Occupano stabile in via Baioni
Ma sbagliano: non è comunale

L’idea, come avevano scritto su un comunicato inviato anche in redazione, era di occupare un vecchio cascinale in via Baioni 47 di proprietà del Comune per riqualificarlo, ma i 40 rappresentanti di Kascina Autogestita Popolare si sono sbagliati.

L’idea, come avevano scritto su un comunicato inviato anche in redazione, era di occupare un vecchio cascinale in via Baioni 47 di proprietà del Comune per riqualificarlo e creare un centro sociale, ma i 40 rappresentanti di Kascina Autogestita Popolare si sono sbagliati: lo stabile è privato ed appartiene alla famiglia Rota che sabato 30 novembre, è intervenuta sul posto - c’era Pierluigi Rota, uno dei proprietari - con i carabinieri e la Squadra Mobile della questura quando si è sparsa la notizia.

Dopo una lunga trattativa Rota e i 40 precari, disoccupati e studenti sembrano che abbiano trovato un’accordo: lo stabile sarà abbandonato entro mezzanotte per evitare denunce, ma c’è la promessa di rivedersi perché il proprietario intervenuto non ha escluso che il cascinale, peraltro in vendita, possa essere usato per le attività del gruppo di dimostranti dopo la messa in sicurezza.

Ecco il comunicato

Kascina Autogestita Popolare

«Si apre oggi a Bergamo un nuovo spazio cittadino: la Kascina Autogestita Popolare. Al numero 47 di via Baioni sorge uno dei numerosissimi edifici cittadini pignorati e lasciati in disuso da anni, una piccola cascina con diversi appartamenti e strutture dedicate a varie attività. Ebbene, lo stabile è in stato di abbandono ormai da anni e, dal 2007, è di proprietà del comune che ha destinato il luogo a scopi di pubblica utilità. Da 7 anni a questa parte, la pubblica utilità è rimasta una scritta negli archivi comunali: nessuna volontà politica si è manifestata per rendere lo spazio agibile e socialmente utile. Mentre vengono spesi 825mila euro perché Bergamo partecipi alla selezione della Capitale della Cultura, la città reale, quella vissuta quotidianamente dai cittadini, si svuota riempiendosi di non-luoghi, prodotti tangibili delle dinamiche di crisi attuali».

«Rivendichiamo quindi, collettivamente, il diritto a riappropriarci di questo stabile e di riqualificarlo rendendolo pubblico, partecipato, socialmente attivo e “comune”. Siamo un gruppo di ragazzi appartenenti a quella fascia d’età senza prospettive nè future nè presenti: il lavoro a tempo indeterminato è per noi solo un miraggio lontano, la casa un sogno. Occupiamo per essere protagonisti attivi della nostra vita, rivendicandoci e riprendendoci i nostri diritti e bisogni, dalla casa alla socialità, e dando il via ad un progetto di attivismo giovanile finalizzato all’autorecupero di un nuovo spazio comune all’interno di una città sempre più vuota ed escludente».

«Occupiamo perché siamo convinti che siano possibili alternative concrete allo stato di crisi attuale che frammenta e isola, alternative che nascano dal basso, popolari e non mediate da alcuna rappresentanza istituzionale. Lo spazio sarà un luogo di incontro e scambio, di socialità e aggregazione, uno spazio dove potranno nascere delle officine di piccolo artigianato e di autoproduzioni oltre a laboratori artistici/culturali e di formazione. Sono benvenuti tutti quelli che condividono le nostre idee, che voglio partecipare attivamente alle assemblee gestionali e alla riqualificazione del posto. Abbiamo bisogno di una mano da parte di tutti, vi aspettiamo!».

KAP

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