Muore a 4 anni dallo schianto
Comunicava con lo sguardo

Le è morto davanti agli occhi, lui che da quasi quattro anni comunicava soltanto con gli occhi. Sguardi d'amore, specchio di un sacrificio, immenso, che mamma Miranda spendeva ogni giorno perché il suo Daniele si sentisse amato, nelle mura di casa.

Le è morto davanti agli occhi, lui che da quasi quattro anni comunicava soltanto con gli occhi. Sguardi d'amore, specchio di un sacrificio, immenso, che mamma Miranda spendeva ogni giorno perché il suo Daniele si sentisse amato, nelle mura di casa.

Lunedì se n'è andato come un soffio, Daniele. Dal 24 agosto del 2009 quel dodicenne pieno di vita, raccolto su di una barella in gravissime condizioni, non aveva più riso, parlato, camminato. Ma era il suo Daniele e mamma Miranda con papà Veniero e Lorenzo, il fratello maggiore, sono stati tutti per lui. Che c'era, era vivo. Comunque. Lo dicevano i suoi occhi, che i suoi cari avevano imparato a leggere.

Daniele avrebbe compiuto 17 anni a ottobre. Alla fine di agosto di quattro anni fa stava raggiungendo il centro di Treviglio, dove abitava. Era partito dalla sua casa di via dei Cappuccini in sella alla sua mountain bike gialla. Percorsa via Pontirolo, quando si era da poco immesso sull'ex statale 11, lo schianto. A 600 metri da casa era finito sotto una Volkswagen Polo guidata da A. T., 21 anni, di Cassano d'Adda, che era in auto con la fidanzata e che proveniva dalla cittadina milanese. Il giovane non era riuscito a evitare l'impatto, molto violento.

Il dodicenne era stato scaraventato a cinque metri di distanza. Cadendo, Daniele aveva battuto la testa sullo spigolo di un'aiuola spartitraffico, riportando un gravissimo trauma cranico che gli aveva causato un'emorragia cerebrale molto preoccupante. Anche la sua bicicletta era andata distrutta: la mountain bike era finita a 15 metri contro il muretto di recinzione di una palazzina, mentre la sella si era staccata ed era stata scaraventata verso via Pontirolo, sempre a una quindicina di metri dal punto dell'impatto.

La Polo si era invece fermata una decina di metri dopo. I primi a prestare soccorso a Daniele erano stati proprio i due fidanzati: la ragazza era scesa per prima dall'auto correndo verso il bambino, che giaceva riverso sull'asfalto e privo di sensi.

La scena che si era presentata ai sanitari del 118 intervenuti sul posto era subito apparsa seria: le condizioni di Daniele erano gravissime. Ne erano seguiti due mesi di coma, una lunga interminabile riabilitazione, interventi chirurgici. Daniele, che è sempre rimasto nella sua casa, accudito con amore in particolare dalla mamma, operatrice socio sanitaria a Caravaggio, da un anno frequentava anche il centro diurno disabili di Capriate San Gervasio.

«Questa mattina (ieri per chi legge, ndr) era la prima volta che rinunciava ad andarci - spiega addolorato il fratello Lorenzo, che ha 20 anni -: negli ultimi mesi le sue condizioni erano peggiorate». Ieri alle 13,30 una crisi respiratoria l'ha portato via. È successo davanti agli occhi della mamma, che non l'ha mai lasciato solo. Lo vuole mettere in evidenza il figlio Lorenzo, che ne sottolinea «la vita segnata dal sacrificio, un sacrificio dettato dall'amore. Mamma l'ha voluto far vivere sempre qui, a casa: non ha mai pensato di lasciarlo in un istituto».

E a casa, in questi anni, ex compagni di scuola e professori dell'istituto salesiano venivano a trovarlo. Lui rispondeva con i suoi occhi. Un sorriso a modo suo. Saranno loro, insieme a tanti altri, a vegliarlo nella cappelletta della chiesa di San Pietro, in via Vespucci. Fino ai funerali, che saranno celebrati mercoledì alle 10,30 in San Pietro.

Fabrizio Boschi

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