Un minivan per girare l’Australia
Giovanni, da Arcene a Melbourne

di Fabiana Tinaglia
Spirito libero e voglia di avventura. E allora basta un minivan per girare l’Australia. Lo ha pensato Giovanni Ferron che 5 anni fa ha comprato un biglietto di sola andata per Perth. E si è dato un tempo: un anno per scoprire un mondo lontano.

Spirito libero e voglia di avventura. E allora basta un minivan per girare l’Australia. Lo ha pensato Giovanni Ferron che 5 anni fa ha comprato un biglietto di sola andata per Perth. E si è dato un tempo: un anno per scoprire un mondo lontano, migliorare l’inglese, ma soprattutto imparare ad arrangiarsi. Non così semplice in questa epoca di «bamboccioni», lui poi abituato a vivere con una famiglia ricolma d’affetto condito da brasato e polenta tutte le domeniche a pranzo. E così, con la fidanzata di sempre, Laura Tronchi, Giovanni saluta Arcene e parte. Ma quell’anno è diventato un tempo indeterminato, perchè lui, adesso, è cittadino australiano a tutti gli effetti, mentre programma siti web per un’azienda di comunicazione di Melbourne, gioca a ping pong tra una stringa di codice e l’altra, fa gran giri in bicicletta e si gode il clima mite della «città più europea dell’Australia».

Uno smanettone, Giovanni, in gergo giovanile si dice così: a 21 anni, ancora iscritto a Informatica a Milano, ha iniziato a lavorare per l’allora neonata «Bergamo On Line», passando poco dopo a Milano per Mtv. Un’esperienza importante, che lo rende più cosmopolita, mentre va a spasso per l’Europa con lo zaino in spalla e si sente pronto a un viaggio più lungo: «A 28 anni sono partito con un visto di un anno, il “Working holiday”, che permette di lavorare e visitare il Paese: era perfetto per me e Laura». Ma non tutto è stato così semplice come può sembrare: «Il nostro inglese non era sufficiente neppure per servire ai tavoli di un pub. La gente era gentile, i datori di lavoro disponibili ma noi non abbastanza preparati. In più era bassa stagione e le offerte di lavoro scarseggiavano. Con base in un ostello di Perth, e senza alcun contatto italiano, abbiamo cercato per un mese una qualsiasi attività, anche la più modesta, ma non c’erano aperture».

Giovanni, però, non è uno che si lascia abbattere facilmente: «No, proprio no, e poi un anno era ancora lungo, tutto da vivere. Così abbiamo comprato un minivan dove poter anche dormire e abbiamo raggiunto Darwin».

Qui il lavoro si trova: «La mattina pulivamo le camere di un hotel e la sera in un ristorante facevamo i “runner”: dalla cucina passavamo i piatti pronti al cameriere di sala». Niente contatti con il pubblico: «Sempre a causa del nostro inglese troppo scolastico – spiega –. Non sono stati giorni facili: eravamo stanchi e con pochi soldi ma dopo un mese di risparmi e di vesciche ai piedi siamo ripartiti». Attraversato il deserto arrivano a Melbourne: «E qui scopriamo la vera Australia e troviamo la stabilità: mi mancava il lavoro di programmatore. Mentre rifacevo i letti nelle stanze di albergo e vedevo quei piatti di spaghetti che tutto sembravano fuorché cibo italiano mi sono deciso: dovevo provare a cercare la mia vera strada». E in una settimana Giovanni ce la fa: «Metto un annuncio in un sito di cerco-lavoro e finisco alla “Dmj Radio”, stazione radiofonica nazionale: Mtv nel curriculum mi ha avvantaggiato e da lì la strada è stata in discesa». Mentre Laura studia e si forma come grafica e illustratrice, Giovanni acquisisce il visto di lavoro temporaneo e testa nuove esperienze: «Vado a lavorare per Camp Australia, programmo database per l’organizzazione per il pre e post scuola dei bambini, attività incentivate dallo Stato australiano per sostenere le famiglie con figli».

È questa l’azienda che «sponsorizza» la residenza del bergamasco: «Passo i test d’inglese e lo Stato riconosce, su indicazione del mio datore di lavoro, la mia utilità professionale per la nazione. Da qui acquisisco anche garanzie sanitarie e accedo a fondi di studio».

Mentre nel weekend scopre una città che lo fa innamorare: «Il clima mite, la sua organizzazione, l’alta qualità della vita, senza frenesia, con un’organizzazione efficiente e un arricchimento culturale. Qui natura e storia vanno a braccetto». E non se la dimentica più l’emozione provata appena sbarcato a Perth: «Quella infinita estensione di natura». Ma ogni tanto si volta indietro, soprattutto adesso che la sua vita sta affrontando un nuovo step. Laura è tornata in Europa, Giovanni sta traslocando in un appartamento che condividerà con altri tre ragazzi australiani e sta lavorando in una nuova azienda: «The Royals, un’agenzia di comunicazione molto moderna e dinamica: a 33 anni sono il più vecchio, roba da non crederci se si pensa all’Italia…» dice lui che in Skype ti fa un gran sorriso, con il suo piercing al sopracciglio, la t-shirt e i bermuda: «Qui guardo il cielo blu e sono sereno: al lavoro l’atmosfera è friendly (amichevole, ndr), abbiamo il tavolo da ping pong, lavoriamo con ottimi risultati, ma nessuno controlla le pause caffè. La birra è gratis, posso andare in ufficio in infradito, e la sera bastano due chiacchiere al pub sotto un cielo stellato per sentirsi felici».

Ad Arcene e alla nebbia non ci pensa: «Con Skype vedo e parlo con la mia famiglia, che mi manca. Mia madre inizia ogni conversazione con la solita domanda: quando torni? Ma Melbourne è la mia vita, qui ho trovato il giusto equilibrio anche se ripenso ai tuffi nel Serio, le sciate con gli amici, le sagre d’estate a mangiar casoncelli». In Australia però ha un lavoro stimolante e ben pagato, l’indipendenza, il sogno che si è realizzato. Tra una stringa di programmazione e l’altra, lui continua a smanettare, testare nuove tecnologie, inventarsi nuovi siti che mette online sul suo sito gvnn.it. «La tecnologia mi ha portato qui e mi ha reso quello che sono. Da ragazzetto esuberante a Bergamo On Line ora sono sicuramente più consapevole, più responsabile, ma quella vena di pazzia non me la scrollo di dosso». Quello spirito libero che lo lascia senza fiato davanti ai grandi spazi dell’Australia. E l’inglese adesso come va? «Ora mi dimentico le parole in italiano». E poi ride: «Però il bergamasco no, quello me lo ricordo alla perfezione»


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