Il presidente del Cai, Annibale Salsa:
No alla militarizzazione della montagna

«Gli appassionati di montagna non sono degli irresponsabili. Non lasciamoci prendere dall'emotività. La montagna è, e deve continuare ad essere un luogo di libera frequentazione, un norma come quella proposta nell'emendamento del Governo al Decreto sulle emergenze in discussione al Senato non è accettabile dal CAI e dal mondo della montagna». È quanto sostiene il presidente generale del Club Alpino Italiano, Annibale Salsa, in merito alla presentazione di un emendamento del Governo al Decreto legge sulle emergenze in discussione al Senato.

Salsa dichiara: «La montagna è uno spazio di libertà e non di coercizione, come tale comporta un elevato senso di responsabilità e abbisogna di conoscenza e competenza. Tutto ciò non può portare ad una regolamentazione totale della frequentazione perché questo comporterebbe uccidere la libertà di accesso che è uno dei capisaldi dell'alpinismo e della frequentazione della montagna. L'irresponsabilità di alcuni non può essere pagata da tutti gli altri».

«La sicurezza in montagna - prosegue Salsa - non aumenta con le sanzioni o con il carcere per chi provoca valanghe, ma solo attraverso il lavoro di formazione, prevenzione, informazione svolto con l'ausilio del CAI, delle Guide alpine, del Soccorso alpino e speleologico e dei professionisti e degli abitanti della montagna. Ciò non significa essere aprioristicamente contrari a norme per il miglioramento della sicurezza in montagna, ma per la loro stesura non si può prescindere dal coinvolgimento del CAI, del Soccorso Alpino e Speleologico, delle Guide alpine e a quanti vivono e operano in montagna».

Il presidente generale del CAI sottolinea inoltre che «il CAI e il mondo della montagna non possono accettare una norma che, forse dettata dall'emozione, costringe a casa alpinisti, sciatori ed escursionisti, e che porta una militarizzazione delle Terre Alte. Anche l'anno scorso, sempre sull'onda dell'emotività dovuta anche in quel caso a vittime di valanghe, qualcuno aveva proposto l'istituzione di un fantomatico patentino che abilitava ad andare in montagna individuando il CAI come ente preposto a rilasciarlo, e prefigurando l'impiego delle forze dell'ordine per controllare gli accessi».

«Anche allora - conclude Salsa - abbiamo espresso la nostra contrarietà a qualsiasi patentino che non rientra in alcun modo nella filosofia e nella missione del Club Alpino Italiano – e a ogni tentativo di limitazione, sanzione eccessiva, militarizzazione della montagna».

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