La Bergamasca si trova in una fase decisiva per la gestione delle proprie cave, mentre la Lombardia resta la regione con il maggior numero di siti estrattivi in Italia. Secondo i dati Open Data Lombardia aggiornati a luglio 2025, sul territorio regionale sono presenti 616 cave, e Bergamo con 92 siti è la seconda provincia dopo Brescia. Una concentrazione che riflette il peso del settore sabbia-ghiaia e dei materiali destinati all'industria, comparto che continua a modellare il paesaggio e a incidere sulle dinamiche ambientali.Il nuovo Piano delle Attività Estrattive della Provincia di Bergamo, avviato nel 2024, punta a dare ordine e visione a un settore rimasto per anni senza un quadro aggiornato. Gli uffici hanno completato la fase conoscitiva: stima dei fabbisogni, individuazione dei giacimenti e analisi territoriale, svolta da specialisti della geologia bergamasca. Una prima restituzione pubblica si è tenuta nel maggio 2025 all'Auditorium Ermanno Olmi, coinvolgendo Comuni, Comunità Montane, Parchi e rappresentanze del mondo produttivo.Il contesto lombardo mette però in evidenza un nodo strutturale: il rendimento economico delle cave è molto basso rispetto ai volumi estratti. Su scala regionale il canone versato dagli operatori genera poco più di 8 milioni di euro, mentre – secondo le stime del dossier di Legambiente – con un sistema simile a quello britannico, basato sul 20% del prezzo di vendita, si arriverebbe a circa 19,4 milioni. Un divario che alimenta il dibattito sulla necessità di aggiornare criteri e regole, evitando una gestione frammentata tra province.Per Bergamo la tabella di marcia è chiara: l'obiettivo è portare il Piano in Consiglio Provinciale entro metà 2026 e chiudere l'iter entro la fine dell'anno. Intanto il settore resta sotto osservazione anche sul fronte della legalità, alla luce delle recenti operazioni in cave irregolari nel Bresciano, che confermano la necessità di controlli costanti.Il servizion di Paola Abrate
La Bergamasca si trova in una fase decisiva per la gestione delle proprie cave, mentre la Lombardia resta la regione con il maggior numero di siti estrattivi in Italia. Secondo i dati Open Data Lombardia aggiornati a luglio 2025, sul territorio regionale sono presenti 616 cave, e Bergamo con 92 siti è la seconda provincia dopo Brescia. Una concentrazione che riflette il peso del settore sabbia-ghiaia e dei materiali destinati all'industria, comparto che continua a modellare il paesaggio e a incidere sulle dinamiche ambientali.Il nuovo Piano delle Attività Estrattive della Provincia di Bergamo, avviato nel 2024, punta a dare ordine e visione a un settore rimasto per anni senza un quadro aggiornato. Gli uffici hanno completato la fase conoscitiva: stima dei fabbisogni, individuazione dei giacimenti e analisi territoriale, svolta da specialisti della geologia bergamasca. Una prima restituzione pubblica si è tenuta nel maggio 2025 all'Auditorium Ermanno Olmi, coinvolgendo Comuni, Comunità Montane, Parchi e rappresentanze del mondo produttivo.Il contesto lombardo mette però in evidenza un nodo strutturale: il rendimento economico delle cave è molto basso rispetto ai volumi estratti. Su scala regionale il canone versato dagli operatori genera poco più di 8 milioni di euro, mentre – secondo le stime del dossier di Legambiente – con un sistema simile a quello britannico, basato sul 20% del prezzo di vendita, si arriverebbe a circa 19,4 milioni. Un divario che alimenta il dibattito sulla necessità di aggiornare criteri e regole, evitando una gestione frammentata tra province.Per Bergamo la tabella di marcia è chiara: l'obiettivo è portare il Piano in Consiglio Provinciale entro metà 2026 e chiudere l'iter entro la fine dell'anno. Intanto il settore resta sotto osservazione anche sul fronte della legalità, alla luce delle recenti operazioni in cave irregolari nel Bresciano, che confermano la necessità di controlli costanti.Il servizion di Paola Abrate
La Bergamasca si trova in una fase decisiva per la gestione delle proprie cave, mentre la Lombardia resta la regione con il maggior numero di siti estrattivi in Italia. Secondo i dati Open Data Lombardia aggiornati a luglio 2025, sul territorio regionale sono presenti 616 cave, e Bergamo con 92 siti è la seconda provincia dopo Brescia. Una concentrazione che riflette il peso del settore sabbia-ghiaia e dei materiali destinati all'industria, comparto che continua a modellare il paesaggio e a incidere sulle dinamiche ambientali.Il nuovo Piano delle Attività Estrattive della Provincia di Bergamo, avviato nel 2024, punta a dare ordine e visione a un settore rimasto per anni senza un quadro aggiornato. Gli uffici hanno completato la fase conoscitiva: stima dei fabbisogni, individuazione dei giacimenti e analisi territoriale, svolta da specialisti della geologia bergamasca. Una prima restituzione pubblica si è tenuta nel maggio 2025 all'Auditorium Ermanno Olmi, coinvolgendo Comuni, Comunità Montane, Parchi e rappresentanze del mondo produttivo.Il contesto lombardo mette però in evidenza un nodo strutturale: il rendimento economico delle cave è molto basso rispetto ai volumi estratti. Su scala regionale il canone versato dagli operatori genera poco più di 8 milioni di euro, mentre – secondo le stime del dossier di Legambiente – con un sistema simile a quello britannico, basato sul 20% del prezzo di vendita, si arriverebbe a circa 19,4 milioni. Un divario che alimenta il dibattito sulla necessità di aggiornare criteri e regole, evitando una gestione frammentata tra province.Per Bergamo la tabella di marcia è chiara: l'obiettivo è portare il Piano in Consiglio Provinciale entro metà 2026 e chiudere l'iter entro la fine dell'anno. Intanto il settore resta sotto osservazione anche sul fronte della legalità, alla luce delle recenti operazioni in cave irregolari nel Bresciano, che confermano la necessità di controlli costanti.Il servizion di Paola Abrate
La Bergamasca si trova in una fase decisiva per la gestione delle proprie cave, mentre la Lombardia resta la regione con il maggior numero di siti estrattivi in Italia. Secondo i dati Open Data Lombardia aggiornati a luglio 2025, sul territorio regionale sono presenti 616 cave, e Bergamo con 92 siti è la seconda provincia dopo Brescia. Una concentrazione che riflette il peso del settore sabbia-ghiaia e dei materiali destinati all'industria, comparto che continua a modellare il paesaggio e a incidere sulle dinamiche ambientali.Il nuovo Piano delle Attività Estrattive della Provincia di Bergamo, avviato nel 2024, punta a dare ordine e visione a un settore rimasto per anni senza un quadro aggiornato. Gli uffici hanno completato la fase conoscitiva: stima dei fabbisogni, individuazione dei giacimenti e analisi territoriale, svolta da specialisti della geologia bergamasca. Una prima restituzione pubblica si è tenuta nel maggio 2025 all'Auditorium Ermanno Olmi, coinvolgendo Comuni, Comunità Montane, Parchi e rappresentanze del mondo produttivo.Il contesto lombardo mette però in evidenza un nodo strutturale: il rendimento economico delle cave è molto basso rispetto ai volumi estratti. Su scala regionale il canone versato dagli operatori genera poco più di 8 milioni di euro, mentre – secondo le stime del dossier di Legambiente – con un sistema simile a quello britannico, basato sul 20% del prezzo di vendita, si arriverebbe a circa 19,4 milioni. Un divario che alimenta il dibattito sulla necessità di aggiornare criteri e regole, evitando una gestione frammentata tra province.Per Bergamo la tabella di marcia è chiara: l'obiettivo è portare il Piano in Consiglio Provinciale entro metà 2026 e chiudere l'iter entro la fine dell'anno. Intanto il settore resta sotto osservazione anche sul fronte della legalità, alla luce delle recenti operazioni in cave irregolari nel Bresciano, che confermano la necessità di controlli costanti.Il servizion di Paola Abrate