Galbani, la chiusura era nell’aria
Il vero allarme è per i precari

Contrariati e dispiaciuti per l’annunciata chiusura dello stabilimento, ma allo stesso tempo confortati dalla prospettiva di avere garantito il posto di lavoro. Così i dipendenti a tempo indeterminato della Galbani di Caravaggio al termine dell’assemblea. È allarme per i precari

Contrariati e dispiaciuti per l’annunciata chiusura dello stabilimento, ma allo stesso tempo confortati dalla prospettiva di avere garantito il posto di lavoro. Così i dipendenti a tempo indeterminato della Galbani di Caravaggio al termine dell’assemblea in cui i sindacati hanno illustrato il piano dei trasferimenti in sedi distaccate, in coincidenza con l’abbandono della storica sede di Caravaggio che vede impegnati 218 lavoratori e 36 a tempo determinato.

Ed è per quest’ultima categoria che si preannuncia un futuro occupazionale più che mai incerto, stando a quanto emerso al termine dell’assemblea . Fra loro una diffusa preoccupazione: «A noi va ancora bene- ha detto un dipendente a tempo indeterminato – ma dispiace che in questa rivoluzione non si tenga conto della posizione di chi lavora non stabilmente. Su questo i sindacati devono combattere. Attualmente un trasferimento sarebbe il male minore ma con questa aria di continua precarietà chi mi dice che tra due anni la Galbani non decida di stravolgere ancora tutto magari lasciandomi a casa?».

Su L’Eco di bergamo in edicola il 5 febbreio anche il racconto degli anni ruggenti della Invernizzi a Caravaggio. Parla Pierangelo Renzi: nel 1961, a 24 anni, è entrato nell’azienda come «tecnico capo reparto di produzione formaggi». Diplomato a Pandino, Renzi, di origine cremonese, cercava una «realtà di grandi dimensioni» dove fare esperienza. «Dovevo restare poco, poi sono passti 30 anni».

In azienda c’era Remo Invernizzi, amministratore delegato dell’azienda e cugino di Romeo, presidente dell’impero e figlio di Giovanni Invernizzi.

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