Dov'è il cellulare di Yara?
«Trascurato» nelle indagini

Tace da quel 26 novembre 2010 in cui sparì la sua proprietaria. È muto da quel messaggio - «Ok» -, l'ultimo, ricevuto alle 18,49 dall'amica Martina, alla quale aveva appena ricordato l'appuntamento per la gara di ginnastica della domenica successiva.

Tace da quel 26 novembre 2010 in cui sparì la sua proprietaria. È muto da quel messaggio - «Ok» -, l'ultimo, ricevuto alle 18,49 dall'amica Martina, alla quale aveva appena ricordato l'appuntamento per la gara di ginnastica della domenica successiva.

Il telefonino «Lg» di Yara Gambirasio è sparito nel nulla: mai ritrovato, nonostante le battute a tappeto nella zona. La tredicenne, quando ne è stato scoperto il corpo nel campo di Chignolo il 26 febbraio del 2011, aveva in tasca la batteria e la scheda telefonica.

L'assassino s'è portato via il resto, comprensivo del codice Imei che potrebbe essere utile alle indagini, qualora il cellulare venisse riattivato con un'altra sim card e una nuova batteria. Incrociando i dati si potrebbe infatti risalire facilmente al proprietario della scheda telefonica appena inserita.

Ma non è successo in tutti questi mesi, segno che l'omicida se ne è sbarazzato lontano dalla zona di Brembate Sopra. In fondo, chi ha smontato il cellulare lo ha fatto presumibilmente per non lasciare tracce elettroniche dietro di sé: difficile che su questo compia passi falsi.

E se invece l'assassino si fosse macchiato almeno di una leggerezza? Se il cellulare fosse tornato a funzionare, magari anche a insaputa di chi se n'è disfatto? Sì, una remota evenienza sussiste. Potrebbe cioè essere che quel che resta dell'«Lg» di Yara sia finito all'estero.

Sono forse arzigogolii investigativi, d'accordo, ma non è una bestemmia ipotizzarli in un'inchiesta in cui si è corsi dietro pure ai medium e ai sogni di qualche adolescente. Insomma, non è escluso che possa rivelarsi un'operazione inutile, e però è pur sempre un dettaglio trascurato in un'indagine che invece s'è dimostrata zeppa di scrupoli.

Giusto giovedì 26 gennaio sulla dedizione degli investigatori al caso s'è speso anche il procuratore aggiunto Massimo Meroni che non si abbatte e si dice «fiducioso del fatto che ci possano essere novità rilevanti».

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