«Per rispetto di Sarnico
ho licenziato Vallanzasca»

«Mi scuso con Sarnico per tutto questo cancan. Per rispetto della sua gente, ho preso la mia decisione: venerdì ho inviato un fax al carcere di Bollate, chiedendo di interrompere il progetto. Da sabato Renato non verrà più nel negozio di Sarnico».

«Mi scuso con Sarnico per tutto questo cancan. Per rispetto della sua gente, ho preso la mia decisione: venerdì 24 agosto ho inviato un fax al carcere di Bollate, chiedendo di interrompere il progetto. Da sabato Renato non verrà più nel negozio di Sarnico». La frase esce tutta d'un fiato. Maria Fiore Testa si sente sotto assedio nel suo negozio di abbigliamento a due passi dal municipio di Sarnico. Per uscirne ha spedito il fax: «L'ho inviato al carcere - spiega al telefono - e agli organi competenti per chiedere che il contratto di prova venga revocato».

La donna parla lentamente, come a pesare le parole: «L'ho fatto per rispetto di Sarnico» aggiunge chiedendo di sottolineare il suo «grazie al sindaco, alle forze dell'ordine che da quando si è alzato tutto questo clamore mi sono sempre state accanto. A loro e a tutti dico che ho accolto il progetto per puro spirito di volontariato, come avevo già fatto in passato, dando lavoro a persone detenute».

Ora, però, basta assedio mediatico fuori dal negozio, stop ai commenti di chi veniva a ricordare come, con tutti i disoccupati che ci ritroviamo nei nostri paesi, Maria Fiore avesse assunto proprio un uomo con quattro ergastoli da scontare. Il rapporto lavorativo con l'ex boss della Comasina, dunque, sarebbe finito: così ha chiesto la titolare del negozio d'abbigliamento finito nell'occhio del ciclone.

«Vallanzasca lavorava qui con un contratto di prova, che prevede la revoca - aggiunge Maria Fiore -: abbiamo deciso di interromperlo». Con, pare, un gesto fulmineo e nemmeno troppo annunciato al diretto interessato: «Vallanzasca lo saprà al suo rientro in carcere» aggiungeva Testa nel ribadire come «tutto questo clamore non fa per me, non riesco più a lavorare, anzi, stiamo subendo un grave danno, anche in termini economici». Di qui la decisione, drastica, di darci un taglio.

A chi le contesta che quello di Renato Vallanzasca fosse un nome ingombrante fin dal primo giorno del suo lavoro da commesso (per di più nella Bergamasca dove aveva lasciato ferite aperte), lei risponde: «Beata ignoranza mia di non aver capito quanto clamore poteva suscitare. Volevo solo fare del bene, non ho pensato ad altro quando ho firmato questo contratto con il ministero della Giustizia - aggiunge la donna che per un paio d'anni è stata anche la segretaria dell'Asd Omero disabili visivi di Bergamo -. Ma ora non posso più vedere che fuori dalla vetrina arrivano i ragazzini a cercare Vallanzasca: gli si sta dando troppa importanza. E poi va bene pensare al volontariato, ma ora devo pensare alla mia famiglia e alla mia azienda».

«Tengo a sottolineare che Renato non c'entra niente con questa decisione, lui si è sempre comportato bene, sono io che forse non avevo ben misurato che il suo nome, purtroppo, si porta dietro troppo dolore e una notorietà che non gli dà scampo. Mi dispiace per tutto, adesso ho preso la mia decisione, che ho comunicato agli organi competenti, ovvero al responsabile del progetto reinserimento di Bollate».

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