A 30 anni presidente della Uildm: «La malattia non mi ha fermato»

LA STORIA. Matteo Gualandris, di Ponte San Pietro, impiegato contabile, da aprile 2025 è a capo della sezione bergamasca: «Ho imparato a battermi sempre per i miei diritti e quelli altrui».

C’è una generazione di giovani che non si accontenta di osservare, ma sceglie di fare. Di essere protagonista. Tra loro c’è Matteo Gualandris, 30enne di Ponte San Pietro, impiegato contabile e da aprile 2025 presidente della sezione bergamasca di Uildm - Unione italiana lotta alla distrofia muscolare. «Da sempre in Uildm», oggi guida la realtà che da oltre cinquant’anni promuove in Bergamasca progetti, servizi e iniziative per rispondere alle esigenze e ai bisogni concreti di chi vive con una malattia neuromuscolare (a oggi sostiene circa 140 famiglie). La missione? «Migliorare l’autonomia e l’autodeterminazione di queste persone, ma in generale di tutti coloro che hanno una disabilità, offrendo risposte che rendano più semplice la quotidianità», risponde Gualandris.

Il trasporto con mezzi attrezzati

Ne è un esempio il trasporto con mezzi attrezzati: «I nostri tre veicoli con la pedana elettrica, ad esempio, sono a disposizione anche degli anziani o delle persone con altre patologie che ne hanno bisogno», sottolinea. Accanto a questo, Uildm Bergamo garantisce supporto psicologico e accompagnamento. È stato inoltre creato uno sportello scolastico per gli studenti, perché «sappiamo - continua - che, anche in questo settore, ci sono tante difficoltà». La fisioterapia presso la sede non è più possibile, però «a breve nascerà, all’interno dell’ospedale Papa Giovanni XXIII, un ambulatorio dedicato alle patologie neuromuscolari, con la presenza di un’infermiera».

«La mia malattia mi impone dei limiti, ma non mi ha mai fermato»

Dietro all’energia e all’entusiasmo di Gualandris c’è un’esperienza personale che dà ancora più valore al suo impegno. Gualandris convive con una malattia congenita, la distrofia muscolare dei cingoli. Ma non è mai stata questa a definirlo. «È complicato perché, quando hai una patologia grave, sbatti la testa tante volte e su più fronti. Nella sfortuna, però, ho la fortuna di poter vivere una quotidianità abbastanza autonoma, anche se ho comunque bisogno dell’aiuto di mia mamma - spiega con semplicità -. La mia malattia mi impone dei limiti, ma non mi ha mai fermato. Mi ha insegnato a cercare soluzioni, a non arrendermi al primo ostacolo, a battermi sempre per i miei diritti e quelli altrui. Mi sono tolto tante soddisfazioni grazie alle amicizie, alla mia famiglia e alle passioni che ho. Oggi sono felice di quello che sono».
 Da queste consapevolezze e dalla tanta strada fatta nasce il desiderio di fare la differenza: «Sono entrato in Uildm Bergamo da piccolino, quando i miei genitori si sono rivolti all’associazione per domande e supporto - ricorda -. Da adolescente sono diventato volontariato e oggi eccomi qui, nella posizione di presidente». «Sono fiero di questo – confessa -, perché ci voglio mettere la faccia. Questo ruolo, al netto di ciò che devo ancora imparare, mi permette di dare il mio contributo. Credo in quello che faccio perché so bene che il mondo, in generale, è difficile. E lo è ancora di più per chi ha una disabilità».

Mettersi in gioco

La voce di Gualandris diventa così quella di chi, magari, non ce l’ha. Il suo impegno si trasforma in esempio. In un percorso che può ispirare ed essere intrapreso da altri giovani: «Non lo dico per presunzione - precisa -. Se posso farlo io, anche altri possono diventare protagonisti e attivarsi». Per Gualandris il volontariato è un modo concreto per aiutare chi ha bisogno («Sapere che ci sono associazioni come Uildm, per le famiglie, è fondamentale. Non bisogna mai avere paura o vergogna di chiedere aiuto»), ma anche per vivere pienamente la propria quotidianità: «Offre la possibilità di sentirsi realizzati, di mettersi in gioco. Non esiste tempo sprecato quando lo si dedica agli altri. Si conoscono persone, si creano relazioni, si lavora per obiettivi. E spesso – conclude con un sorriso - si riceve molto più di quanto si dà».

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