Via Gleno, scuola per i detenuti
In 500 frequentano le lezioni

Sono oltre 500 i detenuti che annualmente frequentano corsi scolastici all’interno della Casa circondariale di Bergamo con circa 180/190 presenze settimanali. «Negli ultimi anni gli studenti sono triplicati», spiega Mariagrazia Agostinelli, coordinatrice del Centro Eda «Donadoni».

Sono oltre 500 i detenuti che annualmente frequentano corsi scolastici all’interno della Casa circondariale di Bergamo con circa 180/190 presenze settimanali. «Negli ultimi anni gli studenti sono triplicati. A fronte di una presenza in carcere di stranieri pari al 50% di tutti i detenuti, gli studenti non italiani sono l’80%», spiega Mariagrazia Agostinelli, coordinatrice del Centro permanente territoriale Eda «Donadoni» di Bergamo.

La proposta scolastica è ampia; ci sono corsi di alfabetizzazione, quelli per la certificazione Cils per la lingua italiana, percorsi modulari, corsi per sostenere l’esame di Stato (ex licenza media), fino alla scuola secondaria superiore, particolarmente impegnativa con 6 ore di lezione al giorno. Una convenzione con l’Istituto tecnico commerciale Vittorio Emanuele II garantisce infatti il supporto di 8 docenti di discipline tecniche mentre 10 sono gli insegnati del Centro Eda, a cui si aggiungono 4 volontari. Circa cento i detenuti di altre carceri quest’anno che, a seguito di un «interpello» che ha permesso di rendere nota l’offerta formativa di Bergamo, hanno presentato la richiesta per seguire le lezioni della scuola superiore con il trasferimento nella struttura in via Gleno. «Sono state accolte 15 domande per evidenti ragioni di capienza», spiega Agostinelli.

Negli ultimi anni la presenza media in carcere è attestata sui 520 detenuti, quando il carcere potrebbe ospitarne 380. Anche negli spazi della scuola «si scoppia», costringendo a turni per non lasciare fuori nessuno. «La situazione è critica – chiarisce la coordinatrice – nelle sezioni in cui si trovano quanti sono in attesa di sentenza definitiva dove talvolta abbiamo liste d’attesa di un mese. Al ministro Annamaria Cancellieri nella sua ultima visita a Bergamo abbiamo presentato una richiesta per ristrutturare l’area ed avere spazi adeguati all’attività scolastica». Sono invece sufficienti le 7/8 aule al penale, nel femminile saranno presto attrezzati 3/4 spazi, mentre ora si utilizza una sola grande stanza. Un progetto nuovo riguarda i «protetti»: «Si tratta di detenuti che per la propria incolumità devono essere separati dagli altri. Con 12 di loro facciamo lezione in una cella».

Alcuni corsi sono attivati tutto l’anno, perché in carcere il tempo scorre sempre uguale e l’estate, con la diminuzione delle proposte, può essere un momento critico. A numero chiuso sono i corsi professionali promossi dall’Abf dedicati alla panificazione, all’idraulica e quest’anno anche al giardinaggio.

Oltre alla scuola ci sono proposte di tipo culturale come i laboratori di ceramica, di scrittura (con la pubblicazione, tra le altre iniziative, del notiziario «Alterego»), di teatro, con la messa in scena finale di uno spettacolo presentato ai ragazzi delle scuole superiori; una collaborazione con la Gamec propone percorsi artistici legati ad un’attività con gli studenti del Vittorio Emanuele. Da un paio di anni si è dato vita agli «Incontri con gli autori», che portano in carcere scrittori per dialogare con i detenuti.

«È chiaro – commenta Agostinelli - che tra le mura si fa lezione in modo diverso, con attenzioni particolari perché ci si confronta con adulti che vivono la privazione della libertà. Si deve trovare la giusta distanza tra noi e lo studente, senza dimenticare che è un detenuto. Ai docenti i corsisti chiedono serietà e che non si sconti loro nulla. Se si esige molto significa che li si stima e si vedono in loro potenzialità. Certamente c’è anche chi non ce la fa».

Impegno, fatica, successo

La scuola diventa uno spazio in cui ri-occuparsi di sé, ripensare alla propria vita: «Per gli stranieri significa studiare la lingua italiana; molti intravedono un’occasione di riscatto nei confronti della propria famiglia e della società; un modo per mostrare che il tempo di detenzione non è stato sprecato. La scuola insegna l’impegno e la fatica ed è ovvio che nessuno di loro pensa di andare a fare il ragioniere».

La fatica anche di rinunciare all’aria, alla palestra: le lezioni si svolgono in questi momenti della giornata carceraria. Sorprendentemente c’è chi in carcere è «rientrato» proprio per sostenere l’esame finale anche dopo aver riconquistato la libertà: «A giugno scorso a cinque studenti è stato permesso di presentarsi agli esami; quel giorno erano veramente altre persone anche nell’aspetto. Per loro è stato un modo per dimostrare a sé e a noi di avercela fatta».

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