«Yara, l'assassino si è ferito
Col taglierino s'è colpito un dito»

«Yara a tutti i costi. È l'unico grande caso ancora aperto» afferma il generale Enrico Cataldi, comandante del Racis, il Raggruppamento carabinieri investigazioni scientifiche di Roma presso la caserma Salvo D'Acquisto, dal quale dipendono i Ris.

«Yara a tutti i costi. È l'unico grande caso ancora aperto» afferma il generale Enrico Cataldi, comandante del Racis, il Raggruppamento carabinieri investigazioni scientifiche di Roma presso la caserma Salvo D'Acquisto, dal quale dipendono i Ris.

A margine di una visita di giornalisti scientifici Ugis ai laboratori del centro, il comandante sostiene che l'impegno scientifico in questi mesi è stato eccezionale. La raccolta di 8.500 dna da comparare con quello dell'assassino non ha precedenti nella pratica investigativa italiana, così come l'accuratezza del campionamento delle tracce biologiche sugli slip di Yara, che ha portato al ritrovamento del dna maschile.

«Tagliando la fascia dello slip col taglierino - spiega il comandante con l'aiuto delle proiezioni tecniche - dal basso verso l'alto, la dinamica del gesto ha portato chi l'impugnava a procurarsi una microlesione sul dito. È questa la traccia che è stata inseguita sul reperto, con una serie di proiezioni per poter individuare il punto dove il dna ha maggior scansione. Analizzate 16 zone, si è arrivati a uno dove la traccia di dna risulta ad alta dominanza maschile».

«Le caratteristiche del dna sono caucasiche ed escludono perciò una provenienza genetica africana». Il generale non ha dubbi: «L'assassino va ricercato in zona e a questo ci portano, a mio giudizio, sia i risultati dei campionamenti condotti sulla popolazione, considerato anche che i ceppi genetici sono abbastanza riconoscibili dato che per molti secoli nei paesi contadini ci si è sposati fra vicini, sia le circostanze degli eventi, sia la personalità e le abitudini di vita della vittima».

«Come ha evidenziato il lavoro della dottoressa Cattaneo dopo il ritrovamento dei resti di Yara, il corpo non è mai stato mosso di lì perché era solidale col terreno, vi è stato gettato da un mezzo, per allontanare la responsabilità, colpito con violenza ma per dolo d'impeto e non per premeditazione, tanto che l'assassino non ha neppure verificato la morte della vittima. Altre ipotesi non mi sembrano realisticamente sostenibili».

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