«L'Eco Lab» inizia a «riflettere»
Nabian: Bergamo raccolga la sfida

Oggi alle 20,45 al Centro Congressi Giovanni XXIII, debutta L'Eco Lab, la nuova iniziativa de L'Eco di Bergamo. I riflettori saranno puntati su Nashid Nabian, docente di Urban Informatic ad Harvard e ricercatrice al Mit di Boston è una delle massime esperti mondiali del settore.

di Dino Nikpalj

Oggi alle 20,45 al Centro Congressi Giovanni XXIII, debutta L'Eco Lab, la nuova iniziativa de L'Eco di Bergamo. Un progetto in collaborazione con l'Università e Ipsos. Sul palco, ad illustrarlo, ci saranno il direttore del nostro quotidiano, Giorgio Gandola, e Piera Molinelli, prorettore delegato all'Orientamento universitario.

L'intento de L'Eco Lab è mettere a fuoco 5 temi prioritari per il futuro della città e trattarli nell'ottica del modello Smart city: mobilità, urbanistica, ambiente, vivibilità e bellezza sono gli argomenti che verranno messi sotto la lente nei prossimi mesi, avvalendosi di diversi mezzi di comunicazione. Dal giornale al web, dalla televisione alla radio, passando per un blog che diventerà una sorta di piazza virtuale per confrontarsi.

Ma restando in tema di Smart city, stasera i riflettori saranno puntati su Nashid Nabian, docente di Urban Informatic ad Harvard e ricercatrice al Mit di Boston è una delle massime esperti mondiali del settore, in questi giorni a Bergamo.

Professoressa Nabian, di Smart city si comincia a discutere anche in Italia, anche se c'è chi lo considera qualcosa di astratto. Ci aiuta a calare il concetto nella realtà delle cose?
«Non lo vedo come concetto teorico o astratto, semmai come qualcosa di nuovo nelle sue modalità. Ma i temi compresi sono molto concreti».

Cosa s'intende per Smart city? Si parla di città intelligenti, che tendono all'efficienza e al risparmio di energia e risorse.
«Una città è tanto smart quanto più è efficiente nel raggiungere un determinato risultato. Sottolinerei due termini-chiave in questo processo: la sufficienza e l'efficienza delle risorse utilizzate. Quindi non dobbiamo stare né al di sotto né ovviamente al di sopra del necessario: avere ben presente le risorse disponibili e l'obiettivo da raggiungere».

In sostanza una scelta di priorità e di obiettivi?
«Esattamente, sulla base dei quali graduare le risorse».

Ma cosa intende per risorse?
«Guardiamo la città in una prospettiva storica: il fatto che ci sia un agglomerazione di persone e di capacità da far fruttare significa che, fondamentalmente, da sempre si sta cercando di operare in una dimensione smart. Tendendo cioè all'efficienza e facendo rendere al meglio quanto in proprio possesso».

Cosa cambia, quindi, oggi?
«Abbiamo nuove risorse da mettere a frutto».

Anche problemi, però...
«Mi faccia un esempio, perché credo sia difficile pensare ad un problema che sia davvero nuovo».

Pensiamo alla mobilità...
«Un problema che in varie forme esiste da sempre, semmai cambia la sua intensità: ma anche la qualità e il tipo di risorse che abbiamo per affrontarla. Pensiamo alle nuove tecnologie».

Quindi la Smart city è una risposta al tema della complessità?
«Esattamente».

C'è un aspetto dimensionale nelle Smart cities? C'è differenza tra città medie e piccole? Lei per esempio viene dagli Stati Uniti, dove ci sono scale urbane completamente differenti.
«No, non credo che le dimensioni siano un fattore importante: il concetto si applica bene anche nelle realtà europee di medie e piccole dimensioni. Lo testimonia il sito www.smart-cities.eu, che documenta l'esperienza di 60-70 città europee».  (Per la cronaca, nel ranking ci sono 4 italiane: Trento, Trieste, Ancona e Perugia, rispettivamente al 45°, 49°, 51° e 52° posto. Guida Lussemburgo, davanti alla danese Aahrus e alla finlandese Turku).

Quindi è una sfida che anche Bergamo può raccogliere?
«Studiosi come Saskia Sassen, economista e sociologa americana, parlano di città alfa, beta e gamma, secondo le dimensioni: nelle prime mette New York, Londra, Tokio e Parigi. Scorrendo quelle presenti nel sito delle smart cities europee mi ha colpito il fatto che fossero tutte di medie o piccole dimensioni, come Bergamo. E questo nonostante nel vostro continente ci siano Londra e Parigi, città alfa...».

Secondo lei perché?
«Forse perché si parla di smart a livello di città e non di Paesi, continenti, università: un altro aspetto che mi ha colpito parecchio».

Può anche essere una conseguenza della nostra storia: la città è sempre stato un elemento fondante dal punto di vista culturale e sociale.
«Credo proprio ci sia un trend storico che riguarda il modo di affrontare e risolvere i problemi, che sta passando dal livello nazionale a quello di città. È particolarmente rilevante in Europa, e in Italia quasi esemplare. Tanto che, quando si analizzano determinate questioni, le risposte di realtà come Roma o Bergamo sembrano completamente differenti».

Quindi, le parole chiave di questa sfida sono: obiettivi, risorse, complessità e attenzione al locale?
«In una dimensione che ha però a che fare col concetto di globale e locale insieme: glocal, insomma».

Lei stasera al Centro Congressi presenterà cinque idee sulla città.
«In realtà sono cinque idee su un tema, quello della gestione delle informazioni in tempo reale come risorsa. Lo ritengo un concetto fondamentale per vivere meglio».

In che modo?
«Monitorare i processi in tempo reale, memorizzare le informazioni e renderli accessibili in qualsiasi momento, istante e situazione».

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