400 morti su 40mila abitanti: test per tutti
Il grido d’aiuto della Valle Brembana

I n alcuni comuni mortalità aumentata del 2000% . Il sindaco di San Giovanni Bianco, Marco Milesi, chiede il test sierologico per tutti gli abitanti della valle per poter far ripartire un territorio montano che già prima del coronavirus era fortemente in crisi.

Insime alla Cisl che chiede il test sierologico in tutta la provincia, anche il sindaco di San Giovanni Bianco Marco Milesi ha scritto una lettera alle istituzioni affinchè sia eseguito uno screening a tappeto nella valle affinchè si possa riprendere a produrre senza rischiare di tornare a far alzare il contagio. Per poter far ripartire un territorio montano già svantaggiato prima del virus, ed ora ancora più preoccupantemente in crii. Eccola

«Egregi, da Sindaco del Comune di San Giovanni Bianco, Valle Brembana, Provincia di Bergamo, desidero inviarVi la presente al fine di poter proporre per il territorio che amministro, duramente colpito dall’emergenza, uno spunto di riflessione che mi auguro possa essere preso in considerazione al fine di poter permettere ai cittadini che lo abitano di poter guardare avanti con maggiore speranza.

La Valle Brembana, in provincia di Bergamo, così come la Val Seriana, è stata una delle prime zone colpite dalla diffusione del virus Covid-19 ed è stata anche una delle zone che ha visto spiegarsi gli effetti più devastanti di tale diffusione: un numero elevato di contagiati e di morti.

Basti pensare che in un mese nei nostri comuni abbiamo avuto la mortalità di un intero anno. Su un territorio di circa 40.000 abitanti, registrare quasi 400 decessi nel solo mese di marzo è stato straziante, ma rende l’idea di quanto questa valle abbia e stia soffrendo, anche se lo ha fatto nel silenzio senza balzare alle cronache. In molti comuni abbiamo registrato, sempre nel mese di marzo, un aumento del 2.000% dei decessi rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.

Ora la situazione sta migliorando dal punto di vista sanitario, ma è necessario definire immediatamente una strategia per affrontare le prossime settimane.

Ai giorni nostri siamo abituati a parlare degli eventi suddividendo temporalmente i fatti nel “pre” e nel “post” di ogni accadimento. Questa volta è diverso, tra il “pre” e il “post” c’è anche il “mentre”. Ed il “mentre” lo sentiamo proprio come un macigno sulle nostre comunità, perché sembrerà durare in eterno, fino a quando non verrà definita una strategia chiara di ripartenza. Ed è il “mentre” che da amministratore mi preoccupa, per la comunità di San Giovanni Bianco e per tutte le comunità della Valle Brembana.

Già avevamo persone sole e incapienti nel “pre”, già avevamo problemi di alcolismo e di tossicodipendenza, già scontavamo difficoltà logistiche e un grado di scolarizzazione inferiore: ma la prospettiva, se non costruiamo da subito il “post”, lasciando che le cose si risolvano per conto loro e non ci diamo una mossa per dirigerle dove vogliamo noi, la nostra Valle risulterà dopo questa esperienza ancora più in difficoltà e vedrà aumentato il gap verso gli altri territori, che avranno maggiori possibilità di recuperare. Perciò per non lasciare che la Valle Brembana debba rincorrere ancora di più per poter, faticando, cercare di tenere il passo, potrebbe sicuramente essere d’aiuto per questo territorio essere coinvolto in un test sierologico, sottoponendo tutti gli abitanti ed operatori del territorio.

Sarebbe un modo per aiutare tutti: l’ambito sanitario a gestire e curare in modo puntuale i positivi, gli amministratori a lavorare su strategie di ripartenza, gli imprenditori, gli artigiani e gli operatori commerciali a rialzare le loro saracinesche, la scuola a portare avanti la sua fondamentale missione. La proposta potrebbe essere quella di sottoporre tutti i nostri concittadini ad un’analisi accurata, standardizzata, che potrà accertare finalmente ed in modo chiaro quante persone abbiano già avuto il contagio e l’abbiano superato con successo, quante persone l’abbiano in corso, quante persone non l’abbiano mai avuto.

Questa è la base fondamentale di conoscenza per poter agire con responsabilità e su cui ripartire: non ci interessa che si chiami fase 2 o 3 o mille. Basta che non stiamo fermi sempre alla fase 1. Chi ha già avuto il contagio e non è più portatore sano potrà contribuire a riavviare i contatti sociali, la cura delle persone, la scuola, la sanità, il lavoro; a chi ha in corso il contagio sarà richiesta una quarantena stretta ed isolata, ma continuamente monitorato nella salute e accudito per quanto possibile nei bisogni (che non sono solo quelli primari), per tempi certi e non come un “fine pena mai”; a chi non ha avuto contatto con il virus Covid-19 si forniranno specifiche indicazioni e le opportune protezioni e ognuno deciderà responsabilmente cosa fare: ci sarà chi preferirà continuare a restare in casa, chi vorrà affrontare un rischio ormai ridotto.

La Valle Brembana è geograficamente e socialmente adatta ad un simile test nazionale: una popolazione relativamente modesta, circa 40.000 persone. Un territorio delimitato dalle Prealpi ed Alpi Orobie e con poche vie d’ingresso e di uscita (in questo caso uno svantaggio si trasforma in vantaggio). Una popolazione che rispecchia, accentuandola, la caratteristica di invecchiamento e denatalità della nazione Italia; la presenza di medie industrie, di molte piccole imprese commerciali ed artigianali, di un ospedale vallare e di varie RSA. Quindi con tutte le caratteristiche per fare un’indagine veloce ma attendibile che potrà essere utile per l’Italia.

E mentre, velocemente, ci si attrezza e si esegue il test per capire la situazione sanitaria attuale, bisognerà agire: prepariamo l’ ospedale con una organizzazione completamente diversa (considerando quindi il rischio biologico e percorsi ed aree diversificate); cerchiamo di risolvere il problema delle RSA; prepariamo la ripartenza delle scuole: abbiamo nei nostri paesi scuole piccole e di medie dimensioni, scuole di montagna che sono state chiuse per mancanza di alunni: le riapriamo man mano con gli insegnanti e gli studenti del territorio che hanno avuto il test negativo e non sono portatori del virus. Anche i negozianti, i piccoli commercianti sono stati nostri eroi in questa occasione: consentiamo loro più flessibilità nel gestire le aperture, riconosciamo quanto hanno fatto con la spesa a casa alle famiglie, diamogli un incentivo.

E poi, man mano il peso si farà più leggero, l’emergenza diventerà un modo responsabile di gestire la nostra vita: apriremo i nostri cimiteri, perché i morti vanno onorati, la nostra pista ciclabile, percorsa con maturità e responsabilità, apriremo i sentieri e le nostre montagne, che sono un sollievo per il corpo e per la mente. Sembrano quasi bestemmie. Ma se guardiamo sempre in basso vedremo e assaggeremo solo polvere».

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