Il respiro dell’arte come terapia per curare se stesse

IL PROGETTO. Un percorso organizzato dall’Associazione «L’Arca di Leonardo» e pensato per le giovani accolte nelle comunità di «Agathà». Il ruolo della pittura.

L’arte può regalare un respiro anche a chi si trova in un momento difficile della propria vita. È quello che è accaduto con il progetto «Il respiro dell’arte» promosso e organizzato dall’Associazione L’Arca di Leonardo e pensato per le giovani accolte all’interno delle comunità dell’Associazione Agathà onlus. L’Arca di Leonardo è un’organizzazione di volontariato impegnata a promuovere e a sostenere progetti di utilità sociale rivolti a minori e anziani in stato di bisogno, per donare loro gioia e svago attraverso la condivisione di momenti spensierati. Lo fa realizzando progetti molto diversi tra loro (dalle esperienze in barca a vela ai corsi di teatro) e proponendoli con i propri volontari a realtà come le comunità o le Rsa. «Il respiro dell’arte» nasce da un precedente progetto che lo scorso anno l’associazione aveva proposto proprio alle ragazze di Agathà: «Durante il progetto “La bellezza nei sensi”, un percorso di educazione all’uso dei cinque sensi, eravamo stati in visita all’Accademia Carrara e alcune ragazze avevano palesato l’interesse a proseguire con delle attività legate al mondo dell’arte», racconta la volontaria project leader Federica Pizzaballa. Il team dei quattro volontari ha accolto questo desiderio e ha pensato ad un progetto che mettesse al centro l’arte ma che permettesse alle ragazze di viverla in modo diretto oltre che di esprimere sé stesse.

«Abbiamo unito all’arte la parola respiro perché pensiamo che l’arte possa rappresentare un momento di leggerezza per aiutare a trovare una centratura nel proprio percorso di vita. Nell’anno in cui Bergamo è Capitale della Cultura insieme a Brescia ci è sembrato azzeccato». L’iniziativa ha preso il via nel mese di febbraio con un laboratorio al Centro Meta del Patronato San Vincenzo dove otto ragazze di Agathà hanno potuto esprimere sé stesse attraverso l’intaglio del legno e poi con l’uso della pittura. Dopo questo avvio le ragazze hanno partecipato un incontro di arteterapia condotto da una volontaria di Arca di Leonardo, durante il quale hanno potuto esprimere attraverso i colori quello che hanno dentro.

La prova dell’autonomia

«Abbiamo anche pensato che questo percorso potesse essere per loro un’occasione per sperimentarsi in forme di autonomia, così le abbiamo portate a Milano per la visita Brera Segreta, chiedendo di muoversi con i mezzi e di orientarsi in una grande città». Il percorso si è poi intrecciato direttamente con una delle iniziative del cartellone di Capitale della Cultura: le ragazze insieme ad alcune volontarie hanno preso parte ad un laboratorio con Kaarina Kaikkonen nel progetto «Il Mantello di Arlecchino» e hanno dato il proprio contributo per la realizzazione dell’opera d’arte urbana. Il percorso si è concluso la scorsa settimana con l’ultimo di un ciclo di sei appuntamenti con l’artista Manuel Bonfanti che ha proposto alle ragazze una mini-academy durante la quale ciascuna ha potuto esprimere il proprio potenziale. In vista dell’autunno i volontari di Arca di Leonardo stanno già progettando uno spin-off del progetto con la visita ad una delle mostre esposte nella città di Brescia. Sessanta le ore totali di tutto questo percorso, interamente finanziato da Arca di Leonardo anche attraverso raccolte fondi con aziende profit che hanno scelto di sostenere esperienze come questa.

Libere di esprimersi

«Il compito di noi volontari non è stato solo quello di progettare e costruire il percorso, ma è stato soprattutto quello di accompagnare le ragazze, di incoraggiarle e di aiutarle a sentirsi libere di esprimersi. L’arte ha permesso di creare un clima in cui ciascuna di loro si è davvero sciolta, essendo se stessa fino in fondo». Un’occasione di confronto e dialogo mediata, che ha permesso di far emergere le storie, i vissuti e le emozioni di ciascuna. «Alcune di loro hanno espresso dei veri e propri talenti, che speriamo che possano continuare a coltivare».

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