L’identikit dei contagiati in Bergamasca
Ecco tutti i dati Comune per Comune

Grazie ai dati della Regione è possibile individuare i profili a rischio. A Milano e Brescia è boom di tamponi sopra i 75 anni, non in Bergamasca.

Uomo, tra i 55 e i 65 anni, ammalato dalla prima settimana di marzo. In attesa delle indagini epidemiologiche - compito dell’istituto superiore di sanità - è questo l’identikit dei contagiati bergamaschi. Il coronavirus è entrato come una lama nelle comunità della provincia di Bergamo, che da oltre un mese piangono i propri cari, parenti e amici. Lo ribadiamo spesso: sono uomini e donne, non «solo» numeri da sciorinare durante le conferenze stampa delle 18. Le istituzioni tendono a dimenticarlo.

I morti sono migliaia, oltre diecimila i contagiati negli ospedali bergamaschi che hanno rischiato il collasso e che ancora oggi stanno combattendo. Dietro i freddi numeri c’è un’intera provincia che sta lentamente tornando alla normalità, sempre che il «dopo» si potrà definire ancora normalità. I dati però sono importanti, anzi fondamentali, per guardare avanti. E soprattutto per non ripetere gli sbagli commessi finora. Tra le tante parole che tutti hanno sentito almeno una volta nelle ultime settimane - curva epidemica, droplet, picco e plateau - ce n’è una più importante di altre: tampone faringeo. È il test per capire se una persona è positiva al coronavirus. Solo grazie al numero di tamponi eseguiti si può capire a che punto è l’epidemia e valutare se davvero si possono allentare le misure restrittive.

Ad oggi la capacità di Regione Lombardia non è sufficiente a monitorare in modo capillare il territorio perché i laboratori hanno raggiunto la capacità massima giornaliera. Sono stati fatti pochi tamponi, quasi solo alle persone ricoverate negli ospedali, e il risultato è che i numeri fotografano solo una parte della realtà. Questo avviene in particolare in provincia di Bergamo, dove i decessi ufficiali sono la metà rispetto ai reali e i contagiati - dicono gli esperti - sottostimati fino a trenta volte.

I dati di oltre diecimila contagiati sono comunque importanti per capire l’impatto del coronavirus in Bergamasca. Il database regionale aggiornato al 16 aprile è stato «liberato» dall’associazione OnData che lo ha messo a disposizione di ricercatori e giornalisti. Dall’analisi dei dati grezzi emerge che l’età media dei contagiati in provincia è di 64,6 anni, mentre quella delle persone che sono morte è di 76,5 anni. La fascia d’età più rappresentata è quella oltre i 75 anni con 3.429 contagiati, poi i 3.047 casi tra i 50 e i 64 anni. I minorenni risultati positivi al coronavirus sono 60, di cui 22 neonati. I 58enni, con 219 «sopravvissuti» totali, sono coloro che meglio hanno saputo combattere il virus.

Sempre riguardo all’analisi per fasce d’età, l’andamento nel tempo evidenzia il netto cambio di rotta nel monitoraggio. Nelle province di Milano e Brescia infatti si può notare un’impennata dei tamponi positivi sopra i 75 anni a partire dal 10 aprile. Una politica che invece non è stata adottata in provincia di Bergamo, dove l’andamento è sempre costante. Con questa differenza così sostanziale nelle scelte operate a livello territoriale si spiega l’aumento dei casi positivi nelle due province confinanti e il netto calo registrato in Bergamasca negli ultimi giorni.

Molto significativa dal punto di vista epidemiologico la distinzione di sesso: le donne malate sono il 41,3% del totale dei contagiati, gli uomini il 58,6%. Un divario che aumenta in modo sensibile analizzando i decessi. Le donne che hanno perso la vita sono infatti il 33% contro il 66% degli uomini. Il database svela anche le nazionalità dei contagiati: in provincia di Bergamo si sono ammalate 60 persone di nazionalità albanese, 57 rumeni, 47 originari del Marocco, 33 boliviani.

La diffusione territoriale conferma le sensazioni dei sindaci bergamaschi, che insieme ai medici sembrano essere le sentinelle più affidabili: da loro, a inizio marzo, era partito l’allarme sulla poca attendibilità dei decessi ufficiali, poi confermata dall’indagine lanciata da L’Eco. Sempre dai primi cittadini arriva la conferma che in alcune aree della provincia il contagio sembra essere in diminuzione, ovviamente al netto della ricorrente questione tamponi. A Nembro, Alzano Lombardo e Clusone, i tre Comuni più colpiti della Valle Seriana, i contagiati sono in netta discesa dall’inizio di aprile.

È bene ribadirlo: analizzando questi dati, soprattutto il calo dei contagi, non si può dedurre che il coronavirus se ne stia andando dalla provincia di Bergamo. Fare i tamponi è fondamentale per individuare i positivi e isolarli dalle persone sane per evitare che il contagio si diffonda. L’andamento nel tempo svela che oggi, qui, se ne stanno facendo meno rispetto alle altre province più colpite dall’epidemia.

I dati aggregati a livello provinciale

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