Bossi contro Monti e Berlusconi
Ma resta la divisione con Maroni

Doveva essere una manifestazione di protesta contro il Governo Monti e l'occasione per rinsaldare alcune divisioni interne come quella tra Maroni e Reguzzoni, e invece si è trasformata in un «plebiscito» nei confronti di Maroni e nel lancio dell'ultimatum a Berlusconi.

Doveva essere una manifestazione di protesta contro il Governo Monti e l'occasione per rinsaldare alcune divisioni interne come quella tra Maroni e Reguzzoni, e invece si è trasformata in un «plebiscito» nei confronti dell'ex ministro dell'Interno e nel lancio dell'ultimatum nei confronti di Silvio Berlusconi.

La manifestazione indetta dalla Lega Nord a Milano (circa 75 mila i partecipanti secondo il coordinatore nazionale Roberto Calderoli, meno secondo i dati della Prefettura) si è aperta in mattinata da piazza Castello, da dove tutti i leader del Carroccio hanno guidato la lunga onda verde per le strade cittadine fino al convegno conclusivo in piazza Duomo.

Il clou della manifestazione, dopo gli interventi di alcuni leader di amministrazioni locali guidati dalla Lega, è stato l'intervento del leader del Carroccio Umberto Bossi. «Berlusconi non può rimanere con il piede in due scarpe e continuare a dialogare con noi e poi sostenere il Governo Monti - ha detto -. Se continuerà a dare la fiducia a questo Governo noi faremo cadere la Giunta in Lombardia in cui tutti i giorni arrestano un assessore. Formigoni sappia che il soldi sono della Regione sono dei lombardi».

Bossi ha anche avvisato il presidente del Consiglio a proposito dello scontento del «popolo padano» nei confronti delle sue riforme: «Monti stai attento. Qui non si scherza. Qui la gente ti viene a prendere a casa».

Critiche anche nei confronti del presidente della Repubblica, Giorgio Napoltano: «Ha deciso di mettere via un governo democraticamente eletto per chiamare un enatore a vita da lui stesso nominato. Non si fa così, Napolitano».

Il leader leghista ha infine cercato la stretta di mano tra l'ex capogruppo alla Camera Reguzzoni (fischiatissimo) e l'ex ministro dell'Interno Maroni, ma - nonostante il gesto conciliante del primo - Maroni ha ritratto la sua mano, di fatto contraddicendo le parole di Bossi che aveva definito «invenzioni giornalistiche le voci di divisioni all'interno della Lega».

Nonostante le richieste dei militanti, inoltre, Bossi non ha voluto dare la parola allo stesso Maroni raccogliendo una selva di fischi che i suoi fedelissimi hanno tentato di coprire gridando «Umberto, Umberto». A intervenire, prima di Bossi, erano stati invece il Governatore del Veneto Luca Zaia e il presidente della Regione Piemonte Roberto Cota.

Il governatore piemontese ha puntato il dito contro le liberalizzazioni: «Non colpiscono i centri di potere e i monopoli perché sono il Governo dei banchieri. Colpiscono soprattutto le piccole categorie, la gente che lavora. Spremono sempre di più il limone per fare il funerale alla Padania, ma non non lo permetteremo». Zaia ha invece definito Monti come lo «Sceriffo di Nottingham che controlla la foresta di Sherwood, la Padania, minando la libertà».

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA