Ad Albino Bossi vecchio stile
«Secessione? Dico indipendenza»

Bossi arriva ad Albino e all'interno del centro sportivo si continua a parlare di secessione. «Chiamiamola indipendenza - dice il Senatùr - e il 22 gennaio troviamoci a Milano perché la battaglia è decisiva. Saremo liberi o schiavi».

Ritorno al passato per la Lega, tornata movimento di lotta. L'appuntamento è ad Albino, dove circa 400 fedelissimi inneggiano alla secessione in attesa del Senatùr, stimolati dal parterre che ospita tutti i dirigenti locali e da un effervescente Daniele Belotti, assessore all'urbanistica della Regione Lombardia, passato per una sera dal tifo da stadio a quello del centro sportivo, perchè «i padani - sostiene - sono gli unici a fare la politica non per interesse ma col cuore».

E ritorna al passato anche il presidente di via Tasso, Ettore Pirovano, che addirittura suggerisce di «vendere le Province del Sud a Gheddafi», dimenticandosi che nel frattempo qualcosa in Libia è cambiato, a cominciare dalla morte del raìs. Amarcord, si potrebbe definire la serata di ieri, con un sottofondo di vecchi e grevi slogan, dal «governo ladro» a «Roma ladrona». Pare quasi che degli anni al governo della Lega siano sparite le tracce. E poi, accolto come una star, appare l'Umberto - accompagnato dai due eccessivamente silenziosi ex ministri, Roberto Calderoli e Roberto Maroni -, un po' meno in forma di un tempo, ma pronto a sparare come prima contro tutto e contro tutti: «È una manovra cattiva, quella di Monti, perché colpisce solo i più deboli. E poi lui fa tutto quello che gli dice la sinistra. La solfa è la solita e il Nord è sempre il solo a dover pagare».

«Grazie a Monti e alla sinistra - ribadisce - sarà recessione di sicuro. Sarebbe stato meglio mettere un imprenditore al governo, piuttosto di un professore che sa dare solo lezioni». A proposito di imprenditori, Bossi è apparso più morbido con Berlusconi, «perché sta frenando Monti e ci ha aiutato con il federalismo». Ma poi ritorna con un nuovo attacco, ancora più sgradevole. Questa volta nel mirino del Senatùr ci finisce la Chiesa: «A Roma ce ne sono di furbacchioni, non solo i politici, anche il Vaticano. Tremonti ha sbagliato a lasciargli l'8 per mille. In questo modo i preti si siedono, si vedono arrivare soldi sicuri e non fanno più niente di benefico». Ne ha anche per l'Europa: «L'avevo capito dieci anni fa che sarebbe fallita. Ma credo nell'Europa dei popoli che cercano indipendenza e libertà e che non vogliono perdere il treno della Padania». A proposito del futuro della Lega, invece, tutto sembra top secret.

«Non posso dire nulla, ma nelle prossime settimane leggerete il nostro grande progetto sulle pagine della "Padania". Tutto il mondo si sta unendo a noi», conclude sibillino Umberto Bossi. E giusto per non farsi mancare nulla, dalla platea partono fischi all'indirizzo del presidente Napolitano («Tanto al Nord il tricolore non interessa» dice sempre Bossi) e qualche «vaffa» per il premier Monti. Intanto - almeno all'interno del centro sportivo di Albino - di secessione si continua a parlare. «Chiamiamola indipendenza - puntualizza il Senatùr - e il 22 gennaio troviamoci tutti a Milano perché la battaglia è quella decisiva. Saremo liberi o schiavi».

E promette pulizia anche all'interno del movimento: «Arriverà qualche stangata a qualche dirigente. Non abbiamo bisogno di chi cerca solo poltrone». A proposito di dirigenti, quelli presenti ieri si stanno mobilitando in vista del 22 gennaio: «La nostra base non è morta, ci segue come prima - ricordano il segretario provinciale Cristian Invernizzi e il presidente del Consiglio regionale, Davide Boni -, ma c'è bisogno di numeri, altrimenti dobbiamo sempre andare a pietire da qualcuno». E la chiusura è ancora di Bossi: «Inutile lamentarsi se ci tassano e poi starsene comodi a casa. Vi aspetto tutti a Milano perché questa è la battaglia decisiva e dopo Milano organizzatevi, perché ogni provincia dovrà ripetere la manifestazione».

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