«Se l’Abi non sospende la disdetta
noi siamo pronti a nuovi scioperi»

«Sarà una vertenza lunga, difficile e travagliata, ma pur di riconquistare il nostro contratto siamo disposti a tutto: ci siederemo al tavolo delle trattative solo se Abi ritirerà la disdetta, altrimenti se vogliono la guerra, metteremo l’elmetto e siamo pronti a nuovi scioperi».

«Sarà una vertenza lunga, difficile e travagliata, ma pur di riconquistare il nostro contratto siamo disposti a tutto: ci siederemo al tavolo delle trattative solo se Abi ritirerà la disdetta, altrimenti se vogliono la guerra, metteremo l’elmetto e siamo pronti a nuovi scioperi».

Così ha tuonato il segretario nazionale della Fabi, Lando Maria Sileoni, inaugurando il 20° congresso provinciale della Fabi di Bergamo tenutosi sabato 9 novembre in Centro Congressi gremito, che ha portato all’elezione del nuovo consiglio direttivo provinciale.

È stata la giornata dell’orgoglio bancario per il sindacato che più rappresenta la categoria in provincia (5.204 iscritti su un totale di 7.800 dipendenti del settore), con il segretario nazionale che ha rivendicato «la difesa, portata avanti solo da noi di Fabi, del modello delle banche Popolari, ricevendo persino il grazie dei vertici di Ubi e di Banco Popolare».

Come era prevedibile è stata la questione contratto a monopolizzare l’attenzione: «Con la disdetta anticipata - ha proseguito Sileoni - Abi ha fatto una mossa politica: il suo obiettivo è avere mano libera sulla gestione del personale e sostituire il contratto nazionale con quelli aziendali, ampiamente peggiorativi, con cui poter azzerare gli inquadramenti, non pagare i premi arrivando poi a depotenziare fortemente l’attività sindacale».

«Se vogliono davvero trattare e pensare a un nuovo modello di banca devono innanzitutto fare un deciso passo indietro sospendendo la disdetta - prosegue Sileoni -: se sarà così potremo tornare a trattare, altrimenti lo scontro sarà sempre più duro e noi siamo pronti, come abbiamo dimostrato con lo sciopero del 31 ottobre che ha sfiorato punte di adesione superiori al 90%. La verità è che dobbiamo prepararci al peggio. Ma non ci arrendiamo, anche perché non avere più un contratto nazionale significherebbe la fine per la nostra categoria».

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