Iva del gas al 21%, non è un errore
ma un'ulteriore tassa da pagare

Federconsumatori - si legge in un comunicato diffuso dall'associazione a tutela dei consumatori - è subissata di reclami da parte di consumatori che stanno ricevendo le fatture del gas consumato nel semestre scorso (IVA precedente al 20%) tassato con IVA «corrente» al 21%.

Federconsumatori - si legge in un comunicato diffuso dall'associazione a tutela dei consumatori - è subissata di reclami da parte di consumatori che stanno ricevendo le fatture del gas consumato nel semestre scorso (IVA precedente al 20%) tassato con IVA «corrente» al 21%.

Molte persone credono si tratti di un abuso fatto dai gestori che speculano sull'entrata in vigore del decreto governativo con il quale, dal 17 settembre scorso, è stata modificata la tassa in questione.

Federconsmatori chiarisce che non è così: anche se è vero che l'aumento dell'IVA, dal 20 % al 21%, previsto dalla manovra finanziaria, sta falcidiando i redditi familiari e colpisce anche i consumi di gas fatti prima dell'entrata in vigore del provvedimento ma ”fatturati” dal 17 settembre 2011.

Il problema si evidenzia perché, mentre l'aumento dell'IVA sui carburanti (che assieme al gas è passata dal 20 al 21%) lo si paga nel momento in cui si acquista, quello sul gas avviene quando viene emessa la bolletta. In questo modo, fatta salva l'applicazione dell'IVA al 10% sui primi 480 mc/anno, il restante consumo, a partire dall'ultima lettura del gas conteggiata, che può essere anche di sei mesi fa, è tutto fatturato con IVA al 21%.

I soldi pagati in più di quanto si credeva di dovere versare - conclude Federconsumatori - non vanno in tasca del gestore del servizio ma aumentano le entrate dello Stato: sono ulteriori tasse.

© RIPRODUZIONE RISERVATA