
Cronaca
Martedì 09 Febbraio 2010
Il presidente del Cai, Annibale Salsa:
No alla militarizzazione della montagna
Salsa dichiara: «La montagna è uno spazio di libertà e non di coercizione, come tale comporta un elevato senso di responsabilità e abbisogna di conoscenza e competenza. Tutto ciò non può portare ad una regolamentazione totale della frequentazione perché questo comporterebbe uccidere la libertà di accesso che è uno dei capisaldi dell'alpinismo e della frequentazione della montagna. L'irresponsabilità di alcuni non può essere pagata da tutti gli altri».
«La sicurezza in montagna - prosegue Salsa - non aumenta con le sanzioni o con il carcere per chi provoca valanghe, ma solo attraverso il lavoro di formazione, prevenzione, informazione svolto con l'ausilio del CAI, delle Guide alpine, del Soccorso alpino e speleologico e dei professionisti e degli abitanti della montagna. Ciò non significa essere aprioristicamente contrari a norme per il miglioramento della sicurezza in montagna, ma per la loro stesura non si può prescindere dal coinvolgimento del CAI, del Soccorso Alpino e Speleologico, delle Guide alpine e a quanti vivono e operano in montagna».
Il presidente generale del CAI sottolinea inoltre che «il CAI e il mondo della montagna non possono accettare una norma che, forse dettata dall'emozione, costringe a casa alpinisti, sciatori ed escursionisti, e che porta una militarizzazione delle Terre Alte. Anche l'anno scorso, sempre sull'onda dell'emotività dovuta anche in quel caso a vittime di valanghe, qualcuno aveva proposto l'istituzione di un fantomatico patentino che abilitava ad andare in montagna individuando il CAI come ente preposto a rilasciarlo, e prefigurando l'impiego delle forze dell'ordine per controllare gli accessi».
«Anche allora - conclude Salsa - abbiamo espresso la nostra contrarietà a qualsiasi patentino che non rientra in alcun modo nella filosofia e nella missione del Club Alpino Italiano – e a ogni tentativo di limitazione, sanzione eccessiva, militarizzazione della montagna».
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