “Suo fratello ha il taxi e quindi lo porta lui” (...) Quell’uomo mi aspettava, mi seguiva, mi insultava, mi inseguiva sulle scale, urlava che dovevo andare a vivere con lui (...) Me lo ritrovavo dappertutto, anche sotto casa (...) Qualche anno fa me lo vedo arrivare a... (omissis, nel paese dove si era trasferita col figlio adolescente, ndr). A quei tempi, non essendoci la legge sulla privacy, si sapeva tutto di tutti e quando andavamo in ferie dovevamo lasciare il recapito e il luogo di villeggiatura al coordinatore; quindi lui sapeva che Laura era a Clusone». Il nuovo fascicolo per omicidio è tuttora aperto in Procura. In questi due anni non sono state emesse misure cautelari.

Approfondisci l'argomento su L'Eco di Bergamo di sabato 22 luglio

© RIPRODUZIONE RISERVATA