Valdali in azione a Boccaleone:
imbrattato il mosaico dei disabili

«Un fatto assolutamente meschino e profondamente da condannare». Commenta così il consigliere del Pd della prima circoscrizione di Bergamo, Luca Giozzi l'atto vandalico con il quale, nella notte tra sabato 31 luglio e domenica 1° agosto, nel quartiere di Boccaleone è stato imbrattato un mosaico realizzato dai disabili.

Un episodio, scrive Giozzi, «che deve essere ancora una volta motivo di riflessione sull'educazione che stiamo dando ai nostri figli, sui modelli che stiamo offrendo alle nuove generazioni e sui valori su cui stiamo costruendo la nostra società».

Ignoti hanno imbrattato con delle scritte rosse il mosaico realizzato da un gruppo di disabili nel quartiere. Si tratta di un progetto, promosso due anni fa dagli educatori della Ca' Librata in collaborazione con l'Oratorio di Boccaleone, che aveva lo scopo di realizzare un mosaico che rappresentasse un sogno di San Giovanni Bosco, patrono dell'Oratorio.

«L'opera era il regalo che i diversamente abili, aiutati dai loro educatori e da un buon gruppo di volontari che via via si era aggiunto, offrivano all'intera comunità di Boccaleone, quale loro personale contributo alla realizzazione del nuovo Oratorio - racconta Giozzi -. Dopo mesi di lavoro e di fatiche, l'opera era ormai praticamente conclusa e tutti gli abitanti del quartiere apprezzavano la bellezza del mosaico, consapevoli delle ore di sudore che ogni tessera nascondeva e del forte significato umano e sociale che quest'opera rappresentava».

«Un vero e proprio scempio - continua il rappresentante del Pd -. Se è vero che ogni atto vandalico è da condannare, ancor di più questo gesto, per tutto ciò che quel mosaico significa, questo gesto è da denunciare apertamente. Quelle grandi scritte rosse poste volutamente per rovinare l'opera, sono ancora una volta il segno dell'ignoranza, della maleducazione e della stupidità dell'uomo, sono il segno del perverso divertimento di alcuni a danneggiare il “bello” dei nostri quartieri, vanificando il lavoro di altri, le loro ore di fatica e di sudore, ma soprattutto sono il sintomo di una società malata che non sa più rispettare e valorizzare il debole, che non è più capace di accogliere chi è in difficoltà».

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