Impedire di scappare e il no del Papa instancabile

Mondo. Quando Papa Francesco parla dei migranti usa parole pesanti, schiaffi ben assestati per sbaragliare rigidi schemi, smascherare certezze identitarie e fare a pezzi quella tendenza a presentare la realtà come compatta, indiscutibile, senza dubbi. I suoi aggettivi sono tutti frutto di una strategia che con parole fortissime cerca di smuovere qualcosa.

L’aggettivo che più ha ripetuto in questi dieci anni è «criminale»: «Criminale non aprire le porte a chi ha bisogno». Lo aveva detto ad ottobre proclamando santo don Giovanni Battista Scalabrini, un prete che alle migrazioni ha dedicato tutta la vita. Lo ripete come un mantra, ma nessuno lo ascolta mentre il livello di sofferenza di chi emigra o, per dirla in modo più chiaro, scappa dalla guerra e della fame, sale all’indicibile. Ieri dall’«Osservatore Romano» sono stati pubblicati stralci di un’intervista che Bergoglio ha dato a metà dicembre a «Mundo negro», la rivista in lingua spagnola dei Comboniani, quelli che in Italia pubblicano «Nigrizia». Ed ecco di nuovo la stessa drammatica analisi: «È un crimine, è un crimine quando si mettono dei fili spinati per impedire di scappare». Il filo spinato può avere molte declinazioni. C’è quello di acciaio, c’è il mare dove affondano barconi stracarichi di umanità disperata, ci sono i provvedimenti amministrative che lacerano corpi con respingimenti o «riammissioni informali», come sta avvenendo nel silenzio generale dall’Italia verso la Slovenia, ultimo tragico tratto della mai interrotta Rotta balcanica, considerate attuabili sulla base di un accordo con Lubiana mai ratificato dal Parlamento.

Poi c’è la cattiveria di chi indica «porto sicuro» un approdo a centinaia di miglia di distanza, per cercare di far desistere dall’impresa le navi delle ong, moltiplicando la sofferenza tra le onde dei migranti a bordo, mentre chi viene salvato dalla Guardia Costiera e dalla Marina militare scende a terra senza tante storie e in segreto, perché i numeri (45mila più o meno nel 2021) smentiscono la vulgata che in Italia vengono quelli che hanno i soldi per pagare gli scafisti. Insomma, come dice il Papa, «politiche restrittive» per tener calde le opinioni pubbliche votanti e poi porte aperte per salvare le persone, mentre l’Europa cerca e cerca una politica comune travolta da veti ed egoismi. La strada sembra essere senza via d’uscita. Sulle migrazione e la loro ideologica narrazione si costruiscono o si annientano consensi. Solo Bergoglio dice a lettere chiare e voce alta una cosa che tutti pensano nelle Cancellerie europee, ma mai ammetterebbero e cioè che non sono invasori e il loro contribuito arricchisce le società.

In Italia la riflessione vale doppio, visto che siamo il Paese leader mondiale per il più basso indice demografico. Se i figli non li facciano noi almeno lasciamo che siano i figli degli altri ad aiutarci. Francesco l’ha definita «la grande ingiustizia europea» e ha aggiunto che è «un problema serio». Eppure nessuno se ne avvede e tutti, a destra e a sinistra, procedono senza indirizzo per opposte propagande. Ognuno batte i pugni sul tavolo, azione che serve solo a confermare che l’orizzonte delle idee è vuoto e saturo solo di risposte saccenti, spocchiose e rancorose. Serve invece una riflessione più ampia e diversa che tenga conto della complessità della trasformazione che il mondo sta attraversando da qualche tempo per arrivare ad una mentalità meno chiusa, meno locale, meno egoista. Un mentalità più saggiamente globale, meno razzista e più realista, anche su chi in futuro dovrà pagare le nostre pensioni.

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