Elezioni, le priorità delle Acli
«Votiamo con lo sguardo alto»

In vista delle imminenti elezioni amministrative ed europee, le Acli provinciali hanno inviato un comunicato in cui si esorta al voto, soprattutto i giovani, «ma con l’attenzione che un’azione così decisiva richiede. Votiamo con lo sguardo alto, lontano dai particolarismi».

In vista delle imminenti elezioni amministrative ed europee, le Acli provinciali hanno inviato un comunicato in cui si esorta al voto, soprattutto i giovani, «ma con l’attenzione che un’azione così decisiva richiede. Votiamo con lo sguardo alto, lontano dai particolarismi». Ecco il comunicato.

Stiamo vivendo un momento storico insieme «terribile e affascinante», in cui le lacerazioni prodotte dalla crisi, che è politica, economica e sociale convivono con segnali di possibili svolte e cambiamenti positivi. La crisi può tramutarsi nell’occasione, per ogni cittadino, di essere risorsa per il Bene Comune. Le Acli, in questo contesto, sono chiamate a guardare le cose con occhi nuovi e a imboccare strade di cambiamento.

I percorsi che in alcuni comuni della nostra provincia hanno realizzato, accompagnato o semplicemente sostenuto sul rapporto tra governo locale e bene comune vanno in questa direzione: il metodo del paziente incontro e confronto ha permesso di analizzare in profondità le situazioni di bisogno e fatica, ma anche di valorizzare le risorse che le comunità già mettono a disposizione della città e del suo futuro governo. Essi sono il segno di una comunità che intende riaffermare che ognuno deve essere responsabile della costruzione della città e tanto più i cristiani, ai quali, per vocazione al bene comune, non è concesso di disertare dal dibattito politico (sia esso di scala locale o europea). Essi, con creatività, intelligenza e competenza devono prendere parte alla realizzazione di una società in cui crescano l’umanizzazione e la qualità della convivenza e assumersi anche il compito di diventare presidio costante e competente per l’attività di governo a tutti i livelli. Dossetti, nel suo celebre discorso «Sentinella, quanto resta della notte?» sosteneva che i battezzati consapevoli devono mirare a «una ricostruzione delle coscienze e del loro peso interiore, che potrà poi, per intima coerenza e adeguato sviluppo creativo, esprimersi con un peso culturale e finalmente sociale e politico».

Partendo da questi assunti le Acli intendono sollecitare, al di là della retorica, un approccio partecipativo ai processi decisionali, stimolando la creazione di occasioni concrete per esercitare forme condivise di governo della cosa pubblica e innalzare il livello di governance nelle comunità. In altri termini si tratta di considerare la partecipazione non solo come strumento, ma come obiettivo politico, considerando ad esempio la sostituzione nel Comune di Bergamo delle circoscrizioni con organismi nominati dal consiglio comunale. È un tentativo per rimettere al centro delle scelte amministrative e di governo la Politica, risignificandola come «regno dei fini», superando l’approccio consumistico delle convenienze elettorali e la costante, storica, tentazione populistica e antidemocratica che pervade il nostro Paese e che non sembra risparmiare, anche se in forma meno strutturale, altri contesti europei.

È all’interno di tale contesto politico che devono essere interpretati i processi di cambiamento sociale che investono le nostre famiglie e le nostre comunità, a partire dal conflitto intergenerazionale determinato, tra le altre cose, dal generalizzato invecchiamento della popolazione e dalla posizione minoritaria cui sono costrette le nuove generazioni. Da qui le Acli provinciali di Bergamo vogliono muoversi per porre in evidenza alcuni sguardi che possano orientare un elettorato per il quale non è indifferente chi governerà le nostre città o determinerà le politiche europee.

IL COMUNE

La FAMIGLIA è il primo soggetto attivo di welfare e deve essere riconosciuta in tutte le sue articolazioni demografiche e sociali. Non ci può essere nessuna politica comunale che prescinda dalla valorizzazione della famiglia, superando la mera logica della risposta al singolo bisogno. La città ospita anche tantissime “famiglie formate da una sola persona”, spesso tante solitudini. Come tessere allora continuamente relazioni e spazi di vita comune perchè le famiglie si facciano accoglienti e reti di sicurezza reciproca perchè nessuno resti solo e fuori da una buona veglia? Al fine di valorizzar la famiglia come risorsa le ACLI suggeriscono la valorizzazione e/o l’istituzione di Consulte per le politiche famigliari. Un’azione specifica a tutela della famiglia ci pare essere anche quella che porta a conoscere, ascoltare e cercare di superare le forme del disagio giovanile che in modi molteplici si manifestano anche nei nostri territori. I nostri paesi vedono ormai una presenza strutturale di famiglie straniere. Le Acli sostengono ogni politica e azione che vada nella direzione dell’accoglienza, del dialogo e della comprensione delle differenze: dai diritti di cittadinanza allo sviluppo di occasioni e strutture per l’esercizio di ogni culto e cultura.

Il LAVORO è la dimensione democratica che realizza la dignità delle persone e delle famiglie. Oggi il lavoro - quando c’è - corre il rischio di divenire funzionale solamente al sistema produttivo e al consumo e non allo sviluppo della persona. Sostenere le politiche del lavoro nei Comuni significa progettare le città e i paesi non solo sui tempi del lavoro e del consumo: l’uomo non può esser ridotto alla sola dimensione di consumatore, ma valorizzato nella sua dimensione complessiva di persona, cittadino e lavoratore.Il Comune ha titolarità nella costruzione di politiche e reti che sappiano promuovere il lavoro e creare le condizioni favorevoli al suo sviluppo, indicando la vocazione socioeconomica del territorio che amministra e investendo sulla formazione.

Occuparsi di FRAGILITÀ significa interrogarsi, ancor prima che sui diritti a ricevere assistenza, sulla possibilità di sviluppare dignitosi progetti di vita personali, familiari e comunitari, anche nei passaggi cruciali del vivere come il generare, il nascere, l’educare, il lavoro, l’accogliere, l’invecchiare, anche nelle fasi di maggior fatica o del venir meno delle autonomie personali. È necessario sviluppare capacità di lettura, di analisi, di gestione e di soluzione a livello locale, anche mediante la collaborazione tra comuni dello stesso ambito territoriale. Nei nostri Comuni occorre una politica del welfare che sappia amministrare le risorse di partecipazione presenti, facilitando la loro azione, promuovendo una “integrazione laboriosa” delle esperienze di comunità, di solidarietà della città, tenendo aperti canali continuativi di dialogo con quei soggetti del territorio che dimostrano di saper mantenere tracce di comunità o costruirne di nuove (e non solo rappresentare interessi di parte), perché le povertà e le fragilità della città diventino esse stesse elemento generativo, leva di sviluppo.

In una città dove spesso si parla di mancanza di dialogo tra le GENERAZIONI è necessario e urgente pensare e ripensare quali possano essere i luoghi e le occasioni capaci di portare le diverse

generazioni a scambiarsi parole impegnative le une di fronte alle altre, gli uni di fronte agli altri. Diventa indispensabile allestire, promuovere, valorizzare, reti di relazioni intergenerazionali mediante scelte che abbiano come sfondo un unico grande disegno e idea della città e di chi vi abita, dai più piccoli agli anziani. Le generazioni vivono la città con intensità e modi ben differenti. Bambini e anziani la vivono più intensamente e hanno bisogno di spazi sereni, aperti, affidabili e sicuri, ricchi di proposte e di cura. I giovani e le giovani riempiono la città nella vita scolastica e universitaria, nella vita culturale, sportiva artistica e dell’intrattenimento, anche gioiosamente rumoroso. Dalla città partono verso territori più vasti, verso l’Europa e il mondo. Pare importante valorizzare le loro presenze dentro la città e, al contempo, rendere la città’ interessante anche per loro.

L’ABITARE oggi assume molteplici forme e prassi, scelte o imposte dalle circostanze. Alla città ci si adatta o ci si impone. La città si vive come soggetto marginale (il senza fissa dimora, ma anche il giovane precario), come abitante temporaneo (studente, lavoratore temporaneo, turista...), oppure come soggetto di coabitazione, forzata (in famiglia o per dividere il costo della casa) o scelta (esperienze di co-housing). Per questo è necessario occuparsi delle città e dei loro spazi pubblici come luoghi complessi e di riformulare un’offerta di casa più aderente ai modelli di vita attuale, anche innalzando la quota di abitazioni in affitto a basso costo. I luoghi che compongono le nostre città non hanno mai una ragione unicamente tecnica, ma anche una valenza simbolica. Abitiamo quando stabiliamo con le nostre città una prassi, quando lo spazio costruito determina delle abitudini e delle modalità di vivere le nostre vite. Le città così ci assomigliano e noi somigliamo a loro. Per questo una CITTÀ BELLA è anche una città in cui ci riconosciamo, che ci consente di superare la “miseria e la solitudine” delle nostre case, delle nostre vite. Da qui può partire uno sguardo amministrativo nuovo, attento a costruire relazioni buone con i cittadini che abitano e conoscono i quartieri. Uno sguardo alto, ma anche uno sguardo più attento alle piccole cose, uno sguardo che abbia come orizzonte lo sviluppo sostenibile e coeso e contemporaneamente attento ad alcuni piccoli progetti in grado di migliorare la qualità della vita delle persone.

L’EUROPA

L’Europa è al centro di dinamiche contraddittorie e il suo rilancio o la sua decadenza dipenderanno dagli sforzi messi in atto per dare vitalità al progetto politico e alle istituzioni che costruiranno l’Europa del prossimo futuro. Crediamo quindi che in un mondo sempre più fluido e nel tempo della globalizzazione la scommessa sia condividere le sovranità, avviare un processo di Europa federale su materie e problemi che non possono essere più gestiti e risolti a livello nazionale. Non avviare questo processo, continuare a investire su un’Europa intergovernativa alimenterà al contrario euroscetticismi, populismi e separatismi che fanno già leva sul malcontento, sulla rabbia e sul rancore di cittadini cui questa Europa non offre spesso risposte adeguate. Condividere le sovranità equivale a investire non solo sul rigore economico, ma anche sul ruolo politico dell’Europa, su istituzioni sempre più vicine ai cittadini, a partire dal Parlamento europeo, l’unica autorità sovranazionale mondiale eletta democraticamente che rappresenta circa 500 milioni di cittadini e dalla Commissione europea, il cui Presidente per la prima volta sarà nominato tenendo conto degli esiti del voto.

Condividere le sovranità condurrà a un’Europa migliore, ma anche a più Europa, all’avvio degli «Stati Uniti d’Europa», in cui i diritti e le opportunità saranno maggiori dei vincoli e dei doveri che la comune cittadinanza comporta. Da sogno dei Padri fondatori, un’utopia (un non-luogo) l’Europa così concepita potrà diventare un’eutopia (un buon luogo), in cui investire in consapevolezza e senso di appartenenza da parte di popoli e istituzioni di una nuova Patria condivisa. L’Europa non è qualcosa di fisso, di immutabile. Le sue scelte possono cambiare. Dipende da quello che ciascuno di noi sceglierà di fare il 25 maggio. La politica può essere gioia e condivisione, non urlo e sberleffo, paziente incontro tra diversità e non violenta affermazione delle proprie posizioni; può essere l’ambito entro cui si possono giocare le nuove generazioni per superare divisioni storicamente obsolete e affermare posizionamenti inediti.

Esortiamo al voto, soprattutto i giovani, ma con l’attenzione che un’azione così decisiva richiede. Votiamo con lo sguardo alto, lontano dai particolarismi: una comunità si costruisce attraverso il desiderio di essere parte, non di parte, inclusiva e accogliente verso le fragilità che ogni donna e uomo si portano nel cuore.

Buon voto!

Le Acli Provinciali

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