L'Amazzonia potrebbe non essere più il polmone verde della Terra

Incendi e deforestazione stanno incalzando in Amazzonia con un ritmo che non ha precedenti e che rischia di spingere il polmone verde del pianeta verso una soglia critica, un punto di non ritorno che potrebbe avere conseguenze sull’intero pianeta. Tanto che per il 2050 le proiezioni indicano che incendi e disboscamento illegali diventeranno i primi generatori di CO2 in Amazzonia. A lanciare l’allarme sono due studi pubblicati sulla rivista Science, che in modo indipendente hanno esaminato i dati sui profondi cambiamenti avvenuti nella foresta amazzonica negli ultimi anni, dovuti a una notevole intensificazione delle attività umane.

Considerata da sempre uno degli ecosistemi più vulnerabili e critici per garantire l’equilibrio dei cicli del carbonio e dell’acqua, nonché degli habitat di circa un terzo delle specie viventi finora note, la foresta pluviale dell’Amazzonia è sconvolta da cambiamenti che la stanno degradando progressivamente. Da entrambi gli studi emerge che incendi e deforestazione stanno producendo quantità di CO2 sempre maggiori, con serie conseguenza sulla biodiversità e sugli equilibri socioeconomici che ricadono sugli abitanti della foresta.

La superficie di foresta amazzonica attualmente degradata da incendi, disboscamento e siccità è pari al 38% di quello che complessivamente resta dell’Amazzonia, si legge nella ricerca il cui primo autore è David M. Lapola, del Centro di ricerca meteorologica e climatica applicata all'agricoltura (Cepagri), dell’Università brasiliana di Campinas. La degradazione della foresta, rilevano gli autori della ricerca, si traduce per esempio in una riduzione del 34% della quantità di acqua che passa dal suolo all’aria per effetto della traspirazione attraverso le piante e l’evaporazione dal terreno (evapotraspirazione). Questo effetto, a sua volta, finisce per impoverire la biodiversità e per modificare il paesaggio, generando in questo modo anche una forte disomogeneità socioeconomica. Le proiezioni, scrivono i ricercatori, indicano che il degrado continuerà a essere un’importante fonte di emissioni di CO2, indipendentemente dalla deforestazione.

“L’Amazzonia si trova attualmente in una fase di rapida transizione da una paesaggio costituito in gran parte da foreste a un paesaggio senza foreste”, si legge nel secondo articolo , il cui primo autore è James S. Albert, dell’Università americana della Louisiana a Lafayette. “Questi cambiamenti stanno avvenendo troppo rapidamente perchè le specie che vivono in Amazzonia, le persone e gli ecosistemi riescano a reagire e ad adattarsi”, scrivono ancora i ricercatori. Riferendosi ai risultati del rapporto del Panel scientifico per l’Amazzonia (Spa) del 2021, i ricercatori rilevano che l’Amazzonia sta cambiando a una velocità superiore da centinaia a migliaia di volte rispetto ai cambiamenti naturali osservati finora. “Mentre ci avviciniamo a un punto di svolta irreversibile per l'Amazzonia, la comunità globale deve agire adesso. Le politiche per prevenire le conseguenze peggiori sono state identificate e realizzarle è solo una questione di volontà politica”. La posta in gioco, concludono, è altissima per tutti perché "il fallimento dell'Amazzonia significa il fallimento della biosfera e della capacità di agire, a nostro rischio e pericolo".

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