Ciao Mirko, ci mancherai
Quanti ricordi in via Moroni

«Ti auguro buona giornata». Lo diceva sempre, al termine di ogni chiacchierata che facevamo in un angolo della città. Ci si fermava per strada, casualmente, quando capitava di imbatterci l’uno nell’altra. Lui attaccato al muro, aggrappato ai lampioni, con i suoi guanti logori e quel sorriso felice.

«Ti auguro buona giornata». Lo diceva sempre, al termine di ogni chiacchierata che facevamo in un angolo della città. Ci si fermava per strada, casualmente, quando capitava di imbatterci l’uno nell’altra. Lui attaccato al muro, aggrappato ai lampioni, con i suoi guanti logori e quel sorriso felice. Si parlava di tutto e di niente, e i minuti passavano con leggerezza con Mirko. Aveva la capacità di raccontare con spensieratezza le sue cadute, di infervorarsi per un articolo di giornale che non gli andava a genio, di farti innamorare di un libro che aveva appena letto e che ti raccontava con passione. Tutti lo conoscevano e tutti lo salutavano. Ogni tanto facevamo la strada insieme e si aggrappava leggero al mio braccio mentre mi raccontava del carcere e del suo lavoro che lo impegnava con amore e intensità.

Mirko era un uomo appassionato e felice, con gli occhi vispi e quel corpo che gli rendeva tutto più difficile. Tra via San Bernardino e via Moroni l’ho visto arrabbiato, a volte molto stanco, ma il più delle volte l’ho visto sorridente. E tenace: perché se cadeva, anche in mezzo a una strada trafficata, lui si rialzava sempre da solo. E guai a porgergli la mano: doveva farcela senza aiuti, anche sotto la pioggia battente che non gli dava tregua mentre attraversava il centro della sua città che adorava. Perché Mirko era carico di energia e di vita. Perché semplicemente amava vivere, raccontare la sua storia e quella degli altri con cui si confrontava sempre con spirito critico ed entusiasmo verso ciò che lui chiamava libertà e giustizia.

L’ho conosciuto per caso, proprio su un marciapiede in via Broseta, nei pressi di via Rillosi, in città. Sono passati vent’anni da quel giorno. Stavamo camminando in direzioni opposte e Mirko mi è quasi caduto addosso: io ero diretta verso scuola, per l’esame orale della Maturità. Era una giornata calda e soleggiata e dopo qualche minuto ha deciso di accompagnarmi per un tratto di strada. Uno stralcio di racconti, intervallato da una camminata singhiozzante. Ero io che gli facevo da sostegno? Nelle mie insicurezze di studentessa terrorizzata da quello che mi sembrava l’esame più difficile della mia vita, fu lui la spalla a cui aggrapparmi. E fu lui a dirmelo, con quegli occhi che ridevano da soli: «Ti auguro una buona giornata». A volte sono i migliori che partono, e se ne vanno via senza far rumore: Mirko continuerà ad augurarci la sua buona giornata, con quella leggerezza, e consapevolezza, che lo contraddistingueva mentre affrontava le strade della sua vita così faticosa e altrettanto intensa. Lui vorrebbe così, per tutti quegli amici di strada aggrappati al suo sorriso e alla sua tenacia di vivere.

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